“La vita è valore assoluto, indisponibile e va difesa dal concepimento fino alla morte naturale. I compagni, con la solita presunzione, credono di conoscere già oggi ciò che potranno pensare o provare in futuro. Hanno in mano il telecomando dell’ideale macchina del tempo dei pensieri. In realtà, questa è pura e pericolosa “mens eutanasica”, frutto avvelenato di una deriva culturale materialista, nichilista e laicista”.

“Quante volte nella vita, mutata una condizione abbiamo poi espresso valutazioni e opinioni diverse, “non mi sposerò mai, non vorrò mai un figlio, meglio morire giovani che invecchiare”; poi arrivano il matrimonio, i figli, un’altra età, e si accoglie ciò che la vita ci consegna. A 18 anni si può decidere per quando ne avremo 100? Nel pieno dell’esuberanza della vita, abbiamo gli strumenti sufficienti per poter valutare serenamente e ipotecare un nostro diverso domani? Per non parlare poi di tutti quei casi di pazienti che al risveglio dallo stato vegetativo, hanno raccontato di essere stati sempre in grado di sentire, percepire, riflettere, talvolta piangere o gioire, e soprattutto ascoltare: completamente paralizzati, non riuscivano però ad urlare, pur volendo farlo, mentre medici e parenti stretti erano al loro capezzale a riflettere sull’opportunità di staccare le macchine. Esperienze da brivido, solo a pensarci”.

Lo ha affermato il candidato capolista del PDL Enrico Aimi intervenuto sul biotestamento, alla luce dell’approvazione in Comune di una delibera di iniziativa popolare, in cui si prevede l’istituzione del registro per la manifestazione della volontà sui trattamenti sanitari. In pratica, ogni cittadino, potrebbe scrivere in busta chiusa le sue disposizioni in caso di malattia degenerativa o sopraggiunto stato vegetativo, chiedendo la sospensione delle cure o dell’alimentazione.

“Niente da fare – ha subito rincarato Aimi – ancora una volta dobbiamo amaramente prendere atto dei grandissimi limiti di pensiero (unico) e di visione (ricoperti da ampi strati di cemento armato) di alcuni esponenti politici di sinistra, con Trande a far da capofila, e della loro tendenza a pensare e a voler costruire tutele simili a diritti attorno a semplici auspici, mentre si affievolisce la protezione dei diritti veri; non si è infatti persa l’occasione per guardare il mondo da un’angolatura molto spigolosa, su un tema di strettissima delicatezza, osservato con paraocchi degni del miglior Varenne. Si preferisce infatti rivendicare il diritto a interrompere la vita, trascurando che la morte non è un diritto ma un evento esclusivamente tragico. Il diritto vero e’ quello a non essere abbandonati nel momento in cui versiamo in condizioni di difficoltà. L’uomo ha una dignità speciale e non può essere assimilato ad un rifiuto da smaltire, nemmeno se gravemente malato o disabile.

Evidentemente – ha detto l’esponente del Partito di Berlusconi – a sinistra sono in possesso di un telecomando, forse magico, in grado di bloccare l’ideale macchina del tempo delle idee, cristallizzandole e pietrificandole in largo anticipo. Quanto si pensa, ad esempio, a 18 anni, a loro avviso dovrà valere per l’eternità. Sarà dunque la solita presunzione di assoluta superiorità di pensiero e di “kultura” sventolata ad ogni occasione e in ogni dove dai compagni salottinari. Dimenticano, però, i finissimi pensatori della sinistra che solo i sassi non cambiano idea e che il vero consenso informato sia incompatibile con dichiarazioni anticipate vincolanti: in quanto anticipate – ha spiegato Aimi – hanno ad oggetto ciò che non è ancora in essere. Tutto ciò e’ abbastanza ovvio ed intuitivo, tranne che per alcune persone. La sospensione va valutata non come la doverosa interruzione di un accanimento terapeutico, ma piuttosto come una forma particolarmente crudele, dal punto di vista umano e simbolico, di “abbandono” del malato.

In definitiva – ha poi sottolineato Aimi – all’ombra di argomentazioni di (presunto) diritto si finisce con il patrocinare la morte delle persone disabili ed una visione selettiva dell’esistenza umana, in omaggio ad una cultura nichilista ed individualista sempre più insofferente nei confronti di persone bisognose di essere accudite secondo i più elementari principi di civiltà umana. Siamo di fronte – ha concluso – a quella che Benedetto XVI ha definito nella “Charitas in Veritate” una “mens eutanasica”, intesa come espressione, al pari di aborto e pianificazione eugenetica delle nascite, di un abusivo dominio sulla vita, giudicata non più degna di essere vissuta in certe condizioni”.