“Ufficio della Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Bologna esprime preoccupazione per la prevista costruzione, entro il giugno 2011, di un “padiglione” a Bologna presso il carcere della Dozza che potrà contenere sino a 200 persone detenute.

Questo è scritto nel programma predisposto dal Capo del Dipartimento
dell’Amministrazione penitenziaria (DAP) per aumentare la capienza delle strutture penitenziarie esistenti e per realizzarne altre, al fine di arginare l’ormai inarrestabile aumento della popolazione carceraria, che ha raggiunto la soglia cd. sostenibile delle 63.000 unità, e che sta provocando allarme crescente tra i detenuti, ma anche tra il personale cronicamente insufficiente in tutte le sue componenti (agenti di polizia penitenziaria, educatori, psicologi, ecc.).



La costruzione di padiglioni presso strutture già esistenti riguarda anche altre carceri della Regione, che conosce il più alto tasso di
sovraffollamento sul territorio nazionale, pari al 180%, come Modena, Ferrara, Reggio Emilia. Per quanto riguarda Bologna la nuova costruzione verrà finanziata dalla Cassa Ammende, il cui regolamento, che prevedeva il finanziamento di progetti per il reinserimento sociale dei detenuti, è stato modificato per consentire l’utilizzo di risorse per l’edilizia penitenziaria.
A Bologna il carcere vive la condizione di maggior sovraffollamento mai conosciuta, neppure nella fase prima dell’indulto. In questi giorni la popolazione ha raggiunto il numero di oltre 1130, 3 volte la capienza
regolamentare. Mancano risorse per la messa a norma dell’istituto, manca
personale, mancano fondi per far lavorare i detenuti, che restano per ore nella immobilità assoluta in celle sovraffollate e in parte ancora malsane.



Si esprime la massima contrarietà ad una soluzione che, qualora venisse anche realizzata nei tempi indicati, non reggerebbe l’aumento esponenziale delle persone detenute e aggraverebbe la situazione di disagio per la carenza di personale.
Al carcere della Dozza mancano oltre duecento agenti, con compressione
inevitabile delle attività trattamentali, e solo di recente sono stati
assegnati tre educatori in aggiunta ai quattro già presenti, sono
presenti un solo psichiatra, una sola mediatrice culturale ed è difficile comprendere con quale personale potrebbe aprirsi la nuova struttura, se è vero che esistono istituti di nuova costruzione, come quello di Rieti, che non apre per mancanza di personale.



Nessuna politica di edilizia penitenziaria può avere successo senza un progetto complessivo di riforma del codice penale e in particolare delle sanzioni che possono essere adottate, utilizzando la pena detentiva solo per i reati più gravi e introducendo e mettendo a regime sanzioni altre come i lavori socialmente utili, la messa la prova, le misure interdittive e le sanzioni pecuniarie, e ampliando l’utilizzo delle misure alternative che hanno dato prova effettiva di ridurre il rischio di recidiva, incidendo
sulla presenza di persone in attesa di definizione del processo ed
evitando il turn-over di persone che restano inutilmente in carcere per pochi giorni con dispendio di risorse umane e materiali. Nessuna politica di mero contenimento numerico può avere successo, a meno di ridurre ulteriormente il livello di vivibilità all’interno degli istituti e di rinunciare ai parametri costituzionali che impongono una detenzione che non sia contraria al senso di umanità e non costituisca trattamento inumano e degradante e sia volta al reinserimento.



Si sottolinea che proprio in ragione della complessità della Casa
Circondariale di Bologna, anche per la massiccia presenza di stranieri (intorno al 70%), sarebbe opportuno che risorse venissero dedicate alla costruzione non di un padiglione detentivo, ma di un polo di accoglienza per i nuovi giunti e di intervento sanitario adeguato al numero degli arrivi e alle patologie esistenti, dotato di personale dedicato, con mediatori socio-sanitari, con pronto soccorso per i casi anche di forte disagio psichiatrico, con possibilità di day-hospital per le situazioni che necessitano di un intervento e di una valutazione più approfonditi, ma anche per la permanenza della persona detenuta non nelle condizioni di vita comune, richiesta peraltro opportunamente avanzata dalla stessa dirigenza sanitaria della Casa Circondariale della Dozza”.