Dopo un calvario giudiziario durato circa dodici anni, un padre di 42 è stato assolto definitivamente dall’ipotesi di abusi sul figlio di tre anni.

In primo grado l’uomo – al quale da undici anni è stato sospeso il diritto di incontrare il bambino – era stato condannato, nel maggio 2005 dal Tribunale di Bologna, a due anni e sei mesi di reclusione e a corrispondere all’ex moglie una provvisionale di 25.000 euro ed una di 15.000 in favore del minore.

In appello, poi, l’uomo venne assolto ma, su impugnazione della ex moglie e della Procura di Bologna, la Cassazione – nel 2007 – dispose un nuovo e più approfondito processo. Nel 2008 l’appello bis ha convalidato l’innocenza del padre con la formula “perché il fatto non sussiste”, bocciando le perizie svolte sul minore “dirette a indagare i rapporti tra i genitori piuttosto che i comportamenti del bambino”. L’aggressivià del piccolo e i rapporti esclusivi con la madre e in suoi parenti, hanno “reso spiegabile”, secondo i giudici, le calunnie nei confronti del padre.

Ma la madre e la Procura della Corte di Appello di Bologna hanno, di nuovo, fatto ricorso in Cassazione. Adesso la Suprema Corte – con la sentenza 31631 – ha detto ’”no” all’ennesima riapertura delle indagini sul padre. La “tendenza a mentire” del piccolo può essere stata influenzata dal “rapporto conflittuale” fra i genitori.