Nel giorno di San Prospero, patrono della città mercoledì 24 novembre, a Reggio Emilia, nella Galleria Parmeggiani (corso Cairoli 1) alle ore 17 si inaugura, alla presenza dell’autore Salvatore Carulli (Avellino, 1951) e dell’associazione Amici del presepe napoletano del ‘700 “Alfonso Carulli”, il presepe della ‘Madonna che allatta’, un complesso scenografico di 18 mq. che riprende gli stilemi del presepe napoletano classico del ‘700 a cui si ispira.

Il presepe, che sarà visitabile fino al 16 gennaio, fa parte di un trittico comprendente altri due lavori dello stesso autore: il presepe della “Madonna partoriente” e il presepe della “Vergine Nera”, già allestiti alla Galleria Parmeggiani negli anni 2004-2005 e 2006-2007.

L’ingresso è gratuito.

Salvatore Carulli, che vive e lavora a Reggio Emilia dal 1974, ha ereditato la passione, i segreti dell’arte presepiale ed anche alcuni pregevoli pezzi dal padre Alfonso. Dopo avere contribuito negli anni passati a ideare e costruire i presepi della Comunità “Papa Giovanni XXIII” di Don Artoni, ispirati ai temi sociali, avverte fortemente la necessità di tornare alla “sua autentica tradizione”: quella del presepe artistico napoletano.

Carulli, nella sua straripante, esuberante, gioiosa, forza creativa rimane ancorato alla grande tradizione del presepe come rappresentazione della nascita di Gesù e crea anche in questa nuova opera una serie di scene ricche di fascino, piene di riferimenti simbolici, realizzate con tecnica scenografica teatrale e mediante un trionfo di colori (pastelli, tempere, acquarelli), che mostrano in sequenza i vari episodi tra cui spicca quello della Madonna intenta nell’atto umanissimo dell’allattare. Non si tratta di una pura e semplice riproposizione di temi e soggetti tipici della tradizione napoletana, perché Carulli inserisce i personaggi della Natività in un “magnifico apparato“ che rimanda alla pittura emiliana del ‘600 ed alle architetture di grandi scuole scenografiche.

Per le simbologie poi l’autore non si richiama solamente alle interpretazioni tradizionali, ma vi introduce pure elementi che prende dalla sua “personale filosofia“ e questa “contaminazione” rende l’opera pulsante di umori, sentimenti, passioni, un vero “ritratto di vita“.

“Il presepe di Salvatore Carulli è il presepe globale, perché in esso – commenta Attilio Marchesini – è rappresentato il popolo multietnico ricco, povero, borghese e pezzente, che suona, ride, balla, mangia, lavora, piange e si diverte nella quotidianità della Napoli cosmopolita nel ’700, come nella quotidianità di oggi. Il richiamo è quanto più attuale alla situazione di forte cambiamento che stiamo vivendo e qui il Cristo nasce per tutte le genti”.

Tradizione antica e sentita, rappresentazione ingenua e popolaresca della pagina evangelica, il presepe ha eletto, dopo l’avvio francescano sulle colline dell’Umbria, come sua patria Napoli. Nel Settecento, una stagione d’arte particolarissima, fiorì in questa città alimentando e rendendo memorabili i ricchi presepi della corte e dell’aristocrazia del tempo (i Re Filippo V e Carlo di Borbone erano accaniti “presepari”), testimoniata oggi dalle collezioni conservate nei musei (quello napoletano di San Martino e quello di Monaco di Baviera) o nelle raccolte private. Il presepe a Napoli divenne fenomeno culturale che coinvolse tutti, sia l’aristocrazia che il popolo. La pittura di paesaggio, il ritratto, le scene di genere, la scenografia, le nature morte tutte contribuivano alla creazione del presepe. La realtà quotidiana stessa era rappresentata. I principali avvenimenti dell’anno, le feste, i cortei, le processioni, le visite degli ambasciatori, i fatti di cronaca, gli eventi strani o miracolosi, veri o presunti, tutti trovavano nel presepe il loro palcoscenico di vita; entrò in tutte le case, e vi si mantenne sino ai giorni nostri. Intorno ai presepi d’arte fiorirono e continuano a fiorire i presepi artigianali.

Il presepe napoletano del ‘700, non è soltanto un meraviglioso apparato scenografico barocco, ma è soprattutto un architettura poetica, ricca di simboli e di allegorie che col trascorrere dei secoli hanno perso l’essenza dei loro significati, perfino nella memoria dei tanti artigiani che a S. Gregorio Armeno, nelle botteghe ereditate vivono del presepe durante l’arco dell’intero anno.