Dalla mappa del pizzo ricostruita da Sos Impresa, si vede come in Emilia Romagna vi siano zone di criticità nel quadrilatero Bologna, Modena, Reggio Emilia e Parma e nella costiera romagnola, con circa duemila commercianti vittime di diverse forme estorsive.

LA GEOGRAFIA DELLE DENUNCE

L’esame delle dinamiche estorsive testimonia come il pizzo continua ad essere una pratica diffusa, quanto sommersa, per il concatenarsi di diversi fattori, prima fra tutti quello di un livello di omertà ancora molto alto anche in zone non sospette.

La tipologia del reato non è omogenea su tutto il territorio nazionale e, soprattutto nel settentrione, è forte la presenza di denunce di estorsioni finalizzate all’usura, o casi di truffe denunciate come estorsioni, ovvero estorsioni tentate da singoli (malavitosi, tossicodipendenti, extracomunitari) verso soggetti imprenditoriali e non solo. Sfuggono, purtroppo, a questa classificazione le altre forme estorsive, quali l’imposizione di merce, piuttosto che di manodopera, le dazioni in natura e la sottrazione di beni.

L’analisi dell’andamento delle denunce è quindi un’operazione da condurre con cautela. Inoltre, gli ultimi dati ufficiali, comunicati dal Ministero dell’Interno, suddivisi per provincia, si fermano al 2008 e, dopo questa data, anche per omogeneità di raffronto, abbiamo lavorato su dati ricavati dalle Relazioni semestrali della Direzione Investigativa Antimafia. Questi diversi sistemi di rilevamento rendono problematico effettuare un raffronto con gli anni precedenti, per cui i risultati finali, su cui avviare un ragionamento, debbono essere interpretati nei loro valori tendenziali.

I dati sulle estorsioni commesse nell’anno 2010 segnalano una preoccupante contrazione delle denunce del reato pari a circa il 19% rispetto all’anno precedente. Dato che, tra l’altro, era già in calo rispetto al 2008. I primi sei mesi del 2011 abbiamo una lieve inversione di tendenza anche per l’Emilia Romagna. Il dato numerico di per sé non è indicativo, quello che invece è evidente sono il ritorno ai livelli bassi del 2006, dopo che nel biennio 2007 e 2008 si era registrata una sensibile crescita.

Tale calo delle denunce, sostanzialmente generalizzato, è il dato più preoocupante dell’attuale fase e mette inequivocabilmente in risalto lo scarto notevole fra l’azione delle forze dell’ordine e della magistratura che, evidentemente, non è accompagnato da un uguale sforzo dagli imprenditori. Un elemento questo su cui concordano anche gli organismi inquirenti e su cui sarebbe necessaria un’approfondita riflessione. Anche l’Emilia Romagna segue il trend nazionale, come dimostrano la tabella e i grafici successivi, dove è evidente il crollo del numero delle denunce dal 2008 ad oggi.

IL MERCATO DELL’USURA IN ITALIA

Stimare il mercato dell’usura è quanto mai difficile. Si tratta infatti di un fenomeno fortemente sommerso, su cui si possono indicare solo ordini di grandezza, incrociando diversi criteri: numero delle denunce, operazioni delle forze dell’ordine, ammontare dei sequestri, la cifra media dell’erogato dal Fondo di Solidarietà per le vittime dell’usura, informazioni confidenziali da parte delle vittime.

Sulla base di queste informazioni possiamo presumere che il numero dei commercianti coinvolti in rapporti usurari è sensibilmente aumentato, in quest’ultimo biennio, e oggi possono essere stimati in non meno di 200.000. Inoltre poiché ciascuno, s’indebita con più strozzini le posizioni debitorie possono essere ragionevolmente stimate in oltre 600.000, ma ciò che è più preoccupante è che in almeno 70.000 casi sono con associazioni per delinquere di tipo mafioso finalizzate all’usura. Gli interessi sono ormai stabilizzati oltre il dieci per cento mensile, ma, come detto, cresce il capitale richiesto e gli interessi restituiti.

Nel complesso il tributo pagato dai commercianti ogni anno, a causa di questa lievitazione, si aggira in non meno di venti miliardi di euro. E’ sufficiente guardare l’entità dei sequestri patrimoniali disposti dall’autorità giudiziaria nei confronti degli usurai, per rendersi conto dell’enorme fatturato che ruota intorno a quest’odioso reato. Alle aziende coinvolte vanno aggiunti gli altri piccoli imprenditori, artigiani in primo luogo, ma anche dipendenti pubblici, operai, pensionati, facendo giungere a oltre 600.000 le persone invischiate in patti usurari, cui vanno aggiunte non meno di 15.000 persone immigrate impantanate tra attività parabancarie e usura vera e propria. La cosiddetta usura etnica, infine, è un fenomeno in crescita e colpisce principalmente le comunità filippine, cinesi e sudamericane.

LE DENUNCE

Di fronte a questa situazione e alle stime di Sos Impresa, certamente calcolate per difetto, il numero delle denunce registrate appare veramente risibile. Dal 1996, anno di emanazione della Legge 108, a oggi, assistiamo a un calo sistematico e apparentemente inarrestabile del loro numero. L’analisi delle operazioni antiusura svolte dalle Forze dell’Ordine nell’ultimo triennio, invece, riescono a dare un quadro più verosimile di un fenomeno diffuso su tutto il territorio nazionale.

Dobbiamo sottolineare che arrestati e indagati, nell’ambito delle operazioni antiusura, possono essere perseguiti anche per altri reati connessi all’attività usuraia, come minacce, violenze, esercizio abusivo dell’attività finanziaria ed altro. Inoltre, l’usura è un reato crocevia di altri delitti, cui si accompagna normalmente l’estorsione in primo luogo, ma anche le truffe, la gestione di bische clandestine e comunque del gioco d’azzardo, la prostituzione e lo smercio di stupefacenti.

(Fonte: Rielaborazione Sos Impresa su dati ISTAT)