Quello del 18 marzo “sarà il più grande sciopero del pubblico impiego di tutti gli ultimi anni”.
Ne è certo Luigino Baldini, segretario regionale Cgil Funzione Pubblica dell’Emilia Romagna, che questa mattina ha incontrato la stampa, insieme a Luigi Ferrari, segretario generale Fps-Cisl Emilia Romagna, e a nome anche di Uil-P.A., per illustrare le motivazioni e le modalità dello sciopero nazionale per il rinnovo del contratto.


Dall’Emilia Romagna partiranno 3mila dipendenti pubblici alla volta di Roma, grazie a 50 pullman e a un treno speciale che si fermerà a Reggio Emilia, Modena e Bologna per caricare i manifestanti.

“Per la prima volta – prosegue Baldini – con noi vi saranno anche medici, personale tecnico-sanitario e dipendenti delle strutture sanitarie. Per loro infatti il rinnovo del contratto manca da 4 anni, per gli altri dipendenti pubblici, invece, da 15 mesi”. Lo sciopero del 18 marzo, che si terrà in piazza San Giovanni a Roma, sarà il quinto sciopero di categoria dall’apertura della vertenza e il secondo di carattere generale. Saranno però garantiti i servizi pubblici essenziali (sanità, urgenze, servizi funerari) così come previsti dai singoli accordi con gli Enti e le aziende.

Il dito dei sindacati è puntato sulla finanziaria e in particolar modo sul blocco delle assunzione e dei turnover nelle aziende pubbliche. “Contingentate anche le spese per il personale pubblico – dice Baldini – Se non si fa il rinnovo del contratto anche l’efficienza dei servizi sanitari verrà compromessa”. Senza calcolare i tagli ulteriori al Fonda sanitario nazionale. L’assenza del governo al tavolo negoziale è ciò che fa fumare nero i sindacati.

“Ci hanno dato una disponibilitaàL’8% era quello che avevamo chiesto, e ci è stato risposto che parte del denaro per il pubblico impiego era già stato speso”. “Ma nel pubblico impiego – spiega il segretario della Cgil – rientrano anche magistrati, militari, polizia che non c’entrano nulla con questo contratto, così come le spese per la riforma della scuola o per l’avanzamento delle carriere”. Inoltre, la carenza di personale nell’assistenza è cronico in Emilia Romagna, e “non c’è intenzione a volerlo aumentare – dice Baldini – e anzi viene chiesto ai dipendenti di lavorare di più. Questo comporta un peggioramento del servizio e un aumento dei rischi di infortunio causati dallo stress”.