Secondo Massimo magni, Presidente Confcommercio Finale Emilia, è errato lasciare che le aperture domenicali divengano terreno di conquista del più forte di quella che potrebbe diventare la jungla commerciale, cioè la grande distribuzione.

A questo proposito, Magni dichiara che sia lo stesso Comune ad esprimersi, invitando la Giunta della Regione Emilia Romagna ad attivarsi presso le sedi Istituzionali, al fine di ripristinare il potere normativo delle Regioni in materia di orari e giornate di apertura degli esercizi al dettaglio.

Il Presidente Confcommercio di Finale Emilia, venuto a conoscenza dell’ordine del giorno presentato in vista del Consiglio Comunale di Giovedì 15 marzo in materia di liberalizzazioni del commercio, conta che lo stesso Consiglio si esprima nel senso di tutelare la funzione fondamentale che ricopre il commercio tradizionale per il servizio di distribuzione dei beni nei centri storici, nei quartieri e in particolare nei piccoli centri abitati.

E qui si inserisce anche il nodo dell’occupazione che, a parere di alcuni, sarebbe favorita dalla crescita dei consumi e della grande distribuzione. In effetti l’aggravio dei costi di gestione, indotti dall’apertura sette giorni su sette, porterebbe alla chiusura di piccoli e medi punti vendita. Nei fatti una perdita di occupazione che non potrebbe essere compensata dalla crescita delle grandi strutture, che darebbero lavoro solo a un occupato su tre degli espulsi dalle piccole aziende.

A questo va aggiunto che la funzione di vicinato dei piccoli negozi configurerebbe una perdita secca del prezioso servizio che questi assicurano. In queste condizioni è necessario considerare la necessità di mantenere sul mercato una tipologia di imprese di cui la stessa società civile avvertirebbe la mancanza.

In veste di Associazione di categoria – conclude Massimo Magni – non possiamo come Confcommercio stare a guardare di fronte a prospettive che danneggiano le nostre imprese e assieme a loro i cittadini / consumatori. È chiaro che per il settore del commercio la liberalizzazione arriva semplicemente nel momento sbagliato in quanto non farà certo crescere i consumi, mentre le imprese devono investire in innovazione senza prospettive di rientro in tempi brevi, e quindi rinunciando a parte dei margini.