Dalla carta del dissesto contenuta nella variante al Ptcp, approvata dal Consiglio provinciale, emerge che in montagna le aree con possibili criticità coprono un superficie di quasi 400 chilometri quadrati pari al 27 per cento del totale. Significa che in un quinto del territorio collinare e montano sono presenti una miriade di “fenomeni gravitativi” tra frane attive, quiescenti e aree potenzialmente instabili, comprese le microfrane inferiori ai quattro ettari di superficie.


In particolare su una superficie collinare e montana di 1410 chilometri quadrati, quasi 80 (5,6 per cento) sono interessati frane attive (quelle che hanno dato segnali di movimento negli ultimi 30 anni), oltre 260 (quasi il 19 per cento) da frane quiescenti, cioè ferme da oltre 30 anni, mentre le aree potenzialmente instabili con evidenti fenomeni erosivi arrivano a 47 chilometri quadrati (3 per cento).

Applicando alle zone collinari e montane un “indice di pericolosità”, il piano territoriale individua i diversi gradi di limitazione, dal divieto assoluto di costruire ai casi in cui occorre seguire determinate prescrizioni per prevenire i danni.