Con il comunicato stampa congiunto del 25 luglio Hera e AcegasAps hanno annunciato l’approvazione del progetto di aggregazione, una fusione per creare una delle principali multiutility italiane.

Sono stati già fissati i concambi, la governance e le tappe del percorso di fusione, che avrà efficacia dal primo gennaio 2013.

Dal punto di vista finanziario è un’operazione significativa che però non si concilia con gli obiettivi politici dei soggetti pubblici, che detengono la maggioranza del capitale di Hera.
Finora il Sindaco Pighi ha giustamente rispettato l’obbligo di non anticipare informazioni sensibili su una società quotata in Borsa. Nel corso della Commissione convocata per domani, martedì 31 alle ore 18, dovrà però essere molto convincente per dissipare i molteplici dubbi sulle conseguenze che questa fusione avranno sul bilancio del Comune e sulle scelte politiche della Giunta.

A prima vista il rapporto di concambio non pare favorevole: finora il mercato sta penalizzando il cacciatore, Hera, rispetto alla preda, AcegasAps e la quotazione di Hera è scivolata sotto il valore nominale di 1 euro, soglia non solo simbolica soprattutto per le conseguenze negative sul bilancio del Comune.
E non pare neppure positivo l’accordo sulla governance: complessivamente la quota pubblica della società resterà maggioritaria, ma inevitabilmente diminuirà il peso degli Enti Locali modenesi, in particolare del Comune di Modena.

C’è poi da considerare l’aspetto politico. L’accordo sarebbe stata concluso all’insaputa di quasi tutti i soci pubblici: la fusione con Acegas Aps porta Hera ad allontanarsi dal territorio e a inseguire ancor più la finanza.

Addio quindi alla vocazione territoriale e ai principi enunciati nel 2005 in occasione della fusione di Meta in Hera. La fusione tra Hera e Acegas farà della multiutility emiliano romagnola un colosso finanziario più vicino alla dimensione multinazionale, per la presenza anche in Serbia e Bulgaria, rispetto all’azienda che gestisce localmente i servizi idrici, energetici e dei rifiuti in una logica coerente con gli obiettivi politici fissati anche dal referendum popolare del 12 e 13 giugno 2011.
In definitiva nulla di nuovo sotto il sole: una sinistra più interessata alla finanza che alle esigenze dei cittadini e del territorio. I fatti dovrebbero indurre ad una inversione di rotta, perché dimostrano che finora la finanza ha causato gravi perdite al bilancio comunale e servizi meno efficienti e più costosi per i cittadini.

Dante Mazzi, capogruppo PdL in Consiglio provinciale di Modena