“Allevare mucche da latte protegge dal rischio di ammalarsi di tumore ai polmoni”. E’ quanto riferisce la Coldiretti nel rendere noti i risultati di uno studio pubblicato sull’American Journal of Epidemiology e realizzato in Italia da un gruppo di ricercatori internazionali coordinati dal Prof. Giuseppe Mastrangelo dell’Università di Padova.

Lo studio – riferisce la Coldiretti – mette in evidenza che gli allevatori di mucche da latte sono meno esposti al rischio di tumori polmonari rispetto a quanti sono occupati nell’industria o nei servizi. Inoltre – precisa la Coldiretti – le probabilità di essere colpiti dalla malattia si riduce con la crescita del numero di animali allevati. Secondo i ricercatori – continua la Coldiretti – si tratta del risultato degli effetti positivi dell’aumento dei livelli di endotossine, o di altri fattori ambientali associati, nelle stalle che possono avere una azione protettiva nei confronti dei tumori al polmone.

L’effetto benefico sulla salute dell’attività di allevamento è destinato a durare e – sostiene la Coldiretti – secondo la ricerca si mantiene fino a quindici anni dall’abbandono del contatto con gli animali. Lo studio – continua la Coldiretti – è stato condotto attraverso un campione di 2561 allevatori di mucche da latte in Veneto per un periodo compreso tra il 1970 e il 1998. Nel corso di un periodo di osservazione durato quasi trenta anni è emerso – precisa la Coldiretti – che le persone che hanno lasciato il lavoro nelle stalle per dedicarsi ad attività diverse da quella agricola sono state più colpite da tumore ai polmoni.

Dal mondo scientifico arriva dunque una ulteriore importante conferma del valore multifunzionale dell’attività agricola che oltre a contribuire alla crescita economica e alla sostenibilità ambientale può svolgere – sostiene la Coldiretti – una azione positiva nella tutela della salute con la riduzione dell’incidenza di malattie che hanno un elevato costo sociale ed umano. In Italia – riferisce la Coldiretti – sono presenti circa 57mila allevamenti da latte, meno di un terzo delle imprese attive quindici anni ma con un aumento della dimensione media delle stalle che ha di fatto reso invariata la produzione complessiva di latte. La maggioranza delle stalle italiane – continua la Coldiretti – si concentra in poche regioni come la Lombardia dove si produce il 38% del latte italiano seguita da Emilia Romagna, Veneto e Piemonte. Una delle cause che hanno determinato il calo del numero di allevamenti da latte è – afferma la Coldiretti – la riduzione che si è verificata negli ultimi anni dei prezzi riconosciuti agli allevatori a fronte dell’aumento di quelli al dettaglio pagati dai cittadini, che ha ostacolato i consumi: il prezzo del latte si moltiplica per quattro passando da un valore di poco più di 32 centesimi pagato alla produzione fino a oltre 1,36 euro al consumo (piazza Milano).

Una situazione che – conclude la Coldiretti – potrebbe cambiare anche grazie alla recente entrata in vigore dell’obbligo di indicare nelle confezioni il luogo di provenienza o mungitura del latte fresco commercializzato per rendere più trasparente il percorso del latte dalla stalla al negozio, spingere alla ripresa dei consumi di un alimento indispensabile alla salute e favorire una più equa redistribuzione del valore tra le varie componenti della filiera.