Le prime rondini sono state avvistate in Toscana da gennaio, gli orsi si sono svegliati dal letargo, gli alberi di mandorlo, susino, albicocco e pesco sono già in fiore e sui banchi dei supermercati è possibile acquistare piselli e fave italiane, che tradizionalmente accompagnano le scampagnate del primo maggio. Sono alcuni dei fenomeni evidenziati nel corso dell’incontro “Il clima cambia la primavera” organizzato dalla Coldiretti per fare il punto sugli effetti dei cambiamenti climatici in occasione dell’arrivo della primavera astronomica del 21 marzo.


L’“impazzimento” della natura sembra essere diventato la norma con il 2008 che si posiziona al quindicesimo posto tra i piu’ caldi degli ultimi 200 anni e fa registrare un calo delle precipitazioni del 27 per cento, sulla base dei dati dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Bologna (Isac-Cnr), rispetto al periodo di riferimento 1961 -1990. Un andamento che conferma la tendenza ai cambiamenti climatici in atto a livello nazionale, con lo scorso inverno 2007 che – precisa la Coldiretti – è passato alla storia come il più caldo dal 1800, con un’anomalia di +2.27° C rispetto alla media del periodo di riferimento.
Se durante tutto il periodo invernale vi sono stati avvistamenti di pipistrelli che, diversamente dalla norma, non sono quindi andati in letargo, una mamma orsa è stata vista passeggiare con i suoi due cuccioli sulle piste da sci di Madonna di Campiglio mentre sarebbe dovuta essere in letargo e nelle acque del tirreno settentrionale per la prima volta sono spiaggiati i pesci re che normalmente vivono nell’oceano. Per effetto delle fioriture anticipate e della siccità perdurante il clima sta mandando in crisi le api, mentre i sintomi di allergie sono comparsi in netto anticipo rispetto al passato: in Umbria, Toscana, Liguria e le regioni meridionali i primi pollini di piante allergeniche come cipresso e nocciolo sono stati riscontrati addirittura con quasi un mese di anticipo rispetto alla norma.

L’analisi generale dei dati mette in luce che si sono verificate alterazioni di fenomeni biologici con l’anticipo delle fasi primaverili, accompagnato spesso da un ritardo dell’inizio dell’autunno e un conseguente allungamento della stagione vegetativa. Se nei giardini e nei prati sono fiorite azalee e mimose, analizzando l e diverse coltivazioni si sono registrati, ad esempio, anticipi nella fenologia stimati di 15 giorni per il cipresso e la mimosa, di 10 giorni per susino ornamentale e gelso ed è di circa 5 giorni quello per melo, pero, pesco, susino albicocco e ciliegio.

Ma cambiamenti strutturali dovuti al clima si riscontrano anche nella distribuzione spaziale delle specie , come nel caso del faggio il cui areale (superficie abitata da una specie) si sta contraendo mentre quello del leccio si sta ampliando. E tra le piante coltivate – continua la Coldiretti – si sta verificando un significativo spostamento della zona di coltivazione tradizionale di alcune colture come l’olivo che è arrivato quasi a ridosso delle Alpi, mentre ai confini con la Svizzera si coltiva il sorgo e le prime arachidi sono state raccolte nella Pianura Padana dove il clima è favorevole alla produzione di grandi quantità di pomodoro e di grano duro per la pasta.

E ad influenzare la tendenza al rialzo dei prezzi del grano a livello mondiale sono proprio – riferisce la Coldiretti – le informazioni sugli effetti negativi del maltempo sulle potenzialità produttive in diverse parti del mondo, dal Canada all’Argentina fino all’India, che analisti economici, come il World Economic Forum (WEF) di Davos mettono a rischio addirittura a rischio le possibilità di crescita a livello globale nei prossimi anni.
Gli effetti del surriscaldamento del pianeta non sono solo la migrazione a nord delle principali colture mediterranee, ma anche – precisa la Coldiretti – il cambiamento delle condizioni ambientali tradizionali per la stagionatura dei salumi, per l’affinamento dei formaggi o l’invecchiamento dei vini.
Una situazione che di fatto – prosegue la Coldiretti – mette a rischio di estinzione il patrimonio di prodotti tipici Made in Italy che devono le proprie specifiche caratteristiche “essenzialmente o esclusivamente all’ambiente geografico comprensivo dei fattori umani e proprio alla combinazione di fattori naturali e umani”. Un paniere di prodotti che ha superato i 20 miliardi di euro in valore e che registra primati mondiali nei vini, nei prodotti a denominazione di origine e nelle specialità tradizionali.

A migrare sono stati anche gli insetti nocivi per le coltivazioni con ad esempio l’arrivo del punteruolo rosso delle palme che dalla sponda meridionale del bacino del Mediterraneo ha raggiunto anche il nostro paese mettendo a repentaglio i vivai e le alberature di palme del nostro paese, oppure la farfalla dei gerani che è arrivata dall’Australia e si sta spingendo sempre più a nord danneggiando le coltivazioni di gerani sui balconi di tutta Italia.
“Aumento dell’intensità delle precipitazioni, sfasamenti stagionali con autunno caldo e primavera anticipata, numero di giorni consecutivi con temperature estive elevate, modificazione dei regimi pluviometrici e aumento medio della temperatura sono i principali cambiamenti climatici osservati”, afferma Simone Orlandini, Direttore del Centro di Bioclimatologia all’Università di Firenze. E gli effetti – precisa Orlandini – si fanno sentire con la riduzione della riserva idrica, l’aumento dell’erosione in zone collinari e alluvioni in pianura e con conseguenze sulle piante coltivate che presentano anticipo del germogliamento e sfasamento delle altre fasi fenologiche, maggiore rischio per gelate tardive, variazione bell’incidenza di infezioni fungine e dello sviluppo di insetti e infestanti, stress idrico prolungato e alternazione dei processi di maturazione.

