“Abbiamo cancellato una legge non operativa da tempo e non abbiamo toccato alcun effetto concreto nel promuovere il dialetto”. Così l’assessore regionale alla Cultura Massimo Mezzetti che precisa: “E’ lo strumento (la legge 45/94) che si è pensato di abrogare, in quanto non più operante e applicato, lungi da noi il solo pensare che con questo si elimini l’importanza della valorizzazione dei dialetti come fattore di formazione culturale e identitaria delle comunità e il fondamentale ruolo che istituti e associazioni svolgono in questa direzione”.

L’assessore spiega: “Lo spirito dell’azione di semplificazione che la Regione porta avanti, anche attraverso l’abrogazione di leggi regionali, non deve essere confuso con la rinuncia o l’eliminazione degli obiettivi che le stesse si ponevano. Semmai il tema è quello, come detto, di sottrarre la materia alla ‘natura morta’ di una legge inoperante”.

Nel dettaglio, della tutela dei dialetti si occupa in maniera diretta dal 1995 l’Ibc (con finanziamenti regionali nel 2009 e 2010 di complessivi 100 mila euro) e “l’abrogazione della legge non comporta effetti sul lavoro dell’istituto”, conclude Mezzetti. “Da parte sua, la Regione ha avviato un percorso di riforma normativa sulla cultura – alla luce della riprogettazione delle competenze regionali in riferimento al nuovo assetto delle amministrazioni provinciali – che comprenderà, naturalmente, anche i dialetti”.

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“Inutile tenere in piedi una legge vuota, la riscoperta dei dialetti deve partire dalle scuole. Il dialetto dovrebbe essere materia di insegnamento”. Così la Lega Nord in Regione annuncia il proprio progetto: “Un piano per rilanciare il dialetto dopo aver azzerato l’improduttiva e inutile legge regionale” dicono i consiglieri Stefano Cavalli, Mauro Manfredini, Manes Bernardini e Roberto Corradi, che hanno presentato una risoluzione sul tema.

“Abbiamo votato per la soppressione della legge perché vogliamo riscriverla radicalmente. Bisogna ripartire dagli istituti dei beni culturali, dai teatri dialettali, dalle tante associazioni territoriali che si occupano di studio e promozione dei dialetti, e dalla riscoperta della storia locale. Il dialetto deve entrare nelle scuole, perché senza radici non c’è futuro”. “La legge che la Regione aveva nel suo Bollettino ufficiale – e che convintamente abbiamo contribuito ad abrogare – era uno specchietto per le allodole vuoto di contenuti, e a quanto pare mai finanziato. Fino ad oggi il coinvolgimento delle tante associazioni dialettali è stato pressoché nullo, non abbiamo visto progetti, iniziative, la promozione delle nostre lingue, soprattutto tra i giovani, è stata sterile e improduttiva. La Regione ha mancato una grande occasione che noi, invece, non vogliamo perdere”.

“Bellosi e Galletti – i due studiosi romagnoli di lingue locali che ora lamentano un vuoto normativo – colgano questa come un’occasione per correggere le evidenti storture di una legge che non ha retto alla prova dei fatti. Siamo pronti a dialogare con loro, con la giunta, con l’intero consiglio, con le associazioni e tutti i docenti interessati per riscriverne il testo e renderlo efficace. La condizione imprescindibile è che nel percorso la scuola abbia un ruolo da protagonista”.