Si chiude la prima parte delle attività sui temi dell’economia e dello stato di salute del nostro paese, martedì 29 marzo alle ore 21 la Gabella di via Roma ospita il giornalista Marco Panara, responsabile dell’inserto “Affari e Finanza” di Repubblica e autore del saggio “La malattia dell’occidente. Perché il lavoro non vale più” (ed. Laterza). Un confronto coordinato da Federico Parmeggiani che ha l’obiettivo di determinare come la crisi economia sia strettamente legata anche a una crisi del mondo del lavoro, dei suoi aspetti e valori sociali.

Un elemento diffuso, quello della crisi del lavoro, che Panara definisce come “malattia dell’occidente” in cui non bisogna fare i conti soltanto con le difficoltà economiche ma anche con i risvolti politici e culturali che esso comporta.

PERCHE’ IL LAVORO NON VALE PIU’

L’incontro-dibattito con Marco Panara avrà al centro le tematiche principali che legano democrazia e lavoro: “La precarizzazione del lavoro e il suo impoverimento contengono in sé la minaccia – sostiene Panara – e spesso la prospettiva o la realtà della povertà, la quale minaccia rende diffusa l´accettazione di lavoro senza diritti. La necessità, o la paura della povertà, spinge a barattare un po´ di reddito con la rinuncia ai diritti collegati al lavoro e questa rinuncia automaticamente ci riporta indietro nel tempo, a un´epoca predemocratica, quando il lavoro era solo e semplicemente sudore in cambio di poco denaro”.

Secondo il responsabile dell’inserto “Affari e Finanza di Repubblica”: “Tornare a riconoscere il valore sociale del lavoro è la prima missione di una classe politica che sappia davvero interpretare la novità del XXI secolo, e ricostruirne il valore economico è il progetto più moderno del quale possa dotarsi”.

L’AUTORE

Giornalista de “la Repubblica”, si è occupato di finanza presso la sede di Milano, è stato corrispondente per l’Estremo Oriente con base a Tokyo, responsabile del settore economico e attualmente cura il supplemento “Affari & Finanza”. Il lavoro nel mondo avanzato vale sempre meno e non riesce più a garantire il tenore di vita che ci si illudeva di aver conquistato per sempre. Fra le cause della sua perdita di valore ci sono la tecnologia, che consente di sostituire con le macchine il lavoro umano in un numero crescente di attività, e la globalizzazione, che spinge per il trasferimento di industrie e società verso paesi dove il costo del lavoro è più basso. Gli effetti sono perversi: da una parte c’è un crescente trasferimento di ricchezza dai paesi occidentali consumatori ai paesi emergenti produttori; dall’altra nei paesi industrializzati la ricchezza prodotta si sposta dal lavoro al capitale nelle mani di gruppi ristretti mentre la grande maggioranza vede il suo reddito crescere marginalmente, fermarsi o diminuire, con un grande aumento delle disuguaglianze.

Per informazioni sul programma della Scuola di Etica e Politica “Giacomo Ulivi” è possibile visitare il sito www.gabella.re.it