Ieri sera, venerdì 6 aprile, nella sala della biblioteca G. Salvemini di Scandiano è stato il pubblico delle grandi occasioni ad accogliere Antonio Ingroia, magistrato della direzione antimafia di Palermo, che ha presentato il suo ultimo libro “Il labirinto degli dei”. Più di 100 persone, tra le quali tanti giovani, hanno colto l’occasione di approfondimento di un tema sentito, che oggi – anche nell’immaginario collettivo – non appartiene più ad un’unica area regionale del paese, ma è diffuso capillarmente in tutta Italia con modalità e approcci tra i più svariati.

Antonio Ingroia ha accettato l’invito di Scandiano e anche la riflessione del sindaco Alessio Mammi, sulla capacità di penetrazione della mafia in un tessuto sociale e civile sempre più in crisi, depauperato economicamente e nei suoi valori di comunità, ed ha approfondito questo e altri temi, imbeccato dalle puntuali domande dell’assessore alla cultura Giulia Iotti. E il pubblico presente ha fin da subito colto che li, tra le mura della biblioteca, era testimone di un pezzo di storia italiana, raccontato da uno dei suoi protagonisti diretti, collega e amico del giudice Borsellino e di Giovanni Falcone.

Ingroia ha parlato della strutturale evoluzione che ha subito la magistratura italiana dall’inizio dell’epoca repubblicana ad oggi, dei profondi cambiamenti avvenuti negli ultimi decenni grazie ad una nuova generazione di giovani, probabilmente meno influenzati dalla politica e dalle istituzioni e più indipendenti nel proprio lavoro. Una generazione che sa aiutarsi con le tecnologie, conosce con più precisione la situazione internazionale, e lavora con un approccio completamente stravolto: “Io sono di parte – ha detto – ma oggi la magistratura è migliore, ne sono convinto”.

La discussione poi si è spostata sul fenomeno mafioso, che ha completamente perso quei connotati che ne facevano ormai un clichè nazional popolare e oggi si presenta in tutta la sua complessità e capillarizzazione, a colpire indistintamente il nord e il sud del paese, a conoscere meccanismi più complessi della finanza e del mondo economico, e a sovvertire completamente l’ordine delle comunità, attraverso fatti e approcci impensabili fino ad una decina di anni fa. “Oggi gli imprenditori siciliani, grazie al lavoro delle istituzioni, di una cultura civile diffusa, si sentono più coraggiosi e con più strumenti per rifiutarsi di pagare il pizzo – ha ricordato Ingroia – . Al Nord invece è più difficile: c’è un sistema di affiliazione complesso, infido, spesso al limite del legale, e pertanto è difficile capirne la natura e la portata, soprattutto da parte dei cittadini”.

Tante le domande dal pubblico, tra le quali un commento sulla situazione della mafia al Nord, al quale il magistrato ha risposto con molta sincerità, convinto che in molti casi si sia consumata dell’ingenuità, da parte delle istituzioni, nel non comprendere fin da subito quale fosse la portata di pericolosità di certe situazioni: “Soprattutto in Lombardia e Veneto sono venuti alla luce casi nei quali è stato evidente che il tessuto economico e le istituzioni erano impreparate a capire fino in fondo cosa stesse succedendo”. Ingroia ha poi fatto il punto sugli strumenti legislativi e normativi in mano alla magistratura per il contrasto della mafia, denunciando una certa arretratezza nell’impianto italiano, in confronto alle possibilità riscontrate invece nelle normative nazionali. Ha chiuso infine ricordando come la maggior efficacia al contrasto dei fenomeni di stampo mafioso derivi dall’opinione pubblica, dalla cultura dei cittadini e delle comunità, dall’importante lavoro informativo presso le scuole. E’ partendo da una coscienza civile dal “basso” che l’Italia può battere la mafia.