“Ritengo che le religioni dovrebbero essere strumento d’incontro e non di separazione e penso che la scuola pubblica dovrebbe essere laica per essere davvero di tutti, credenti e non credenti. Servono strumenti per il confronto e la condivisione. Dividere i bambini per opzione di fede non consente di conoscere la religione dell’altro e soprattutto abitua fin dalla più tenera età a pensare che su base religiosa occorra dividersi”. L’assessore all’Istruzione Adriana Querzè commenta così la proposta d’inserire l’insegnamento dell’islam nelle scuole italiane.

“La dichiarazione del Cardinale Renato R. Martino sull’ora di religione islamica per gli studenti musulmani – continua l’assessore – ha provocato forti prese di posizione, sia favorevoli che contrarie. Le prime si basano su due elementi: l’opportunità che i tanti ragazzi musulmani presenti nelle scuole ricevano l’insegnamento religioso e la tutela della libertà di culto di ogni persona contenuta nella Costituzione italiana. Le posizioni contrarie si fondano invece sulla preoccupazione di “cedimento” all’islam e di perdita dell’ “identità cristiana”, nonché sulla cosiddetta mancanza di reciprocità, cioè sul fatto che gli stati islamici non consentono di esercitare il culto cattolico. Le une e le altre posizioni, però, discendono da due presupposti analoghi: il primo è che la scuola sia un luogo idoneo per insegnare la religione o, seguendo la sollecitazione del cardinale Martino, le religioni; il secondo è che le religioni vanno insegnate separatamente: a ciascuno la sua”.

“Personalmente – sottolinea la Querzè – non condivido nessuno di questi due presupposti. Non invoco un laicismo alla francese che teme i simboli e fatica ad accogliere le differenze, ma una laicità che si ponga come garanzia della libertà religiosa di ciascuno e come rispetto delle scelte dei non credenti che individuano al di fuori di percorsi di fede valori, principi morali e riferimenti etici.”

“Il sistema scolastico italiano – spiega l’assessore – ha tentato di coniugare il tema della laicità della scuola pubblica con quello dell’insegnamento della religione cattolica introducendo, con l’Accordo di revisione del Concordato Lateranense del 1984, la possibilità di avvalersi o meno di questo insegnamento. Ogni genitore, al momento dell’iscrizione, sceglie se il figlio seguirà l’insegnamento della religione cattolica o altre attività. Cosa scelgono i genitori nelle scuole modenesi? Alle scuole dell’infanzia il 75,5% degli iscritti segue la religione cattolica, alle elementari l’83%, alle medie il 79,1% e alle superiori il 64,8%. Sulla base di queste scelte i ragazzi vengono suddivisi tra “avvalentesi” e “non avvalentesi”. I bambini che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica sono quelli appartenenti a famiglie di differenti fedi religiose, a famiglie atee o convinte, a prescindere dall’opzione di fede, che la religione non debba essere insegnata a scuola. Quindi il sistema introdotto dall’attuale normativa concordataria, da un lato, definisce opportunamente i destinatari ed il tempo dell’insegnamento religioso che deve essere rivolto ai soli richiedenti e non imposto a chi non desidera riceverlo ma, dall’altro, separa i ragazzi, fisicamente e non solo, suddividendo le classi in due sottogruppi: quello dei cattolici e quello di tutti gli altri. Credo che in questo consista il problema. Nella scuola occorre invece trovare le ragioni dello stare insieme e non i pretesti per dividersi; occorre acquisire gli strumenti culturali, anche attraverso la storia delle religioni, per comprendere i sistemi valoriali propri ed altrui; occorre imparare le parole per il dialogo, anche quello interreligioso, che è sicuramente tra i più complessi, perché ogni religione parte da un’iniziale affermazione della propria verità. Estendendo ai musulmani la possibilità di usufruire dell’insegnamento della loro religione, si resta nel solco di una divisione per fedi che non può che accentuare i già forti elementi di divisione che le religioni trascinano con sé. Che fare? E’ evidente che si tratta di problemi complessi che prima o poi occorrerà riesaminare a livello nazionale in funzione del cambiamento delle società, delle culture, delle concezione dei rapporti tra popoli. Ma credo che anche a livello locale possano realizzarsi percorsi culturali importanti”.

“In uno spirito di confronto, avanzo quindi due proposte, che spero possano aprire un dibattito cittadino, evitando di discutere in modo manicheo di questi argomenti quando, intorno ai primi di dicembre di ogni anno, si apre la caccia alle scuole che non allestiscono il presepe. Prima proposta: costituire un tavolo permanente delle comunità religiose della città con l’obiettivo di offrire alle scuole modenesi lezioni, seminari di studio, materiali didattici finalizzati alla creazione di condizioni per l’avvio del dialogo interreligioso ed interculturale e per la conoscenza reciproca, intesa come unico antidoto al pregiudizio e ai fondamentalismi. Seconda proposta: introdurre elementi di conoscenza delle principali religioni nei corsi di formazione per docenti di religione cattolica organizzati dalla Curia e far sì che questi corsi contribuiscano a formare negli insegnanti competenze culturali e metodologiche in grado di orientare al dialogo interreligioso. Oggi riflettere e mettere in campo azioni concrete è difficile, ma mai come oggi è stato necessario”.