Se da un lato possono essere giustificabili le preoccupazioni di categorie ed esercenti, è pur vero che la riduzione degli introiti non può essere
ricondotta alla pedonalizzazione di una parte limitata dell’area del centro, alla mancata realizzazione di ristorante e caffetteria all’interno del castello, o alle alte tariffe sui rifiuti portate come esempio di cattiva amministrazione.


La “stagnazione economica” è legata a fenomeni nazionali e mondiali. Il calo
degli acquisti e conseguentemente i mancati guadagni di commercianti ed
aziende dipendono dall’impoverimento generale, non dai dati e percentuali
rilasciate dall’Amministrazione comunale, purtroppo! Non cadiamo nel
ridicolo facendola così facile.



Sulla questione ristorante e caffetteria, ad esempio, sarebbe interessante
conoscere quanti e quali siano realmente i ristoratori e gestori di bar
soddisfatti di vedersi crescere una serpe in seno! Noi dell’I.d.V. volendo
far riferimento a cose concrete e difficoltà oggettive, pensiamo alla
problematicità d’attuazione di scelte, tutt’altro che estreme, come quella
dell’adozione di un sistema di bike-sharing o di un “mercato del contadino”,
cui tutte le parti sembravano inizialmente favorevoli. Almeno fino ad ora, a
far da contrappeso per la mancata realizzazione di tali progetti sono
bastati: il timore di danneggiare i negozianti, la scarsa disponibilità
degli agricoltori stessi a dotarsi di personale addetto alla vendita e.il
“gigioneggiare” di coloro che avrebbero dovuto avere un peso nella “gestione
della cosa pubblica” (categorie unite non escluse).



Proseguendo sull’argomento castello dubitiamo che, eventuali visitatori,
sentano realmente l’esigenza di ristorarsi all’interno del maniero (per i
motivi sopracitati è più facile che scelgano di mangiare al sacco!) Un tipo
di turismo culturale preferirebbe senz’ombra di dubbio trovarvi ospitata una
mostra, consapevole di riuscire facilmente a reperire un ristorante al di
fuori qualora necessiti.



Noi dell’I.d.V. siamo certi che, una volta accantonata l’idea del
ristorante, si potrebbero adottare soluzioni interessanti per far rivivere
gli antichi fasti alle sale del castello, richiamando visitatori veri e non
presunti e mostrando tesori nostri e non estranei.



La “spinta” agli acquisti, che categorie e commercianti vedono vincolata al
potenziale richiamo esercitato dal monumento rinnovato e al suo ipotetico
ristorante dipenderà, dalla capacità di tenere conto della contingente, più
modesta, disponibilità economica; dall’appetibilità dell’offerta e dal
numero degli esercizi. Il fatto che oggi a Formigine scarseggino tutte
queste cose è anche conseguenza di scelte politiche delle passate
amministrazioni e dei commercianti stessi che, a suo tempo, hanno preferito
affittare i propri locali ad attività di servizio (studi medici, agenzie,
ecc.) anziché ad altri negozianti o puntare su articoli esclusivamente d’elite.
Tale problematica investe anche la questione degli appartamenti che si sono
svuotati delle persone per far posto agli uffici (Associazioni e
assicurazioni, ecc.).



Chi conosce Formigine e la sua evoluzione nel corso degli anni, sa che il
problema della rivitalizzazione del centro presenta aspetti molto complessi
e, proprio per tale motivo, non si capisce come l’argomento possa essere
cavalcato da categorie che, relativamente alla questione, hanno sicuramente
dei diritti, ma anche delle responsabilità. Viene da chiedersi soprattutto
se siano consapevoli delle restrizioni, conseguenza delle disposizioni del
nuovo governo, che hanno investito Formigine così come altri comuni. Ci
riferiamo al taglio dell’ICI sulle prime case che, se da un lato fa comodo
ai cittadini, dall’altro penalizza le Amministrazioni come quella del nostro
paese per la quale rappresentava una buona fonte di gettito. Essa
contribuiva a compensare altri mancati introiti logica conseguenza di
precedenti scelte politiche condivise, tese ad incentivare i servizi più che
il numero delle aziende. Sulle basi di difficoltà economiche e tentativi per
contenere il debito, risulta difficile disporre nuovi stanziamenti di fondi,
anche tenendo conto che, in tempi non sospetti sono stati avviati progetti,
che non necessariamente giungono a compimento con lo scadere della
legislatura, dei quali è però necessario tenere conto nel nuovo bilancio.



Le “categorie unite”, prima di ergersi sul piedistallo invitando l’Amministrazione
a confrontarsi per ricevere suggerimenti, farebbero bene a guardare in casa
loro e ad interrogarsi su quanto potrebbero fare per ridurre le loro tariffe
che, come quelle sui rifiuti, non sono economiche. Nelle trattative non si
può pensare solo di chiedere, ma anche di dare. In ogni caso avrebbero
maggior credibilità in quanto contribuirebbero “in primis” ad alleggerire le
spese degli associati.



Marco Zanoli e Renza Bigliardi – I.d.V. Formigine