Anche a Reggio Emilia operano numerose cooperative sociali che svolgono attività di inserimento lavorativo di persone svantaggiate (le cooperative di tipo B, come le definisce la Legge 381 del 1991). Diverse di queste cooperative operano nel settore dei servizi ambientali, grazie ad un rapporto storico e consolidato con Agac, poi Enia, ora Iren. A loro, come a tutti i fornitori di servizi, le multiutility (cioè le ex municipalizzate come Hera e Iren), sulla base di un accordo sottoscritto con i sindacati, impongono di applicare ai dipendenti il proprio contratto collettivo di lavoro (sottoscritto dalla Fise, la Federazione delle Imprese di Servizi). Il contratto Fise ricalca chiaramente l’impostazione normativa ed economica in vigore ai tempi delle municipalizzate, ereditata attraverso modificazioni societarie che non ne hanno mai intaccato i contenuti. In pratica i lavoratori delle cooperative sociali, ma anche delle altre imprese che erogano servizi alle multiutility, vengono ad essere parificati a quelli delle vecchie municipalizzate. “La cosa – è il commento di Mauro Degola, responsabile delle cooperative sociali di Legacoop Reggio Emilia – ha degli aspetti paradossali: le municipalizzate si sono trasformate in società private, anche se in parte di proprietà pubblica, ma i lavoratori delle imprese private o delle cooperative che lavorano per esse devono avere un trattamento come se fossero dipendenti delle municipalizzate di un tempo. Ed è parimenti antistorica la pretesa sindacale di ampliare l’area dei contenuti della contrattualistica pubblica al settore privato.

Sono circa 1800 i lavoratori impiegati in Emilia-Romagna dalle cooperative di tipo B nei servizi ambientali, e più della metà sono lavoratori svantaggiati (di questi ultimi circa 110 nella nostra provincia). L’applicazione del contratto Fise crea non solo l’aumento dei costi, oltre a maggiori rigidità, non solo lo snaturamento del proprio contratto di lavoro, che le cooperative sociali hanno diritto di sottoscrivere, ma anche la disarticolazione dell’inquadramento professionale tra chi lavorerà con le multiutility e il resto della base sociale, creando scompensi non tollerabili in cooperative del tutto particolari, nate per superare le differenze e non per crearle.

“Legacoopsociali – aggiunge Degola – è impegnata con le cooperative e i loro consorzi per gestire questo problema. L’interpretazione che noi diamo è che solo gli appalti delle multiutility per gestioni complete dei servizi ricadono nell’obbligo che queste hanno contratto coi sindacati e che applicano ai propri fornitori. Una cosa è gestire in autonomia una piattaforma ecologica integrata, diverso è agire come semplici raccoglitori o autotrasportatori in un settore, quello ecologico, che di per sé è gia ipernormato da recenti leggi. Inoltre, una cosa sarebbe inquadrare integralmente nel contratto Fise i dipendenti delle coop sociali, diverso sarebbe applicare loro solo l’aspetto salariale. Per questo Legacoopsociali sta attivando una serie di seminari con le rappresentanze sindacali di settore, per definire in modo condiviso e secondo buon senso tutta la vicenda. Siamo consapevoli che occorre difendere la peculiarità di cooperative che alla fine dei conti abbattono i costi sociali e anche economici della gestione delle disabilità. Ma dobbiamo anche essere in grado di adeguarne le strutture e le competenze alla natura delicata del lavoro ambientale. Così come è nostra opinione che limitarsi a rivendicare i meriti di una pur straordinaria esperienza, come qualcuno è portato a fare, non è di per sé risolutivo se non rispondendo contemporaneamente ai bisogni di qualità, sicurezza e garanzia che il mercato comunque esprime”.