antonello_pietrangeloAncora un importante riconoscimento scientifico per i ricercatori dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena. La prestigiosa rivista Science ha pubblicato nell’agosto del 2009 un’importante scoperta dell’equipe del prof. Antonello Pietrangelo – direttore della Struttura Complessa di Medicina II e del Centro Malattie Eredometaboliche del Fegato – sulla produzione di un ormone che regola il metabolismo del ferro nel corpo umano.

“Le cellule del corpo umano – ha spiegato il prof. Antonello Pietrangelo – sono continuamente esposte a situazioni di <<stress>> causate da virus, batteri ma anche dalla carenza di elementi nutritivi o dalla presenza di proteine “sbagliate”. In queste condizioni di stress, la cellula ha bisogno di preservare al massimo il proprio patrimonio di ferro per produrre energia e sopravvivere perché le più importanti funzioni cellulari dipendono dal ferro. Ovviamente, questa condizione è ancora più importante per le cellule del fegato che, essendo il “laboratorio” del corpo umano, è sottoposto ad un alto livello di stress”.

Scopo della ricerca modenese, quindi, è stato comprendere il meccanismo che regola il flusso di ferro e permette alla cellula di difendersi e sopravvivere. L’equipe del prof. Pietrangelo, tra cui la dott.ssa Chiara Vecchi e la dott.ssa Giuliana Montosi, ha individuato il “sensore dello stress”, chiamato CREBH (Cyclic-amp-Responsive-Element-Binding protein H) “Questa proteina è in grado di “sentire>” le più disparate condizioni che turbano l’equilibrio o la sopravvivenza della cellula – ha detto il prof. Pietrangelo – Quando la cellula è “stressata” il “sensore” si sposta nel nucleo ed attiva il gene dell’epcidina, l’ormone del ferro, che a sua volta regola il flusso del ferro sia, localmente, dal sangue alla cellula che, a livello dell’organismo, dall’intestino al sangue”.

Questa scoperta apre nuovi scenari non solo nel campo delle conoscenze di base, ma anche in quello della patologia umana perché da questo meccanismo dipende la sopravvivenza della cellula. Inoltre, sia i virus sia i batteri hanno bisogno del ferro quanto l’uomo, per crescere e proliferare ed infettare l’organismo. Anche le cellule tumorali sono avide di ferro e cercano di sottrarlo alle altre cellule per poter crescere e proliferare o diffondersi negli organi. “Potenziare questo sistema difensivo della cellula e bloccare le interferenze create da virus e batteri o da cellule tumorali rappresenta un nuovo strumento terapeutico per combattere numerose patologie. Infine, manipolando il sistema regolatorio scoperto a Modena si potrebbero avere importanti benefici anche nelle numerose malattie umane dovute alla mancanza di ferro, come le anemie ferro-carenti, o causate dall’eccesso di ferro, le emocromatosi” ha spiegato il prof. Pietrangelo.

Il gruppo di ricercatori modenesi, impegnato da anni nello studio della regolazione del ferro e delle malattie che derivano dal loro malfunzionamento, aveva già compiuto importanti scoperte ed era assurto alla ribalta della cronaca scientifica internazionale. Già alla fine degli anni ’90 il prof. Pietrangelo ed suoi collaboratori avevano riportato sul prestigioso New England Journal of Medicine la scoperta di una nuova malattia del metabolismo del ferro, “la malattia della ferroportina”, oggi diventata tra le più frequenti malattie ereditarie del metabolismo del ferro. Agli inizi del 2009, lo stesso gruppo aveva riportato su Nature Genetics, la rivista leader in campo genetico, la scoperta di un “sensore” del ferro nel sangue che segnala al fegato quanto ferro è in circolo nel sistema sanguigno ordinando a quest’ultimo di produrre l’ormone epcidina.

La scoperta del CREBH è giunta al termine di uno studio che ha impegnato il gruppo modenese per oltre tre anni ed è stato svolto grazie ad un finanziamento dell’Unione Europea. “Per ottenere la pubblicazione su Science era necessario produrre una “prova definitiva” della scoperta. Per questo motivo è stato creato un topo geneticamente manipolato e privato del “CREBH”. L’animale non era più in grado di “sentire” lo stress, modificare i livelli cellulari e circolanti del ferro e difendersi dall’infiammazione ed aggressione batterica” ha raccontato il prof. Antonello Pietrangelo.

“I risultati scientifici ottenuti dal Prof. Pietrangelo e collaboratori, pubblicati su di una delle più prestigiose riviste internazionali, sono lo sviluppo di un percorso di ricerca che ha già portato ad acquisizioni importanti per la scelta di interventi assistenziali utili per la salute di specifiche categorie di pazienti – ha commentato la professoressa Gabriella Aggazzotti, Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Ateneo modenese reggiano – La rilevanza di questi studi testimonia come in questo periodo la Facoltà di Medicina e Chirurgia stia attraversando un momento di particolare produttività nel campo della ricerca clinica, quel settore della ricerca scientifica finalizzata alla introduzione nell’assistenza sanitaria di percorsi che portano ai pazienti importanti vantaggi in termini di sopravvivenza e di migliore qualità di vita. Il giorno 18 settembre, infatti, la Conferenza di Facoltà di Medicina e Chirurgia che si è tenuta a Modena, dal titolo “Quale ricerca per il Servizio sanitario: il ruolo per l’Università”, ha visto la presenza dell’Assessore alle Politiche per la salute della Regione Emilia Romagna, arch. Giovanni Bissoni, che ha confermato l’interesse regionale per questo tipo di ricerche, in particolare per quelle condotte nelle Aziende Ospedaliere Universitarie come la nostra Azienda Policlinico, ed ha assicurato la destinazione di fondi a questo fine anche nel triennio 2010-2012, così come è avvenuto nel triennio 2007-2009″.