La mancanza di lavoro, specie tra i giovani dove il tasso di disoccupazione tra i 15-24 anni è al 23,2% con un tendenziale in crescita, e l’aumento del precariato: gli assunti a tempo indeterminato sono calati del 12% rispetto al 2009, mentre cresce soprattutto il lavoro intermittente; la riduzione del Pil; la famiglia che fatica a mantenere il proprio ruolo di ammortizzatore sociale e si polarizza sull’aumento di due tipologie: da un lato le famiglie con un solo componente o monopersonali e dall’altro ad un aumento delle famiglie numerose; aumento, seppur relativo dell’indice di povertà, che in dieci anni è quasi raddoppiato; chiusura delle imprese (tra il 2008 e il 2013 sono oltre 14mila); crescente frattura generazionale tra giovani e anziani.

Sono queste le principali criticità dell’attuale società emiliano romagnola che emergono dallo studio “Immagini di comunità” presentato questa mattina a Bologna dalla Cisl Emilia Romagna nella sede di via Milazzo. Analisi che verrà distribuita il 22 – 23 aprile all’hotel Dante di Cervia (RA) nell’ambito dell’11°Congresso regionale dell’organizzazione cislina intitolato “I valori del passato. Il cambiamento del presente. Le responsabilità del futuro”.

MANCANZA LAVORO, PRECARIATO E FRATTURA TRA GENERAZIONI. Nel 2012 gli indicatori del mercato del lavoro regionale hanno presentano delle prospettive decisamente poco incoraggianti. Soprattutto è forte l’aumento del tasso di disoccupazione, che è passato dal 3,4% del 2006, ante crisi, al 7,1% del 2012 (con un aumento quindi del 52%). E un dato tendenziale che per il 2013 supera l’8%.

Nell’ultimo anno 27.984 lavoratori si sono trovati nella necessità di utilizzare la cassa integrazione ordinaria (CIGO) e straordinaria (CIGS), mentre 38.832 sono ricorsi all’utilizzo della deroga (comprensivi di 16.528 lavoratori che hanno richiesto ammortizzatori con causale sisma). Di conseguenza, in Emilia Romagna, nel solo 2012, gli ammortizzatori hanno interessato ben 66.816 lavoratori. Inoltre, va considerato che all’interno dei trattamenti di integrazione (+14% il 2012 rispetto al 2011), i lavoratori collocati in lista di mobilità sono stati comunque 27.832 (+10% rispetto all’anno precedente). E come noto il 2013 ci sta consegnando proiezioni in crescita su questo versante, difatti più di 6000 nuove imprese hanno ricorso agli ammortizzatori (fonte Ervet)

Sulla deroga le province maggiormente interessate sono state Modena, Bologna e Reggio, mentre se si guarda la ripartizione settoriale si nota la netta prevalenza manifatturiera delle imprese che ricorrono a questa tipologia di ammortizzatori, con la predominanza netta del settore metalmeccanico.

All’interno di questo quadro perdura la difficoltà dei giovani a trovare lavoro, come conferma il declino dell’assunzione a tempo indeterminato. Difatti, il 2012 ci dice che gli assunti a tempo indeterminato (84.714 nel 2012) sono calati del 12% rispetto al 2009 mentre a crescere è il lavoro intermittente (+49%, per 100.861 unità nei 12 mesi), perfino di più dei rapporti di lavoro somministrato (92.000 unità il flusso 2012). Fenomeni i cui abusi, uniti alla mancanza di lavoro, non fanno altro che ampliare la frattura, già in atto tra generazioni diverse.

FAMIGLIA A RISCHIO E AUMENTO POVERTA’. Crisi, disoccupazione e ridimensionamento dei livelli del welfare stanno mettendo in difficoltà la famiglia emiliano-romagnola, facendole perdere la funzione di ammortizzatore sociale. Infatti, i dati testimoniano una diminuzione progressiva della consistenza della famiglia in regione, che si polarizza sull’aumento di due tipologie: da un lato le famiglie con un solo componente o monopersonali (cresciute in tre anni del 8,94%) e dall’altro ad un aumento delle famiglie numerose (5 o più componenti, +10,23% negli ultimi tre anni).

