Dal 16 al 21 dicembre una delegazione di ‘Rock No War’ e Legambiente Solidarietà dell’Emilia Romagna sarà impegnata nei territori contaminati della Bielorussia per l’inaugurazione di una Sala di terapia intensiva nel Reparto Chirurgico
dell’Ospedale Regionale di Gomel.

L’intervento è il frutto del lavoro di oltre sei anni di collaborazione, inizialmente attraverso l’invio di
medicinali e materiali di consumo, poi di attrezzature e formazione del personale medico in Italia, all’Azienda Ospedaliera Policlinico di Modena.

La realizzazione della Sala di terapia intensiva prevede l’allestimento di quattro unità, per bambini da 0 a 14 anni, per un costo tra attrezzature ed allestimento di oltre 70.000 euro sostenuto in grande parte dal Circo Arci Fuori Orario di Gattatico (Reggio Emilia) e dall’Associazione Rock No War. La parte medico e tecnica del progetto è
stata seguita dall’Azienda Ospedaliera Policlinico di Modena, in particolare dal dottor Pier Luca Ceccarelli, chirurgo della Clinica Chirurgica Pediatrica. Grazie a questo intervento si abbasserà
notevolmente la mortalità pre e post operatoria, oggi particolarmente elevata all’Ospedale Regionale di Gomel per mancanza di una sala attrezzata e adeguata a piccoli pazienti.

La delegazione prenderà parte anche al Convegno internazionale sulle patologie tiroidee, che si terrà a Minsk il 19 dicembre, alla presenza di
endocrinologi bielorussi e italiani, e vedrà la partecipazione dell’Ambasciatore Italiano Guglielmo Ardizzone. Durante il convegno saranno
analizzati i dati raccolti, da maggio 2002 a maggio 2005, attraverso il Progetto dell’Ambulatorio Mobile, realizzato e sostenuto economicamente da
Legambiente Solidarietà Emilia-Romagna, completamente attrezzato e in grado di eseguire uno screening ecografico sulle popolazioni residenti in zone a rischio di contaminazione radioattiva.
In tre anni di lavoro sono state effettuate oltre 14.000 ecografie, centinaia di agoaspirati e di esami di approfondimento. L’analisi scientifica del lavoro svolto è stata resa possibile grazie alla collaborazione tra i medici bielorussi ed
italiani, in particolare anche in questo caso all’Azienda Ospedaliera Policlinico di Modena.