Il fortissimo scontro aperto sul disegno di legge del governo che riscrive e restringe le attuali modalità investigative delle Procure e Forze dell’ordine e mette un pesante bavaglio al diritto di giornali, radio e tv di informare i cittadini sulle notizie di rilievo pubblico, si riproporrà nelle prossime settimane alla Camera.

Non affronto gli aspetti di grande rilievo costituzionale e gravità democratica che la nuova proposta governativa impone ad un Paese sottoposto a ben altre urgenze ed emergenze occupazionali, economiche e sociali.

Vorrei limitarmi ad osservare come “sarebbe” la realtà investigativa e giudiziaria – vista da un cittadino modenese – qualora l’attuale testo votato al Senato, fosse già legge dello Stato. Ovvero, tutte le moderne ed evolute tecnologie informatiche e della telecomunicazione a disposizione di una malavita organizzata che sempre più , anche a Modena, le utilizza e – per contro – investigatori molto più limitati ed impediti nell’impiego rapido ed efficace delle stesse tecnologie.

Un contrasto alla criminalità non ad armi pari, ma con gli investigatori (anche quelli modenesi) ancor più appesantiti da un assurdo obbligo burocratico di produrre – ogni 72 ore – carte, timbri e fascicoli per essere autorizzati, da un tribunale che sta a Bologna, a proseguire intercettazioni telefoniche, telematiche o ambientali in corso, per beccare criminali e malavitosi !

Sul tema, un’idea molto netta ce la offre il Procuratore Aggiunto di Modena Lucia Musti : “per i magistrati e le forze dell’ordine è un ritorno al passato, torniamo indietro di 30 anni mentre i criminali avranno gli stessi strumenti di prima” (stampa locale 12/06/’10) .

Certamente, se questa legge in discussione fosse già da qualche anno legge dello Stato, il corso della giustizia, anche a Modena, sarebbe stato ben diverso: processi con minori prove evidenti, sia a carico dei colpevoli e sia a discarico degli innocenti, e quindi processi più lunghi, con più cause irrisolte o cadute in prescrizione. Cioè, meno giustizia per i cittadini e più possibilità di passarla liscia per i malfattori.

Un’ipotesi generica e pregiudiziale? No, considerando che la Magistratura di Modena nel 2009 ha definito – con ottimi livelli di produttività – oltre 43.700 procedimenti, di questi – è il Procuratore modenese Vito Zincani che lo conferma – se passasse questa legge “..migliaia (migliaia!) di operazioni concluse con successo…non potranno più svolgersi” (Nuova Gazzetta di Modena 28/5/10).

Gli esempi, purtroppo, si potrebbero fare a decine e centinaia. Le cronache modenesi non avrebbero potuto raccontare gli esiti positivi di tantissime indagini, più o meno significative, che grazie all’attuale sistema investigativo con le intercettazioni, durate anche mesi, si sono invece concluse con la pena per i colpevoli.

Così è stato per i traffici di droga legati alle cosche calabresi ; per il sistema di truffe allo stato legato alle bische clandestine; per le indagini sui clan che organizzavano la prostituzione ; per tutti i procedimenti di usura ,riciclaggio ed estorsione; per la riduzione in schiavitù di minori nomadi; la scoperta ed il sequestro del”tesoro” in opere d’arte di Calisto Tanzi; senza dimenticare le inchieste messe in moto per scoprire anche i casi modenesi di corruzione; la scoperta dei “ragazzi di buona famiglia” implicati nei due tentativi di incendio del liceo Muratori; l’arresto di questi giorni di Sandokan junior (di casa a Modena) avvenuto a seguito di indagini ed intercettazioni durate mesi e per reati diversi dalla associazione mafiosa ;ecc. ecc…

Si obietta che la sfera privata dei cittadini va tutelata con estremo rigore. Sacrosanto diritto. Gli abusi si possono già perseguire e,se necessario,migliorare ancor più le leggi e procedure di segretezza, ma non al prezzo ben più grave di depotenziare la capacità investigativa contro i crimini che allarmano ben di più i cittadini.

A questo proposito, della strumentalità ad uso politico del dualismo privacy/indagini , consideriamo come monito illuminante, l’affermazione del boss Perrone ‘o pazzo, ritenuto dagli inquirenti il capozona dei casalesi nel modenese, che per sostenere a suo modo il “diritto alla sua privacy” scrive da Castelfranco Emilia nientemeno che al Capo dello Stato Napolitano, per lamentare “…la polizia mi perseguita.. sono costantemente ascoltato e seguito” ! Si obietta, ancora, l’invasività del numero abnorme delle intercettazioni ai danni dei cittadini (…siamo tutti controllati..) .

Niente di più esagerato ed inesatto.

In tutto l’anno 2009, nella provincia di Modena (circa 700.000 cittadini italiani, 76.000 stranieri residenti ed oltre 43.000 processi conclusi) sono stati emessi non più di 500 decreti di intercettazione, oltre ai casi di proroghe.

Un’ultima considerazione sulla videosorveglianza.

Il decimo comma del lunghissimo art. 1 della legge che andrà alla Camera, propone l’equiparazione delle strettoie per le intercettazioni delle conversazioni telefoniche con quelle “di immagini mediante riprese visive” .

Se così fosse, l’impiego utile ed accorto della videosorveglianza nei punti sensibili delle città -tanto sostenuto anche a Modena in ogni dibattito sulla sicurezza – rischierebbe di togliere deterrenza contro la delinquenza e metterebbe assurdamente in discussione la validità delle riprese nei processi.

(Franco Zavatti, Cgil Modena-dipartimento sicurezza Cgil Emilia Romagna)