Il documento sugli effetti della manovra finanziaria (DL 138/2011) sul bilancio comunale presentato oggi in conferenza stampa a Palazzo d’Accursio dalla vicesindaco Silvia Giannini.

Effetti del decreto legge 138/2011 sui Comuni

Il d.l. 138 del 13 agosto 2011 pone obblighi di aggiustamento insostenibili sugli enti locali, che aggravano il quadro già oneroso richiesto dai precedenti provvedimenti di luglio e degli anni scorsi.

Poiché gli interventi normativi sono di elevato contenuto tecnico e particolarmente complessi, dato anche il sovrapporsi di provvedimenti che mutano il quadro di riferimento persino a distanza di poche settimane, sono necessarie, per una corretta informazione e comprensione, alcune spiegazioni puntuali e approfondite.

Per quanto riguarda i comuni occorre ricordare innanzi tutto i tagli ai trasferimenti statali previsti dal d.l. 78/2010 che hanno comportato, nel complesso, una riduzione dei trasferimenti di 1,5 miliardi di euro nel 2011 e di 2,5 miliardi dal 2012. Per il Comune di Bologna questa misura ha comportato tagli di 23,6 milioni nel 2011 e di circa 11,7 milioni nel 2012. A queste riduzioni di trasferimenti statali si sono associate, per il comune di Bologna (ma situazioni analoghe si riscontrano in altre realtà) altre riduzioni di entrata dovute, ad esempio, a minori trasferimenti dalle regioni, a loro volta conseguenza dei processi di riduzioni dei trasferimento dallo stato a questi enti, e gli effetti dovuti al fatto che la crisi economica si traduce automaticamente in minori incassi (le attività economiche sono in crisi e questo comporta complessivamente minori entrate).

Inoltre, gli enti territoriali sono chiamati a contribuire alla riduzione del fabbisogno e dell’indebitamento netto del paese tramite il Patto di stabilità che obbliga al raggiungimento di saldi di bilancio positivi e crescenti nel tempo. L’obiettivo che vede gli enti locali concorrere al riequilibrio dei conti pubblici è certamente condivisibile e necessario, data la situazione di criticità della situazione di finanza pubblica e, più generale, di quella economica del paese, ma lo sforzo crescente chiesto agli enti locali è assolutamente impossibile da rispettare, dopo le modifiche introdotte dal d.l. 98 del luglio 2011 e, ancor più, dal successivo d.l. 138 del 13 agosto 2011 che ha apportato modifiche fortemente restrittive rispetto al precedente decreto, dopo solo un mese dalla approvazione d’urgenza di quest’ultimo.

Per comprendere la situazione è necessario ricordare che la legge di stabilità 220 del dicembre 2010 prevedeva un nuovo patto di stabilità interno, secondo cui ai comuni era richiesto il rispetto di un saldo obiettivo per il triennio 2011-2013 tale da consentire un miglioramento complessivo dell’indebitamento e del fabbisogno pubblico a livello aggregato di 1,5 miliardi per il 2011 e di 2,5 miliardi di euro a decorrere dal 2012. Per ciascun ente viene indicato un saldo obiettivo di competenza mista (competenza per la parte corrente e cassa per quella in conto capitale) pari ad una percentuale dell’11,4% nel 2011 e del 14% nel biennio successivo, della media della spesa corrente 2006-2008. Tale saldo è diminuito di un importo pari alla riduzione dei trasferimenti di cui al d.l. 78/2010 ed è ulteriormente ridotto, ma solo nel 2011, di una percentuale pari al 50% della differenza fra il saldo così stabilito e quello definito in base alle regole previgenti, proprio per attenuare l’entità dell’aggiustamento richiesto ai singoli enti.

L’applicazione di questa regola (nuovo Patto del dicembre 2010) comporta per il Comune di Bologna un saldo obiettivo pari a 22,4 milioni (ossia le entrate finali devono superare di questo importo le spese finali, al netto delle riscossioni e concessioni di crediti) per il 2011 e di ben 40,2 milioni per il biennio successivo. Questa situazione già drammatica, come si sottolineava nella Relazione Previsionale Programmatica 2011-2013 del Comune, si è ulteriormente aggravata con i decreti di luglio e agosto.

A livello nazionale il decreto di luglio ha aumentato il contributo richiesto ai comuni per la riduzione dell’indebitamento e del fabbisogno pubblico di 1 miliardo per il 2013 e di 2 miliardi a decorrere dal 2014. Il decreto di agosto ha rafforzato ulteriormente da 1 miliardo a 1,7 miliardi e ha anticipato dal 2013 al 2012 il contributo all’aggiustamento dei conti di finanza pubblica richiesto ai Comuni. A partire dal 2013 l’aggiustamento complessivo richiesto è di 2 miliardi di euro.

Per Bologna ciò comporta che già a partire dal prossimo anno il saldo obiettivo che è necessario raggiungere per rispettare il patto potrebbe assestarsi attorno a ben 60 o forse anche più milioni di euro, rispetto ai 22,4 del 2011.

E’ evidente anche ai meno esperti che il raggiungimento, per di più in tempi così ravvicinati, di un saldo positivo di tale ammontare, che si aggiunge al taglio dei trasferimenti già avvenuto nel 2010 con effetti cumulativi sul 2011 e sul 2012, è di fatto impossibile da rispettare.

Il Comune di Bologna ha già subito a vario titolo una contrazione di entrate e conseguentemente di spese di circa 50 milioni di euro nel 2011 e un ulteriore sforzo di aggiustamento come quello richiesto nel 2012 (ulteriore taglio dei trasferimenti di circa 12 milioni e un saldo obiettivo di avanzo di bilancio di 60 milioni o più) è assolutamente insostenibile.

