Ancora una volta è stata persa una buona occasione per evitare un uso politico della memoria. Rivi Rolando, giovanissimo seminarista, fu una delle vittime delle violenze commesse nel periodo di transizione tra guerra e dopoguerra, violenze i cui moventi sono di caso in caso diversi per natura.


Per l’omicidio furono condannati dopo la liberazione dalla Corte d’Assise di Lucca con sentenza confermata in Corte d’appello e in Cassazione i responsabili, che pur avendo avuto un ruolo nelle formazioni partigiane della zona, commisero un reato di delinquenza comune e non furono spinti da ragioni ideologiche come si vorrebbe far intendere.
Proprio questa premessa distorta del documento portato in discussione in Consiglio ha compromesso il voto unanime sulla proposta di intitolazione, assolutamente da condividere.
Solo poche osservazioni: il livello di conoscenza di questi argomenti è molto povero, sia nel Consiglio e trasversalmente ai gruppi consiliari che nella cittadinanza: perché non invitare, in una giornata del ricordo, il dott. Massimo Storchi, competente ricercatore in materia, che ha condotto un’indagine statistica e documentaria per definire con esattezza le dimensioni del fenomeno degli atti di violenza e di giustizia sommaria nelle nostre zone?

Perché dare spazio solo alle narrazioni romanzate (leggi: Pansa) e non favorire un approfondimento storico che sgombrerebbe il campo da pregiudizi?
Perché non intitolare una rotonda o uno spazio pubblico alle vittime di questa violenza in modo da ricordarle nel loro insieme?
Perché non ricordare anche il sangue dei vincitori, cioè dei nostri ragazzi partigiani sassolesi uccisi a Manno ai quali nessuno ha mai intitolato una strada e per i quali nessun sassolese si è mosso per chiederla, per la morte dei quali nessuno, neppure i collaborazionisti sassolesi che si dice furono corresponsabili, ha pagato in tribunale?
Detto questo mi chiedo: qual è il fine recondito di coloro che, passandosi di volta in volta la staffetta, si fanno promotori di questo tipo di iniziative intorno a questa vittima?
Rendono un servizio alla memoria del ragazzo e a quella nazionale?
Perché mai solo in Italia, non così in Francia, Olanda ed altri paesi nei quali si dispiegò la resistenza europea, si stenta a riconoscere il ruolo svolto dai partigiani nella lotta contro l’occupante?
Forse il gioco è: attraverso gli errori di alcuni, infanghiamo tutti gli altri. Infangano così la repubblica nata dalla resistenza al nazifascismo.

Prof.ssa Maria Antonia Bertoni
Presidente ANPI – Sezione Sassuolo