L’Italia, con 192 litri di acqua minerale procapite, si conferma il paese europeo con il più alto consumo di acqua in bottiglia. Con una media che supera il doppio rispetto alle altre nazioni d’Europa, il Belpaese solo nel 2009 ha imbottigliato, infatti, ben 12,4 miliardi di litri, di cui solo l’8% destinato al mercato estero. Un volume di affari di 2,3 miliardi di euro nel 2009, rimasto invariato rispetto all’anno precedente, ma in continua ascesa negli ultimi trent’anni, con i consumi aumentati dal 1980 ad oggi di 5 volte e con loro anche la produzione di acqua imbottigliata. Una crescita smisurata cui però non è corrisposto un proporzionale aumento delle tariffe pagate dalle società imbottigliatrici alle Regioni italiane, spesso ancora stabiliti da regio decreto come in Molise e in Sardegna o da regolamenti di oltre 30 anni fa, come la legge regionale del 1977 della Liguria.

A denunciare il quadro nazionale delle concessioni dell’acqua sono Legambiente e la rivista Altreconomia che, in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, tornano a fare il punto della situazione sulla gestione idrica in Italia con il dossier Acque Minerali: la privatizzazione delle sorgenti in Italia.

Secondo il dossier, infatti, è ancora un obiettivo lontano l’adeguamento delle leggi regionali sui canoni di concessione alle linee guida nazionali approvate nel 2006 e che prevedono tre tariffe: da 1 a 2,5 euro per metro cubo o frazione di acqua imbottigliata; da 0,5 a 2 euro per metro cubo o frazione di acqua utilizzata o emunta; almeno 30 euro per ettaro o frazione di superficie concessa. Eppure per l’altissimo valore della risorsa idrica e l’impatto ambientale, causato dai consumi da primato delle acque in bottiglia, le Regioni dovrebbero attivare al più presto un lavoro di revisione dei canoni di concessione per l’imbottigliamento dell’acqua che porterebbe anche ad un forte incremento dei fondi incassati. Al contrario oggi le Amministrazioni che incassano i canoni in gran parte dei casi non riescono nemmeno a raggiungere una quota sufficiente a coprire le spese necessarie per i controlli o per lo smaltimento delle bottiglie di plastica utilizzate.

“L’acqua e la sua gestione sono questioni centrali nel nostro Paese. Lo hanno confermato 1 milione e 400mila cittadini che si sono impegnati in prima persona per chiedere a Governo e Parlamento di modificare la legge che obbliga alla privatizzazione del servizio idrico – ha dichiarato Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente- Ma mentre il dibattito pubblico/privato per la gestione del servizio idrico è ancora in corso, in Italia esiste già una forma di privatizzazione dell’acqua, o meglio delle sorgenti concesse a prezzi ridicoli alle società che imbottigliano. Una sorta di obolo in netto contrasto con il volume di affari del settore ma soprattutto in confronto all’altissimo valore di una risorsa limitata e preziosa come è l’acqua di sorgente”.

Rispetto allo scorso anno le Regioni più virtuose sono Lazio e Abruzzo, poiché hanno previsto i maggiori canoni per le concessioni sulle acque minerali, mentre l’Emilia Romagna si trova fra le ultime in classifica (18), perché prevede i canoni di concessione solo in base alla superficie della concessione e non sui metri cubi di acqua imbottigliata. Basti pensare che, nella nostra Regione, il costo è di 19 euro per ettaro! Un vero sproposito.

Eppure il ‘business dell’oro blu in bottiglia’ continua ad essere insostenibile per la collettività sotto il punto di vista economico e ambientale, poiché prevede l’utilizzo di oltre 350mila tonnellate di PET, per un consumo di circa 700mila tonnellate di petrolio e l’emissione di quasi 1 milione di tonnellate di CO2. Delle bottiglie utilizzate il 78% sono in plastica e solo un terzo viene riciclato mentre i restanti due terzi finiscono in discarica o in un inceneritore. Ad alto impatto ambientale è anche il trasporto visto che solo il 15% delle bottiglie viaggia su ferro, mentre il resto si muove sul territorio nazionale su gomma, su grandi e inquinanti TIR.

“Nonostante alcune novità, sono ancora irrisori i canoni che le aziende imbottigliatrici corrispondono alle Regioni – dichiara Pietro Raitano, direttore del mensile Altreconomia-. Se venissero fissate tariffe adeguate, assisteremmo a un riallineamento dei prezzi al consumo, che sarebbero più corrispondenti ai reali costi della minerale. Vedremmo anche meno pubblicità e il bisogno indotto di acqua in bottiglia si ridimensionerebbe, portando il nostro Paese nella media europea. Con il vantaggio di vedere in giro meno camion carichi di bottiglie e meno plastica tra i rifiuti. È giunto anche il momento di ribadire che le esigenze dei cittadini vengono prima di quelle delle aziende imbottigliatrici, alle quali pertanto non dovrà più essere permesso di privatizzare di fatto le fonti togliendo acqua ai cittadini, come invece è accaduto e accade ancora per alcune concessioni, al Nord come al Sud Italia”.