L’articolo 8 contenuto nella Manovra Finanziaria, prevede che i contratti aziendali e territoriali possano operare anche in deroga alle disposizioni di legge ed alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro. A seguito dell’approvazione del suddetto articolo le intese valide saranno solo quelle sottoscritte a livello aziendale o territoriale da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale; le intese aziendali non potranno in alcun modo andare contro la Costituzione e dovranno rispettare i vincoli imposti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro. I contratti di prossimità potranno disciplinare la trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e le conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro.

Dunque quello che cambia non sono le regole del recesso: per licenziare in un azienda con più di 15 dipendenti servirà sempre la giusta causa o il giustificato motivo di licenziamento. Ma il contratto di prossimità potrebbe stabilire che il lavoratore che è stato licenziato ingiustamente anziché ottenere il reintegro, come è previsto ora, ottenga solo un risarcimento. Gli ultimi emendamenti alla manovra hanno precisato l’impossibilità di derogare alle norme sul licenziamento discriminatorio e a quelle sui congedi matrimoniali e di maternità.

Intorno ai contenuti di quest’articolo si è scatenato un fuoco di sbarramento della CGIL che ha lo scopo principale di terrorizzare i lavoratori dipendenti, alimentando, a sproposito, la preoccupazione che le aziende possano sfruttare tale norma per ricorrere a licenziamenti senza giusta causa, aggirando l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. La Cisl ha invece sottolineato che questo pericolo non esiste perché, come stabilito nell’articolo 8, solo i sindacati maggiormente rappresentativi – in sostanza Cgil, Cisl e Uil – potranno sottoscrivere deroghe a fronte di situazioni eccezionali, in più queste dovranno essere condivise dalle Rsu e votate dai lavoratori. Senza l’approvazione della maggioranza di tutti i soggetti coinvolti le deroghe non saranno valide.  Anche la Uil ha ribadito che: “il testo recepisce i contenuti dell’accordo interconfederale di giugno, che ha lo scopo di evitare la costituzione di sindacati di comodo e di limitare il potere di deroga ai soli sindacati comparativamente più rappresentativi, ribadendo così il principio maggioritario dell’accordo del 28 giugno”.

Per il ministro del lavoro Maurizio Sacconi si tratta di una misura “rivoluzionaria” grazie alla quale “l’Italia ha davvero la possibilità di uscire dal Novecento ideologico» aiutando a far crescere imprese e lavoro nel nostro Paese”. Per la Cgil invece “le modifiche della maggioranza di governo all’articolo 8 indicano la volontà di annullare il contratto collettivo nazionale di lavoro e di cancellare lo Statuto dei lavoratori”.

Quelle della CGIL sono affermazioni prive di fondamento, che creano un ingiustificato allarme fra i lavoratori dipendenti e che hanno uno scopo politico e non sindacale: quello di fare cadere il Governo a prescindere dai contenuti della manovra. Il vero rischio per i lavoratori dipendenti è quello di farsi strumentalizzare da un sindacato- partito che si propone di esasperare le relazioni industriali ed il clima interno alle aziende, che invece dovrebbe essere improntato alla collaborazione costruttiva. L’Italia non ha bisogno di ribellismo, ne’ di conflitti di classe esasperati, ma di interclassismo, sul piano sociale e politico, e di cogestione nelle aziende.

(Fabio Filippi)