Giovani e bullismo. Tra esibizionismo mediatico, paura e ricerca dell’identità” è il tema presentato alla XIV edizione del Salone dal Corecom, il Comitato Regionale per le Comunicazioni, del Friuli Venezia Giulia. Attraverso l'”Osservatorio su Giovani&Media”, realizzato in collaborazione con l’Istituto di ricerca SWG, da tempo l’Ente svolge un’attenta azione di monitoraggio sul rapporto tra giovani e media.


Il capitolo dedicato al fenomeno del bullismo rivela dati preziosi per cercare di conoscere i giovani al di là degli stereotipi e delle facili semplificazioni che troppo spesso il dibattito mediatico propone.

L’indagine, effettuata su un campione di 1500 “internauti” tra i 14 e i 21 anni, ci rivela che quasi un giovane su due, il 44%, ha subito forme di violenza da parte di qualche “bullo” o ha assistito a episodi di bullismo (40%). Due sono gli aspetti che provocano maggiore sofferenza: essere offesi per il proprio aspetto fisico (46%) e il timore che vengano messe in giro voci sul proprio conto (32%). Apparentemente ridotta, ma non troppo, la motivazione etnica e/o religiosa, 12%. Il luogo più a rischio è senza dubbio la scuola, temuta dal 45% degli intervistati, ma più in generale sono i luoghi pubblici e di aggregazione giovanile, come bar e discoteche, a spaventare il 26% degli intervistati.

In caso di difficoltà il rifugio principale resta la famiglia: sono soprattutto i genitori (32%) ad essere al loro fianco, seguiti da vicino dagli amici (27%) e dalle autorità competenti (23%). Stupisce, invece, la marginalità della figura dei docenti: solo il 10% dei ragazzi ascoltati li riconosce come figure di riferimento per difendersi dai soprusi vissuti proprio a scuola. Solo una piccola minoranza (4%), infine, rimane chiusa in se stessa senza riuscire a confidarsi con qualcuno.

I dati ci rivelano un generalizzato rifiuto etico nei confronti di questo fenomeno oggi moltiplicato dalla tecnologia, che diventa particolarmente odioso quando si rivolge contro i più deboli, come i disabili (65%). Più lontane nelle risposte dei giovani, invece, la percezione del rischio e la condanna nei confronti di altre vittime designate, come le ragazze (17%) e chi è di razza o religione diversa (10%).