“L’Italia è tra i paesi piu’ esposti agli effetti dei cambiamenti climatici e i riflessi che questo provoca sull’ambiente e sulla natura, mettendo a rischio il patrimonio di biodiversità e le coltivazioni tradizionali, non possono essere trascurati”, ha affermato il presidente nazionale della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che “gli stessi allarmi siccità che si ripetono negli anni sul territorio nazionale sono la dimostrazione degli effetti dei cambiamenti climatici anche in Italia dove il 51,8 per cento del territorio è diventato potenzialmente a rischio desertificazione, in base ad elaborazioni climatiche e pedoclimatiche effettuate dall’Inea. Si tratta di processi – continua Marini – che rappresentano una nuova sfida per l’impresa agricola che deve interpretare il cambiamento e i suoi effetti sui cicli delle colture, sulla gestione delle acque e sulla sicurezza del territorio con campagne di informazione ed educazione sull’uso corretto dell’acqua, un impegno per la diffusione di sistemi di irrigazione a basso consumo, ma anche ricerca ed innovazione per lo sviluppo di coltivazioni a basso fabbisogno idrico. Ma serve anche – prosegue il Presidente della Coldiretti – un piano concreto per aumentare gli invasi e migliorare l’efficienza della rete distributiva oltre che degli impianti di irrigazione. Se non si interverrà concretamente in questo campo – precisa Marini – andremo inevitabilmente incontro a situazioni ingestibili: è evidente che alle prese con un’emergenza, di fronte alla scelta tra uso potabile e uso irriguo si privilegia il primo, ma questo vorrebbe dire mettere tante aziende agricole nell’impossibilità di coltivare, con conseguente scarsità di prodotto e aumento dei prezzi.
Se cresce nelle campagne l’attenzione per tecniche agronomiche (colture, irrigazione, ecc.) sostenibili per il clima, nelle imprese – conclude Marini – si cominciano anche a cogliere le opportunità con lo sviluppo di energie alternative e con l’offerta di prodotti locali a chilometri zero (che non devono subire lunghi trasporto con il consumo di carburante e l’emissione di gas ad effetto serra responsabili dei cambiamenti climatici) per rispondere alla domanda di un segmento crescente di consumatori che scelgono stili di vita attenti anche nell’alimentazione al risparmio energetico e alla salvaguardia del clima.

Secondo le stime della Coldiretti consumando prodotti di stagione una famiglia può risparmiare fino a una tonnellata di anidride carbonica (CO2) all’anno, tenuto conto che per trasportare a Roma un chilo di ciliegie dall’Argentina in aereo per una distanza di 12mila km si consumano 5,4 kg di petrolio mentre per un kg di pesche dal Sudafrica nel viaggio di 8mila chilometri si bruciano 4,35 kg di petrolio e infine gli arrivi di ogni kg di uva dal Cile richiedono la combustione di 5,8 kg di petrolio.

Le anomalie della Primavera 2008
• Le prime rondini sono state avvistate In Toscana a partire dalla fine di gennaio.
• Durante tutto il periodo invernale vi sono stati avvistamenti di pipistrelli, che quindi, diversamente dalla norma, non sono andati in letargo.
• Gli orsi escono già dal letargo: è stata avvistata un mamma orsa che passeggiava con i suoi due cuccioli sulle piste da sci di Madonna di Campiglio. Normalmente in questo periodo invernale gli orsi sono in letargo, ma le particolari condizioni meteo degli ultimi mesi hanno scombussolato probabilmente i loro ritmi biologici.
• Per effetto delle fioriture anticipate e della siccità perdurante il clima sta mandando in crisi le api.
• Nelle acque del tirreno settentrionale per la prima volta sono spiaggiati i pesci re che normalmente vivono nell’oceano.
• Normalmente i pollini di nocciolo e cipresso fanno la loro apparizione verso la fine di gennaio e raggiungono i valori massimi tra la metà di febbraio (nocciolo) e la prima decade di marzo (cipresso) per poi calare gradatamente. Tuttavia l’innalzamento delle temperature ha determinato un anticipo di circa quindici giorni della fioritura di queste specie.
• Da alcuni anni i sintomi di allergie compaiono in netto anticipo rispetto al passato. Le regioni dove si registrano gli incrementi più elevati di polline e dove i primi pollini di piante allergeniche possono essere riscontrati addirittura con quasi un mese di anticipo rispetto alla norma, sono Umbria, Toscana, Liguria e le regioni meridionali.
• Comparsa anticipata della processionaria del pino: a causa delle temperature miti sono stati osservati degli spostamenti anticipati di larve pelose.
• Si sono registrati, ad esempio, anticipi nella fenologia stimati di 15 giorni per la mimosa, di 10 giorni per susino ornamentale e gelso ed è di circa 5 giorni quello per melo, pero, pesco, susino albicocco e ciliegio.
• Sono già presenti sul mercato i piselli e le fave di produzione nazionale per effetto di una maturazione anticipata dall’andamento del clima.

• L’inverno 2008 fa registrare un calo delle precipitazioni del 27 per cento, sulla base dei dati dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Bologna (Isac-Cnr), rispetto al periodo di riferimento 1961 -1990.
• La temperatura rilevata sull’arco alpino è stata all’incirca di 2 °C al di sopra della media stagionale, causando un anticipato scioglimento di buona parte del manto nevoso accumulato.

• Nel Centro Italia i cereali stanno mostrando ritardi fenologici dovuti al deficit idrico invernale.

Fonte: Elaborazioni Coldiretti su dati del Centro di Bioclimatologia all’Università di Firenze