Quanti sono le lavoratrici ed i lavoratori irregolari nei bar, nei ristoranti, negli alberghi della provincia di Modena? E’ la domanda che ci si pone ogni volta che un Ente ispettivo rende noti gli esiti di ispezioni nel settore. Ieri la Guardia di Finanza ha informato che il 64% degli esercizi controllati occupava lavoratori in nero. Nel passato si sono registrate percentuali ancora più elevate.

Secondo l’Istat (dato 2008) il lavoro nero nei pubblici esercizi ha raggiunto in Italia il 42%, cui però va aggiunto un numero elevatissimo di “doppiolavoristi”. In sostanza, se i lavoratori regolari sono in Italia 1.200.000, a questi vanno aggiunti 500.000 lavoratori in nero e 900.000 “doppiolavoristi”. La maggioranza quindi di baristi, camerieri, cuochi, cameriere ai piani, addetti alla reception sono irregolarmente occupati.

Si tratta di dati medi tra realtà territoriali diverse, e certamente il fenomeno è più virulento al Sud, mentre in realtà come quella modenese trionfa il lavoro “grigio”, il falso part-time, il falso contratto di collaborazione, il falso tirocinio formativo e, soprattutto, il falso contratto a chiamata.

Ma quanti sono, quindi, le lavoratrici ed i lavoratori irregolari nei bar, nei ristoranti, negli agriturismo, nei circoli ricreativi, nei locali notturni e negli alberghi della provincia di Modena?

Senza valutare l’immensa quantità di lavoro “grigio”, e tenuto conto che gli occupati regolari nel settore sono in provincia di Modena poco meno di 15.000, si può ipotizzare che tra lavoro nero e “doppiolavoristi” ci si attesti in questo settore, prudentemente, tra le 10.000 e le 15.000 persone. Si tratta all’incirca del 5% della forza lavoro complessivamente occupata nella provincia, in tutti i settori. Si tratta di una piaga che vede l’evasione di alcune centinaia di milioni di euro nella sola provincia di Modena. Si tratta di una piaga che marginalizza e mette fuori mercato gli operatori onesti, che vede la crescita di interesse della malavita organizzata, che mette a rischio la sicurezza e la coesione sociale nella nostra provincia.

E’ tempo di farla finita con una incomprensibile diffusa tolleranza, con l’inazione, con gli approcci meramente formali e burocratici. In questo senso è davvero preoccupante lo scarso interesse dimostrato dai Comuni modenesi nel far crescere il proprio ruolo nel contrasto alle illegalità nel settore. Nessun Comune ha preso in considerazione le proposte di Filcams CGIL, Fisascat CISL e Uiltucs UIL, avanzate ormai un anno fa. Chiedevamo all’epoca (non certo per la prima volta) di fare terra bruciata attorno ai “professionisti” del lavoro nero, rendendo pubblici i loro nomi ed impedendo loro di continuare l’attività nel settore.

Chiedevamo che la Polizia Municipale diventasse un soggetto maggiormente attivo rispetto al contrasto al lavoro nero. Chiedevamo che i Comuni prevedessero la sospensione delle licenze alle imprese dove, nel corso di ispezioni, fosse verificata la presenza di lavoratori in nero od irregolari. Proponevamo che le imprese che utilizzano lavoro nero fossero obbligate a restituire tutti gli sgravi, contributi o altro, concessi a vario titolo da soggetti pubblici, eventualmente prevedendo la loro devoluzione ai soggetti che rispettano la Legge. Anche alle Associazioni del settore chiedevamo di agire senza alcuna ambiguità, isolando i disonesti.

Non è più possibile affidare ai soli Enti ispettivi il compito di cercare di vuotare, con un cucchiaino forato, il mare della illegalità che ha invaso i pubblici esercizi modenesi. E’ inaccettabile che venga considerato da molti normale che una parte così rilevante della nostra economia sia fuori dalle regole. Ormai deve essere chiaro che chi non agisce, chi non fa il massimo contro questi fenomeni rischia di passare, lo voglia o no, dall’indifferenza alla complicità.

(Filcams/Cgil Fisascat/Cisl Uiltucs/Uil Modena)