Il metodo e il merito: entrambi sono scorretti. Approvare per mezzo di una legge finanziaria regionale la parità di unioni di fatto e famiglie tradizionali nell’accesso ai servizi sociali, è un metodo che trovo sia poco corretto. Nel merito credo che proprio quando le risorse sono scarse, sia necessario fare delle scelte, e pur dovendo garantire un welfare il più possibile universale, a mio parere è corretto favorire chi si assume pubblicamente la responsabilità sociale di formare una famiglia. Che sia attraverso un matrimonio religioso o civile.

Non mi piace l’idea di dire a chi ha firmato un contratto matrimoniale che richiede l’accettazione consapevole non solo di diritti, ma anche di doveri verso il proprio nucleo famigliare, ma anche verso la società, che il suo impegno pubblico non ha valore, perché si tratta di una fra le famiglie possibili. La famiglia è una, così come sancita anche dalla nostra Costituzione, e in un momento difficile dovrebbe essere protetta e aiutata perché sia nucleo solido e primario della nostra società. E il dissenso dei Cattolici del PD che male sopportano il laicismo di certe posizioni, dovrebbe far riflettere su quanto approvato ieri in Consiglio Regionale.

Se decidiamo in maniera arbitraria attraverso una leggina regionale, che qualsiasi legame affettivo è famiglia e dà diritto di accesso agli stessi benefici, non facciamo un buon servizio ai nostri figli, ai quali comunicheremo che assumere un impegno pubblico oppure no è la stessa cosa. Quello che conta è solo l’individuo e i suoi diritti, senza che questi comportino un’equivalente assunzione di doveri.

(Avv. Gian Paolo Lenzini, Vice coordinatore regionale – PDL)

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La Regione decide con una legge finanziaria regionale di dare pari diritti a coppie di fatto e famiglie: con buona pace dei cattolici del PD che pur dissentendo, dovranno spiegare ai propri elettori perché rimangono in un partito che non riconosce diritti a chi sceglie di formare famiglie secondo dettato costituzionale.

La famiglia è una: ciascuno può scegliere in libertà di dare ai propri legami affettivi la forma che desidera, ma non chiamiamoli famiglia. Attraverso il matrimonio, sia esso civile o religioso si accede ad alcuni diritti, assumendosi i corrispettivi doveri. Ed è questo che dà a chi forma una famiglia alcune agevolazioni, a mio parere sempre troppo poche, e che dovrebbe a maggior ragione in un momento di crisi, essere una priorità.

E’ la firma di un contratto pubblico di assunzione di responsabilità verso il proprio nucleo familiare che dà accesso a certi diritti: non il semplice “volersi bene”. Non è corretto verso chi questa scelta l’ha fatta, consapevolmente e pubblicamente, dire che poteva anche non farla, sarebbe bastato prendere residenza nello stesso alloggio: una società dove tutto è famiglia, si rischia che nulla sia tale.

(Avv. Luca Ghelfi, Consigliere Provinciale – PDL)