Legambiente rilancia l’allarme cementificazione nella nostra regione sulla base del rapporto recentemente pubblicato dal Centro di Ricerca sui Consumi di Suolo di cui l’associazione è promotrice. Tra il 2003 ed il 2008 il ritmo di consumo di suolo agricolo in Emilia Romagna è stato di 8,4 ettari al giorno. I dati vanno ad integrare quelli già raccolti per il periodo tra il 1976 ed il 2003, che avevano registrato un ritmo di urbanizzazione di 8,2 ettari al giorno.

Il fatto che la velocità di urbanizzazione del territorio negli ultimi 5 anni sia stata uguale, o superiore, a quella dei 25 precedenti è un segnale molto preoccupante, che sancisce un forte declino delle politiche urbanistiche; evidentemente i meccanismi che stanno alla base della continua edificazione -speculazione fondiaria, corsa agli oneri di urbanizzazione da parte dei Comuni, riciclaggio di denaro illecito – non hanno trovato strumenti correttivi adeguati.

Rispetto ai dati per singola provincia, Parma e Piacenza si trovano in testa per quanto riguarda l’urbanizzazione procapite con circa 9 mq/abitante all’anno. Rimini invece la provincia con la percentuale più alta di urbanizzazione del territorio (21,2%).

La norma regionale sull’urbanistica (la Legge n° 20 del 2000) enuncia il principio che si debba “prevedere il consumo di nuovo territorio, solo quando non sussistano alternative” derivanti dalla sostituzione o riorganizzazione degli insediamenti esistenti.

“La distanza tra questi principi teorici e gli 8,4 ettari al giorno di suolo sottratto all’agricoltura da insediamenti ed infrastrutture dà il segno di come le politiche urbanistiche debbano essere profondamente riformate – dichiara Lorenzo Frattini presidente regionale dell’associazione – Il suolo è una risorsa non rinnovabile e finita, che stiamo consumando come se fosse illimitata. Occorre che la Regione si doti rapidamente di una legge idonea, come abbiamo richiesto da tempo”

Secondo l’associazione, infatti, lasciare ai Comuni completa autonomia, senza porre limiti all’espansione, espone i Sindaci alle pressioni degli interessi locali e lascia aperta la possibilità di ripianare i bilanci svendendo il territorio.

Secondo l’associazione, la crisi economica e la necessità di una riqualificazione energetica degli edifici esistenti, dovrebbero ormai spingere le politiche urbanistiche ad individuare strumenti per avviare una stagione di grandi ristrutturazione dell’esistente. Questo non solo garantirebbe lavoro al settore edile senza ulteriore consumo di territorio ma porterebbe benefici effetti anche sulla riduzione delle bollette energetiche e della CO2.