In questi giorni le polemiche relative all’articolo 18 della L.300/70, sono sempre in prima pagina, ma credo che pochi, a parte gli addetti ai lavori, abbiano colto la portata devastante delle modifiche che il disegno di legge della Fornero intende apportare.

Raccontando uno dei tanti casi che quasi quotidianamente approcciamo nei ns. uffici, vorrei provare a far cogliere gli effetti e sopratutto lo spirito demagogico con il quale governo e aziende stanno provando a far passare le modifiche all’art. 18.

Dignity, che ovviamente è un nome di fantasia, lavorava per una grande catena di distribuzione, che chiameremo Etic.

La sua mansione era quella di “addetta riempimento scaffali” veniva svolta con due tipi di contratto diversi: il primo era un contratto a progetto (quindi lavoro autonomo), il secondo, invece, era di tipo subordinato e normalmente definito “a chiamata”.

Le alchimie legislative per cui lo stesso lavoro possa essere svolto contratti diversi, pur sottoposti a orari fissi, a precise indicazioni di dipendenti Etic, sono a me assolutamente inconcepibili; ma non è l’oggetto della discussione di oggi.

Quello degli addetti al riempimento degli scaffali nella grande distribuzione,comunemente chiamati “merchandiser” è un problema che da anni tentiamo di affrontare, senza nessuna risposta concreta.

Ma torniamo a noi. Per effetto della parcellizzazione del processo produttivo, la figura del merchandiser è stata appaltata ad altre piccole società a cui l’articolo 18 non sarà mai applicato per limiti numerici, non superando queste i 15 dipendenti, nel caso del lavoro a chiamata; mentre per le collaborazioni a progetto è comunque inapplicabile, in quanto trattasi, formalmente, di lavoro autonomo.

In questo modo Etic, pur beneficiando effettivamente delle prestazioni di Dignity, ha risolto, per un bel po’ di persone il problema dell’applicazione dell’articolo 18 .

Se a ciò aggiungiamo le recenti norme dell’art. 8 del cosiddetto “Collegato al lavoro” (legge 183/2010) che prevede la tipizzazione dei licenziamenti, ovvero la situazione in cui la contrattazione collettiva, anche con un sindacato creato ad hoc, può definire le motivazioni dei licenziamenti senza giusta causa o giustificato motivo, completiamo un quadro dove l’articolo 18 è rimasto solo come comparsa.

Nonostante quanto detto finora renda evidente come sia strumentale la discussione sui licenziamenti individuali nei termini posti dalla Fornero e da Confindustria, non è ancora tutto.

Si dimentica, infatti, che per licenziare serve un motivo valido, e che questa riforma vuole introdurre la possibilità che, pur in assenza di questo, il lavoratore potrà essere solo risarcito e non reintegrato sul posto di lavoro.

Ma continuiamo la nostra storia.

La lavoratrice Dignity, colta in “atteggiamento sospetto” e subito licenziata da Etic senza verificare se effettivamente avesse o meno commesso anche la nefandezza più immonda, non solo non può più lavorare, ma addirittura non può più entrare nel luogo di lavoro.

A questo aggiungiamo che le due società per le quali Dignity fittiziamente lavora, non le hanno, ad oggi, contestato nessuna infrazione/reato. Se fosse già in vigore la nuova normativa, il fatto di non aver contestato alla lavoratrice le motivazioni del licenziamento, comporterebbe il pagamento di una somma da 12 a 20 mensilità, senza avere la possibilità di ritornare nel proprio posto di lavoro, solo perchè ,nell’effettuare il licenziamento , il datore ha omesso le motivazioni.

Oggi, invece, Dignity, vincendo la causa con Etic, datore di lavoro occulto, potrebbe avere un posto di lavoro a tempo indeterminato , dopo anni di contratti precari anche senza nessuna contribuzione utile per la pensione, la malattia o la maternità, e spesso con pagamenti a 60gg,

Vorrei che il governo nella riforma del lavoro prevedesse in primis incentivi per le aziende che assumono lavoratori di tipo subordinato a tempo indeterminato; vorrei che mettesse fine a molte di queste forme elusive del lavoro subordinato, anziché concentrarsi su un problema, ovvero l’art.18, che non creerà mai occupazione.

L’ultimo pensiero è per l’azienda Etic, il cui nome non è casuale, e questo ennesimo caso dovrebbe far riflettere i responsabili circa i valori che dovrebbero ispirare l’attivita della società, meno Marchionne e più lavoro dignitoso.

Sarà mia cura informare chi ha avuto la pazienza di leggermi sull’esito della scontata causa di lavoro.

(Sindacato atipici Nidil/Cgil Modena)