Se il dato delle famiglie ad un solo componente è almeno in parte riconducibile all’aumento degli anziani che vivono da soli – si pensi che ci sono oltre 300 mila vedove in regione – mentre l’aumento delle famiglie numerose è il riflesso dell’aumento delle famiglie di immigrati, tra le due fasce ciò che desta preoccupazione è il fenomeno della cosiddetta “famiglia lunga”: ovvero di figli adulti che continuano a vivere con la famiglia di origine. Fenomeno che nasconde non poche insidie se si considera che il 12,6% dei figli ha un’età superiore ai 30 anni e le cui cause sovente sono disoccupazione e precariato. A ciò si aggiunga l’aumento della vulnerabilità e della povertà, tanto che in regione le famiglie gravemente deprivate sono passate dal 4% del 2008 al 6,4% del 2011. I dati parlano di 103mila famiglie povere, numero che si traduce in circa 276mila persone sotto la soglia di povertà.

PIL E CHIUSURA AZIENDE. La forte base industriale – manifatturiera (1/3 del valore aggiunto) della struttura economica regionale ha aiutato l’Emilia Romagna, almeno per un periodo, a resistere meglio dagli strali della crisi. Tuttavia, i dati del 2012 evidenziano come sia proseguito il rallentamento dell’attività economica, segno di economia regionale profondamente mutata. Gli unici settori che hanno mostrato segnali incoraggianti sono stati quello dell’agricoltura e dei servizi, profondo rosso invece per manifattura e, in particolare, per l’edilizia. Riduzione del Pil (-2,2% nel 2012 rispetto all’anno precedente e -0,5% la previsione 2013) che ha portato a una drastica chiusura di molte aziende, circa 14mila tra il 2008 e il 2013. Le aziende più grandi sono quelle che si sono difese meglio perché maggiormente in grado di affacciarsi sui mercati esteri, produrre innovazione e quindi sfruttare le potenzialità del mercato globale puntando ad allargare i loro mercati. Le esportazioni infatti hanno potuto riequilibrare almeno in parte, la debolezza della domanda interna.

PROPOSTE. “Una situazione esplosiva – sottolinea Giorgio Graziani, segretario generale della Cisl Emilia Romagna – che istituzioni e forze sociali devono governare con grande senso di responsabilità, ponendo al centro delle proprie politiche, oltre inevitabili decisioni di natura economica, anche scelte indirizzate alla salvaguardia della coesione sociale” e, aggiunge, “per far questo è indispensabile che anche la politica si assuma le proprie responsabilità dando al Paese un Governo stabile”.

E’ da questa premessa del suo massimo dirigente che muovono le mosse alcune proposte della Cisl Emilia Romagna. Difatti Graziani, dopo aver confermato come il “Patto della Crescita”, sottoscritto nel 2011 in Regione, vada nella direzione giusta, sebbene parte della sua efficacia dipenda anche dal quadro nazionale, ribadisce il valore aggiunto della vocazione produttiva – manifatturiera e agricola della nostra regione, testimoniato anche dal dato che l’Emilia Romagna rimane tra le prime 18 in Europa a vocazione industriale (su 350 regioni nell’UE a 27), ha insistito sulla necessità di incrementarne la produttività. Questo è possibile se le parti sociali riconoscono una contrattazione articolata in cui condividere innovazioni organizzative (polivalenza, polifunzionalità, lavoro in team, commissioni congiunte aziende-sindacati sulle forme di partecipazione dei lavoratori all’innovazione e all’organizzazione del lavoro), investimenti tecnologici produttivi, quadro occupazionale e relazioni sindacali”.

