Venerdì 30 marzo la Gabella di via Roma, Reggio Emilia, ospita la lezione-incontro con Francesco Delzio, giovane manager e autore di importanti pubblicazioni che hanno riscosso particolare attenzione a livello nazionale. L’autore ha coniato cinque anni fa il termine “Generazione Tuareg”, mettendo in guardia il paese dei rischi che poteva correre e in cui si ritrova oggi, e che inizia ad affrontare con cinque anni di ritardo.

I trentenni e quarantenni di oggi si sono formati in un deserto, causato dal rapido e imprevedibile dissolvimento delle certezze che avevano caratterizzato il Novecento. Ed è proprio uno di loro che ha coniato uno slogan: generazione Tuareg, parliamo di Francesco Delzio un giovane scrittore e manager con una brillante carriera già Presidente dei Giovani di Confindustria, ha lavorato anche come dirigente nel Gruppo Piaggio, Autostrade per l’Italia, l’Università Luiss Guido Carli ed è stato selezionato dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America come giovane leader italiano di riferimento ed è stato insignito del premio internazionale Manager 2011 dall’Accademia europea per le relazioni economiche e culturali.

Delzio sarà ospite della Scuola di Etica e Politica della Gabella venerdì 30 marzo alle ore 21 con un incontro aperto al pubblico in cui ci si confronterà sull’attuale situazione italiana, la crisi economica e le possibili risposte per reagire alla crisi e dare speranze alle generazioni che vedono fortemente compromesse le prospettive di benessere e tenuta sociale del paese.

Delzio ha strutturato un percorso per parlare della Generazione Tuareg, che sono coloro che si trovano costretti a vagare in un mare senz’acqua come i nomadi del deserto, privi delle bussole che avevano guidato padri e nonni. Proprio come i Tuareg hanno una sola chance per sopravvivere: affrontare il deserto in gruppo, abbandonando l’iper-individualismo di fine Novecento. Colpita e marginalizzata dalle conseguenze della rivoluzione del ‘68 e della cultura dello spot televisivo, dai mercati dei servizi chiusi alla concorrenza, la Generazione Tuareg può riscattarsi solo costruendo una nuova mappa di valori, un nuovo pensiero comune. Coltivando visioni più ampie del proprio interesse, può rovesciare l’approccio di chi oggi è al potere in Italia. Battendo la “sindrome dell’alieno”: l’idea – straordinariamente diffusa tra dirigenti pubblici e privati, imprenditori, opinion maker, accademici – che le sorti dell’Italia siano qualcosa di altro rispetto ai propri comportamenti, ai propri giudizi, alle proprie ambizioni.

“La prima cosa di cui devono rendersi conto i giovani – spiega Delzio – è che è saltato il patto generazionale di equità che aveva sempre retto. L’esempio più chiaro è la riforma Dini, che ha scaricato il peso della previdenza tutto sui più giovani, quelli che in quel momento hanno iniziato a lavorare e che non avranno mai neppure un pezzetto di pensione retributiva”. Il loro mantenimento quando smetteranno di lavorare sarà misurato sulla massa dei contributi che nella loro vita avranno versato. Ma non è solo un fatto di pensioni, perché tutta la spesa pubblica è diretta verso le generazioni passate e poco o nulla verso i bisogni dei giovani. Che questo condanni il Paese a un declino, Delzìo lo dice, ma non interessa molti, tutti guardano al presente, mai al futuro.