Le azioni necessarie avrebbero infatti ripercussioni drammatiche sull’offerta dei servizi, sul benessere dei cittadini, sull’economia in generale e sulla solidità patrimoniale dell’ente. Sarebbero necessari interventi congiunti, tutti impossibili da realizzare nell’entità richiesta dalle regole oggi in vigore, con effetti di lungo periodo in larga parte incerti o quanto meno discutibili sui conti pubblici, ma con effetti certi e negativi sulla crescita e il benessere dei cittadini.

Sarebbero infatti necessari, congiuntamente, interventi quali:

a) tagli drastici dei servizi, impossibili per altro da effettuare nel breve periodo data la rigidità della spesa, in larga parte connessa a spese per il personale e con costi economici di rilievo (si pensi agli effetti che la chiusura di nidi o servizi agli anziani avrebbero sull’offerta di lavoro, soprattutto femminile);

b) aumenti del prelievo, che potrebbero peraltro essere di entità limitata, dati i vincoli normativi che hanno sbloccato solo la possibilità di aumentare l’addizionale Irpef (per Bologna l’aumento massimo potrebbe essere di un punto percentuale) e che consentono l’introduzione dell’imposta di soggiorno, il cui gettito va tuttavia finalizzato a interventi nel campo del turismo e nel recupero dei beni culturali e ambientali locali;

c) dismissioni del patrimonio immobiliare e della partecipazioni nelle società partecipate, che pur essendo un processo ampiamente condivisibile, richiedono tempo e potrebbero tradursi in una svendita del patrimonio qualora effettuate in una situazione congiunturale sfavorevole come questa e sotto l’onda dell’urgenza. A tal proposito va poi sempre sottolineato che questi introiti comportano miglioramenti momentanei e non strutturali nei saldi, a differenza di quanto accade con gli interventi in materia di maggiori entrate o minori spese precedentemente ricordati;

d) rinvio dei pagamenti dei fornitori e di altri impegni di spesa già perfezionati, soprattutto per quanto riguarda le decisioni di investimento già assunte in passato. Anche in questo caso si tratterebbe di fatto, in ultima istanza, solo di rinvio di spese e quindi di un aggiustamento apparente dei conti pubblici, con ripercussioni tuttavia devastanti dal punto di vista economico, in quanto colpirebbe soprattutto le imprese, già in stato di sofferenza, con conseguenti effetti negativi sulla crescita e sull’occupazione.

Tutto ciò solo per creare un utile di gestione (avanzo di bilancio), pari a 60 o più milioni di euro (circa il 13% dei costi di gestione del Comune) che resterebbero assolutamente immobilizzati e inutilizzabili, impoverendo la comunità locale e penalizzando la crescita economica.

Unica possibilità per sfuggire a questa débacle, ma a scapito degli altri enti, è rientrare tra gli enti cosiddetti virtuosi. Il d.l. 138 del 13 agosto anticipa infatti al 2012 anche i parametri di virtuosità introdotti dal d.l. 98 del luglio scorso, che tanto hanno fatto discutere e che sono stati oggetto di modifiche nel corso di approvazione del decreto, senza però sopire dubbi e critiche in merito alla loro capacità di stabilire cos’è davvero un ente virtuoso e in merito alla loro definizione. Si tratta di dieci parametri, la cui quantificazione e il cui peso relativo è ancora del tutto incerto: si pensi, ad esempio, al primo criterio che fa riferimento alla convergenza fra spesa storica e costi e fabbisogni standard, quando la rilevazione di questi ultimi si è da poco avviata e non potrà certo potrà produrre risultati utilizzabili già nel 2012. Sulla base di tali parametri gli enti dovrebbero essere suddivisi in quattro classi e solo a quelli compresi nella classe più virtuosa non sarebbe richiesto di concorrere alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica con i saldi obiettivo precedentemente indicati, ma solo il rispetto dell’obiettivo strutturale di un saldo finanziario pari a zero.

Tutto ciò rende ancora più erratica e aleatoria la situazione di chi, a livello locale dovrebbe apprestarsi a redigere il bilancio di previsione per il prossimo anno. Erratica perché i criteri di virtuosità sono ampiamente discutibili, e aleatoria perché un ente potrebbe passare dalla fortunata, ma impossibile al momento da prevedere, situazione in cui rientrando fra gli enti più virtuosi, il rispetto del patto di stabilità richiederebbe solo un saldo finanziario pari a zero e quindi in fase di previsione di bilancio occorrerebbe solo tenere conto del taglio dei trasferimenti statali (nel caso di Bologna di 11,7 milioni) alla situazione opposta prima descritta in cui al taglio di questi trasferimenti andrebbe aggiunto il raggiungimento di saldo obiettivo di importo anche particolarmente elevato, per Bologna circa 60 o forse anche più milioni di euro, a seconda dell’entità dell’aggiustamento che i fortunati enti che hanno vinto la lotteria della virtuosità scaricheranno su tutti gli altri.

Dato l’elevato contenuto di tecnicismo e complessità, questa parte della manovra di ferragosto rischia di rimanere in ombra rispetto ad altri interventi, come il contributo di solidarietà, la cui visibilità e comprensione è molto più immediata. Eppure la sua gravità in termini economici, di equità e di crescita, come si è cercato di evidenziare con riferimento al Comune di Bologna, è molto maggiore e rende necessaria una forte mobilitazione degli enti interessati affinché nel rispetto dei saldi e degli obiettivi di risanamento, da tutti condivisi, si intervenga a modificare radicalmente la normativa prevista.