Quindi, per il sindacato di via Milazzo, la nostra regione deve provare ad essere laboratorio per un nuovo sistema di relazioni industriali, abbandonando così la vetusta cornice della contrapposizione tra imprese e lavoratori e promuovendo, anche con la mediazione delle istituzioni, sperimentazioni indirizzate al rafforzamento della partecipazione nelle imprese (a cominciare dalle utilities a capitale pubblico). Una cornice in cui ovviamente “si deve cercare di governare più efficacemente le transizioni da lavoro a lavoro, sostenendo con più energia i lavoratori, gli inoccupati e i disoccupati, anche attraverso investimenti in formazione mirata, in una collaborazione sussidiaria tra risorse pubbliche e risorse private”. “Puntare maggiormente sull’apprendistato, così come su una più efficace azione del collocamento, eventualmente anche attraverso un’agenzia regionale e una maggiore sinergia tra le università.

Misure che, secondo la Cisl, possono certamente aiutare a ridurre la frattura tra generazioni che la crisi ha acuito in modo esponenziale. Ma, al di là di questo, l’organizzazione cislina chiede di sperimentare un nuovo ponte generazionale tra lavoratori prossimi alla pensione e giovani. Una forma condivisa e volontaria in cui i lavoratori anziani potrebbero essere accompagnamenti alla pensione con conversione del contratto da tempo pieno a part-time, con la copertura del delta contributivo garantito da risorse pubbliche (come, ad esempio, la Lombardia che ha stanziato tre milioni di euro a sostegno di un accordo Assolombarda – CGIL CISL UIL), e con la conseguente assunzione da parte dell’impresa di un apprendista o un tempo indeterminato. In capo all’azienda resterebbe l’impegno ad erogare attività formative ad hoc per l’inserimento.

Provvedimenti e sperimentazioni che se legati a un riordino istituzionale, alla realizzazione di un federalismo fiscale virtuoso e a una riorganizzazione della macchina pubblica capace di valorizzare competenze e professionalità esistenti, potrebbero favorire l’attrattività per investimenti dall’estero, ancora troppo deficitaria. Un’attrattività che, secondo la Cisl, “potrebbe essere accelerata dalla creazione di un’agenzia unica, uno sportello unico regionale per chi vuole investire in Emilia Romagna e dall’approvazione di una legge regionale specifica (legge sull’Attrattività)”.

In definitiva, è un nuovo modo di fare sindacato quello proposto da Giorgio Graziani. “Un sindacato – sottolinea il dirigente cislino – del presente e del futuro, aperto alla società, promotore di partecipazione nella vita sociale e nelle imprese, capace di governare l’innovazione e rappresentativo”. “Un sindacato che scommette su relazioni industriali come elemento di competitività nel privato e nel pubblico, ma che nello stesso tempo si fa promotore di equità nell’accesso ai servizi e nella redistribuzione del reddito, promotore di coesione sociale”. Ed è proprio la costante ricerca del principio di equità che porta all’ultima delle proposte della Cisl: un welfare a sostegno delle famiglie e dei più deboli.

L’Emilia Romagna si caratterizza nel panorama italiano per uno dei migliori welfare state tra le regioni a statuto ordinario, tuttavia la crisi, la demografia, le difficoltà che stanno vivendo le famiglie e la contrazione della spesa pubblica stanno mettendo a dura prova il sistema. “Oggi – afferma Graziani – proprio per garantire, anche attraverso il welfare, una massiccia dose di equità ad una società troppo squilibrata, è necessario andare verso un diverso ed insostituibile ruolo del “pubblico”. Sistema pubblico che deve agire in chiave sussidiaria e flessibile lungo l’intero arco della filiera del welfare, dalla co-progettazione con i beneficiari delle strategie e delle politiche, fino alla erogazione dei servizi finali”.

Proposte, che vanno dal lavoro al welfare, che, insieme ad altre, verranno inserite tra quelle che il sindacato farà nel prossimo Congresso regionale di Cervia. Un appuntamento a cui la Cisl si presenta con la veste nuova della riorganizzazione territoriale, “ma – sottolinea Giorgio Graziani, segretario generale regionale – non è solo la geografia dei nostri territori a cambiare, il vero cambiamento è nell’ottimizzazione delle risorse umane ed economiche disponibili, nel radicamento sul territorio, nel sostegno della partecipazione dei delegati in azienda. Una rinuncia alla ridondanza di ruoli formali per, con i nostri valori, con le nostre forze, essere esempio di responsabilità e determinazione.”