Sono soprattutto le donne ad assistere in famiglia i malati di Alzheimer e malattie degenerative; nella maggior parte dei casi hanno tra i 55 e i 64 anni e oltre il 40% di loro dedica alla cura del malato più di 8 ore al giorno. Sono alcuni dei dati che emergono dall’indagine sui familiari di persone affette da demenza, realizzata a partire dal 2003 dall’Ufficio ricerche del Comune di Modena.

L’aspetto più innovativo dell’indagine, che ha richiesto 301 interviste, è avere preso in considerazione la figura del caregiver, il familiare sul quale ricade maggiormente l’onere del lavoro di cura.

Dalla ricerca, che ha pochissimi precedenti in letteratura, emerge una situazione in cui malattie degenerative e morbo di Alzheimer sconvolgono in molti casi l’intera vita familiare: da chi deve lasciare il lavoro (anche in questo caso soprattutto donne) a chi si trasferisce a vivere dal familiare o lo prende in casa con sé. Moltissimi lamentano mancanza di tempo per se stessi e pressione psicologica.
Situazioni difficili, delineate allo scopo di poter proporre una rete di servizi sempre più efficienti e mirati alle esigenze di un numero crescente di persone. Si stima, infatti, che i malati di demenza che vivono al proprio domicilio o con i familiari siano tra i 3000 e i 3200 in città. A questa cifra, che rappresenta l’8% della popolazione modenese ultrasessantacinquenne, vanno aggiunti circa 600 nuovi casi ogni anno. Tra i pazienti prevalgono le donne.
Dato l’impegno richiesto dal lavoro di cura, più della metà dei caregiver sono pensionati e più di tre quarti si avvalgono dell’aiuto di qualcuno: un altro familiare nel 44% delle risposte e un’assistente privata, la cosiddetta badante, per il 28%. Il caregiver è spesso una figlia o un figlio della persona malata (53,8%), oppure, nel 29,2% dei casi, il coniuge. A creare difficoltà è anche la lunga durata della malattia, dai 3 ai 5 anni nel 44,8% dei casi esaminati e dai 7 ai 10 anni nel 29,2% dei casi.
Un altro problema è costituito dal tempo che si attende, da quando si manifestano i primi sintomi, a rivolgersi ad un servizio: il 23,6% delle famiglie intervistate ha atteso più di 2 anni e oltre il 30% tra i 6 mesi e i 2 anni.

I diversi servizi attivati per la demenza contribuiscono, per circa il 30% degli intervistati, ad alleviare il carico emotivo, fisico ed economico dell’assistenza al congiunto, mentre per il 60% la presenza di servizi non ha sostanzialmente cambiato il livello di fatica e impegno. I servizi hanno migliorato la conoscenza della malattia per il 55% degli intervistati, la capacità di gestire il familiare per il 49% e il sostegno psicologico per il 24%. Più del 50% dei caregiver vorrebbe potenziare gli interventi nell’area assistenziale e del sollievo, ad esempio le possibilità di inserimento temporaneo in struttura protetta, mentre il 46,8% richiederebbe un aiuto economico. Dall’esperienza dei caregiver intervistati emerge un’opinione medio-alta sull’umanità e la professionalità degli operatori socio sanitari (8 in una scala da 1 a 10); positivi anche i giudizi sull’accesso ai servizi e sulla possibilità di ottenere informazioni.