In questi ultimi giorni sono stati diffusi comunicati sindacali da parte di altre rappresentanze dei lavoratori di Polizia, che hanno l’identico obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla ripresa dei fenomeni delinquenziali nella città di Sassuolo.

Ma analizzando quegli stessi documenti si evincono valutazioni diverse in merito alle concause che,
secondo le varie OO.SS., sono alla base della ripresa di quei fenomeni.
C’è chi indica come corresponsabili il lavoro e le sentenze della magistratura, chi invece evidenzia il problema degli organici e chi invece sottolinea le responsabilità delle Amministrazioni comunali.
Critiche e teorie che possono essere anche considerate condivisibili, ma che devono essere, secondo noi, poste nell’ambito di un confronto dialettico con le istituzioni interessate e che porti ad un’effettiva risoluzione dei problemi, evitando di giungere a conclusioni che invece di unire tendono ad isolare.

Partendo da questa considerazione è giusto fare una valutazione che ai più potrebbe essere demagogica ma che, per noi è alla base delle nostre
valutazioni. Un paese globalizzato che, si ritiene aperto non solo dal punto di vista dei mercati o della moneta, deve dare una prova di maturità
e non fare confusione tra flussi migratori, che sono un fenomeno strutturale che va governato soprattutto con strumenti economici e sociali,
e terrorismo e criminalità, che utilizzano i fenomeni migratori per i raggiungimento dei loro obiettivi, e che vanno combattuti con strumenti e strategie comuni a tutta la comunità internazionale.
Qualcuno, subito dopo i noti fatti di Sassuolo, ha voluto imprigionarsi in un’ottica soffocante di ordine pubblico, che fa perdere di vista la
dimensione mondiale dei fenomeni migratori e alimenta l’illusione sicuritaria, l’idea che un paese fortino, o addirittura un continente fortino possa arginare la forza di questi fenomeni e che solo con
l’intervento delle forze di polizia si risolva il problema. Il pensare ad un modello organizzativo che porta ad una visione di una società chiusa ed
affronta il problema immigrazione solo dal punto di vista della sicurezza è un errore.
Noi invece crediamo che un paese com il nostro deve guardare ad una società multietnica e globale, che può pretendere legalità se
contemporaneamente saprà considerare la diversità una ricchezza.

Ma partendo da questo indirizzo che il Silp ha sempre seguito e rileggendo attentamente tutti i comunicati delle altre Organizzazioni sindacali, possiamo apertamente affermare che la causa principale dei problemi sull’immigrazione è l’inefficacia della Legge Bossi – Fini.
Non possiamo non denunciare che le forze di Polizia, l’autorità giudiziaria e le Amministrazioni comunali hanno assunto in merito al fenomeno
dell’immigrazione il ruolo di “supplente” verso le carenze strutturali dello Stato e verso evidenti mancanze politiche. Partendo da questo punto,
in qualità di poliziotti e sindacalisti, abbiamo l’obbligo unanimemente di indicare la strada a coloro che ci governano al fine di abbattere quei
meccanismi perversi presenti nella legge.
Ad esempio, è particolarmente facile espellere un clandestino che non ha commesso altri crimini che l’ingresso irregolare in Italia ed è qui con
tanto di passaporto valido. Invece, tipicamente non si espelle un pregiudicato che ha già una serie di procedimenti penali aperti in molti tribunali d’Italia, perché non arriva in tempo il nulla osta che deve essere richiesto alle varie autorità giudiziarie e dopo 60 giorni in un CPTA, deve essere rilasciato.
Soprattutto questa legge favorisce la clandestinità anziché combatterla, perché sottrae forze al contrasto della criminalità per impegnarle nello
svolgimento di pratiche burocratiche (vedasi l’ufficio immigrazione).
E’ una legge che accentua la condizione di precarietà: introduce il rinnovo perfino della carta di soggiorno. Dimezzando i periodi di validità di tutti
i permessi di soggiorno rispetto alla Turco-Napolitano, raddoppiando in tal modo il carico di lavoro burocratico. E, come se non bastasse, i tempi di attesa così lunghi favoriscono la clandestinità, specie in settori come l’edilizia e l’agricoltura, settori che non aspettano la burocrazia. Ogni rinnovo del permesso dato in ritardo è un invito indiretto all’impiego di
manodopera illegale.

Per concludere, riteniamo quindi indispensabile che tale materia debba essere riformata, tenendo ben in mente che la partita si gioca nei territori che poi materialmente devono garantire una qualità del welfare a tutti i cittadini.
Conseguentemente darsi un indirizzo chiaro e netto in quale maniera effettivamente potrà essere adeguata e realizzabile tale riforma, garantendo gli strumenti e il potenziamento degli organici non
solo delle forze di polizia, ma anche delle prefetture, degli uffici della giustizia e del sistema penitenziario.
Secondo noi, solo in tal modo si potrà giungere ad un’effettiva soluzione dei problemi, anche di quelli presenti a Sassuolo.

(Il Segretario generale provinciale Silp, Roberto Di Biase)