La Procura di Bologna ha aperto un’ inchiesta per delitto colposo di pericolo, che punisce ‘chiunque con la propria azione od omissione colposa,
fa sorgere o persistere il pericolo di un disastro ferroviario’, per il segnale rosso saltato sabato pomeriggio alla stazione Casalecchio Garibaldi, alle porte del capoluogo emiliano, da un treno locale
Bologna-Porretta Terme.


L’episodio è accaduto poche ore dopo la cerimonia del primo anniversario dell’incidente ferroviario di Crevalcore, in cui un anno fa morirono 17 persone, e sulla stessa linea e nella stessa stazione in cui il
30 settembre 2003 un treno di pendolari dopo aver saltato un segnale finì contro il paraurti del ‘tronchino’ di un binario di emergenza e 150
passeggeri rimasero feriti. Uno dei passeggeri, Domenico Gilli, pensionato torinese di 76 anni, morì tre giorni dopo.

L’inchiesta sull’episodio di sabato scorso è stata aperta dal
Procuratore capo Enrico Di Nicola e verrà seguita anche dal Pm Enrico Cieri, che conduce le indagini sul disastro ferroviario di Crevalcore (proprio di recente per questo incidente sono stati iscritti sul registro degli indagati i nomi di una decina di dirigenti di Rfi, Rete ferroviaria italiana).

Sabato pomeriggio il locale 6359 che viaggiava da Bologna verso Porretta ha superato il rosso, malgrado la frenata, di alcune decine di metri.
”Dobbiamo vedere il fatto dal punto di vista della sicurezza complessiva”, ha detto il procuratore Di Nicola. L’inchiesta sull’incidente del 30 settembre 2003 è ancora in corso, dopo che era stata riaperta su istanza di un difensore di uno dei ferrovieri indagati. Sono state fatte consulenze tecniche simili a quelle dell’incidente di Crevalcore, che hanno affrontato il tema anche dal punto
di vista della sicurezza. Prima di essere riaperta, l’inchiesta si era chiusa con la richiesta di rinvio a giudizio del macchinista e del capotreno.
La richiesta di riapertura delle indagini era stata formulata dall’avv. Desi Bruno, che difende il macchinista, anche alla luce dell’incidente di
Crevalcore. Il Procuratore aveva riaperto il caso ”essendo necessario espletare ulteriori indagini per accertare se altri ‘ignoti’ possano avere concausato il disastro, o comunque concorso a determinare l’errore umano causativo del disastro”.

Secondo la ricostruzione dell’incidente del 2003 a Casalecchio fatta dall’inchiesta del pm Lucia Musti, macchinista e capotreno avevano avuto una colpa generica, dovuta a negligenza, imprudenza e imperizia, e una colpa specifica in quanto non hanno visto e quindi rispettato un segnale
giallo, che indica al macchinista l’obbligo di mettersi in condizione di fermarsi al segnale successivo. Il treno, con questo segnale, dovrebbe
viaggiare a 30 km/h. Il convoglio, per l’attivazione del meccanismo di sicurezza, finì contro il paraurti del ‘tronchino’ di un binario di emergenza. La difesa del macchinista, tra l’altro, aveva documentato che in precedenza c’erano stati altri sette casi identici di segnale giallo saltato.

Sulla vicenda di sabato è intervenuta anche l’associazione dei consumatori Codacons, dicendo che ”un altro treno non ha rispettato il semaforo rosso nella tratta Bologna-Casalecchio di Reno, a causa della vetustà della locomotrice che non poteva sentire il segnale di stop automatico installato sulla tratta ferroviaria”.
‘La sicurezza non può attendere – dice l’associazione – e il Codacons chiede anche ai sindacati ferrovieri e macchinisti di agire congiuntamente per arrivare in breve tempo a conquistare la sicurezza per chi lavora e si muove sui treni per vacanza o per lavoro. Basta ingoiare rospi, è l’ora della tolleranza zero rispetto a coloro che lasciano gli utenti del servizio ferroviario abbandonati a se stessi per ore su treni in panne”.