L’intervento pronunciato stamane dal Rettore al convegno che si è svolto alla Fondazione Marco Biagi di Moden, in occasione del VI anniversario dell’assassinio del professore.


Il 19 marzo 2002 ha lasciato nella nostra memoria un segno indelebile. Da allora questa data, che nel calendario segna la Festa del papà, di tutti i papà, per noi, per il nostro Ateneo, per la nostra città, per il nostro Paese è diventato un giorno triste, perchè si rinnova uno dei più tragici fatti di sangue di questi ultimi anni: un professore, un docente, uno studioso brillante e scrupoloso, che abbiamo avuto il privilegio di avere come collega a Modena, un marito e padre affettuoso, è stato assassinato e strappato barbaramente per incomprensibili e abietti motivi ideologici alla sua famiglia e alla comunità accademica.

Ci conforta il fatto che in questi anni il suo pensiero, la sua opera, le sue idee non sono morte con lui. Anzi, da esse hanno tratto spinta e realizzazione tanti concreti progetti che la Fondazione, che porta il suo nome e che ci ospita in questa bellissima sede, ha saputo sapientemente proporre ai tanti giovani che oggi la frequentano a diverso titolo, dando continuità e significato alle ricerche che Marco Biagi è stato forzatamente costretto ad interrompere.

La Fondazione Marco Biagi, grazie alla sua Presidente, la moglie Marina Orlandi Biagi, all’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, al sostegno dello Stato, quello Stato che in vita Lui aveva saputo servire con tanta abnegazione, testimonia quanto profondo e fecondo sia stato il seme che Marco ha sparso tra i suoi studenti, tra i suoi allievi, tra i suoi amici, tra i colleghi della Facoltà di Economia di Modena, ma anche tra quanti in campo europeo ed internazionale, ed in campo imprenditoriale, hanno avuto modo di conoscerlo, di venire in contatto scientifico e culturale con lui.

Oggi questa realtà, un vero e proprio laboratorio animato da ragazze e ragazzi fortemente motivati, è diventata un crocevia dove i giovani si formano al metodo ed al rigore scientifico, dove si incontrano e si scambiano intuizioni, sollecitazioni, sfide nel segno del miglioramento e del perfezionamento di quegli studi nel campo del diritto del lavoro e delle relazioni industriali cui aveva dato impulso Marco Biagi. Qui si stanno formando attraverso le iniziative didattiche, da quelle dei corsi di laurea a quelle avviate nell’ambito dell’alta formazione, leve di giovani dotati di una solida preparazione, soprattutto critica, cioè aperta ad affrontare quel dialogo e quel confronto richiesti dal nuovo contesto rappresentato da un mondo del lavoro che vuole e deve essere protagonista di uno scenario non più richiuso entro i confini nazionali, ma necessariamente globalizzato.

Questa era l’impronta che il professor Marco Biagi aveva dato ai suoi studi, ai suoi progetti, ai suoi sogni. Questo è il tratto che distingue e permea tutta quanta l’attività della Fondazione, che in questi giorni ha chiamato a raccolta numerosi esperti e docenti per discutere di “Diritti e tutele nel nuovo mondo del lavoro” e che più tardi chiamerà tutti a riflettere attorno ad un’altra provocazione, che poi – penso – provocazione non sia: “Occupazione femminile: una leva per la competitività?”.

A Marco sarebbe piaciuto senz’altro ragionare attorno a questi temi innovativi sui quali avrebbe avuto ancora tanto da insegnare. Ma già il fatto che se ne sia parlato e se ne parli sta a dimostrare quanto possa essere ancora attuale il suo pensiero, nonostante le riforme introdotte nel mercato del lavoro in Italia che recano il suo nome. Esse – checchè se ne dica – sono e dovrebbero essere parte di un progetto più ampio di ristrutturazione ed innovazione del mercato del lavoro ancora in parte irrealizzato, almeno fino a quando la sua idea di fondo che era l’inclusione dei giovani in esso non sarà compiuta.

Con questo proposito e animati dal medesimo spirito di fiducia verso i giovani, che lui tanto amava, anche l’Ateneo in questi giorni ha dato concretezza ad un’importante progetto su cui ci aveva richiamato in occasione della lectio magistralis che aveva pronunciato all’apertura dell’anno accademico 2001 – 2002, allorchè invitava – sulla scorta di altre felici esperienze europee – le Università a prodigarsi per il placement dei suoi studenti. L’Ufficio Placement e lo Sportello AlmaLaurea sono, oggi, delle realtà a disposizione dei nostri laureati per favorirne l’occupabilità e per offrire un utile servizio al sistema economico e delle imprese, oltre che alle altre Istituzioni, perchè domanda ed offerta di lavoro possano virtuosamente incontrarsi.

Dalla nostra Università, e forse tanti anche qui non lo sanno, escono ogni anno oramai dai 3.300 ai 3.500 laureati. Sono giovani altamente qualificati e preparati, pronti anche grazie ai tirocini che seguono (sono circa 1.700 all’anno) ad affrontare immediatamente l’ingresso nel mercato del lavoro.

Anche questo servizio apparteneva ad una delle tante intuizioni in cui Marco credeva ed è ciò che la Fondazione e l’Ateneo si sono d’impegno sforzati di realizzare e portare a termine: un progetto concreto e attuabile di diretto sostegno ai giovani, perchè nella nostra società chi è fuori dal mondo del lavoro è drammaticamente, ma irrimediabilmente, escluso. A questo obiettivo dobbiamo saper, dunque, indirizzare le nostre azioni e le nostre preoccupazioni, coronando così il sogno che il professor Biagi, da vero maestro di vita, ci ha lasciato.