donmaurizio“Custodire il futuro: bellezza contro paura” e, dunque, quando la mafia deturpa la nostra terra e mette a repentaglio la nostra salute al centro della quarta mattinata di “Noicontrolemafie”, il festival della legalità promosso dalla Provincia di Reggio Emilia. Ma, soprattutto, a catalizzare l’attenzione degli studenti che hanno gremito il cinema Olimpia – in un gruppo di relatori comunque di grande competenza – è stato don Maurizio Patriciello, il sacerdote di Caivano in prima linea contro i veleni dei roghi a cielo aperto provocati dalla camorra nel Napoletano. Lui – “un esperto di niente” come si è presentato, solo “un semplice sacerdote entrato in seminario a 30 anni per servire Dio e i suoi fratelli, lasciando il lavoro da paramedico, dopo aver dato un passaggio in auto a un frate” – che ha raccontato il dramma delle più povere famiglie napoletane trasferite nei quartieri del post-terremoto. In quella che – a causa dello sversamento illegale da parte della camorra nelle campagne o ai margini delle strade di rifiuti, anche tossici, che vengono poi bruciati – è diventata la tristemente nota ‘Terra dei fuochi’. “Che in realtà è una ‘Terra dei fumi’, perché di fuochi non se ne vedono, noi siamo circondati da nuvole di denso fumo nero…”, ha detto don Maurizio, divenuto l’emblema della ribellione popolare contro questo sfregio non solo ambientale “dopo essermi stancato di celebrare funerali di ragazzini o giovani madri stroncati da tumori e leucemie”.

“Non era il mio compito, ma ho dovuto fare qualcosa”, ha detto spiegando le tante iniziative promosse insieme alle stesse mamme di Caivano per sensibilizzare quelle istituzioni, a partire dal Governo, “che sono responsabili in egual misura di camorra e  industrie dell’avvelenamento della nostra terra e di tante, troppe morti”. L’ultima proprio l’altro giorno, con la lettera-appello firmata da 25 associazioni per sollecitare il Parlamento ad approvare in tempi rapidi il disegno di legge sugli ecoreati, così da “dare ai magistrati le armi per combattere e punire questo crimine odioso, perché inquinare il creato equivale ad ammazzare gli uomini”.

Insieme a don Maurizio, questa mattina – ben coordinati dal capo della pagina di Reggio Emilia del Resto del Carlino, Gigi Manfredi, che ha sottolineato come “anche ai danni dell’ambiente le mafie prosperino e facciano affari, e come la bellezza ci possa veramente salvare” – sono intervenuti  Patrizia Fava, docente del Dipartimento di Scienze della vita dell’Università di Modena e Reggio Emilia, e  Walter Ganapini, direttore generale di Arpa Umbria e membro onorario del Comitato scientifico dell’Agenzia europea Ambiente. Ad aprire la giornata, il saluto del presidente della Provincia Reggio Emilia Giammaria Manghi, che ha ricordato ai ragazzi l’importanza  “di un festival della legalità proprio nella settimana che precede il 25 aprile: queste sono le nuove Resistenze, oggi sono le mafie il nuovo terreno di una lotta che ha bisogno di partigiani attivi, contro le eversioni e infiltrazioni malavitose, perché il nostro territorio è occupato anche da persone che non vogliono il bene della nostra comunità, e i danni ambientali di cui oggi parleremo rappresentano uno dei tanti crimini compiuti a danno del vostro futuro”.

“Perché se si inquinano le falde acquifere nel Meridione, se si inquina la filiera alimentare, i prodotti non restano comunque al Sud, ma finiscono anche sulle vostre tavole”, ha aggiunto il direttore scientifico di Noicontrolemafie, lo studioso delle organizzazioni criminali Antonio Nicaso, sottolineando con rimpianto come anche proprio dal Napoletano “grazie a un grande giurista e filosofo, Gaetano Filangieri, la Costituzione americana abbia attinto per sancire il suo  fondamento centrale, quello della ricerca della felicità”. “Un principio che è nato proprio a Napoli, dove nel Settecento una legge garantiva ai cittadini il diritto di vedere il mare – ha aggiunto – Oggi invece basta girare in qualsiasi città italiana, non solo del Sud, per assistere a ogni genere di scempio, alla cementificazione della coste e a uno sviluppo urbanistico selvaggio. Allora voi ragazzi dove cercare di crescere nella consapevolezza di gestire con cura questo territorio e non farvelo strappare dalle mani da chi cerca solo bruttezza e scempio “.

Sull’importanza della consapevolezza ha insistito anche la docente di UniMoRe Patrizia Fava: “Spesso siamo troppo disattenti a dove lasciamo i nostri rifiuti – ha detto – Il 70% dei rifiuti nel mondo finisce in discarica, anche se tutto contiene energia che può essere riutilizzata, e solo il 19 per cento viene destinato a forme corrette di smaltimento come riciclo e compostaggio”. E il 50% per cento dei rifiuti si stima sia composto da plastica, ha aggiunto Fava citando lo scempio – che ha molto colpito i ragazzi – delle vere e proprie ‘isole di plastica’ (il Pacific Trash Vortex), quegli enormi accumuli di spazzatura galleggiante formatisi a partire dagli anni cinquanta nell’Oceano Pacificio a causa dell’azione delle correnti.

Walter Ganapini, ambientalista reggiano che ha lavorato un po’ in tutta Italia (anche in Campania, in particolare sui laghetti di Castelvolturno, venendo anche minacciato dalla camorra) ha invitato i ragazzi “a pretendere che si cambi il nostro modo di vivere e di consumare, perché purtroppo abbiamo innescato una bomba a tempo e vi stiamo consegnando una terra devastata”. “Anche qui nel Reggiano, perché basta guardare dalla chiesa di Albinea la cappa marrone che copre la Pianura padana a causa dell’inquinamento ed in particolare delle polveri sottili, che sono cancerogene, per rendersene conto – ha detto –  Allora voi dovere pretendere che tutti i discorsi fatti oggi non si fermino qui, ma si traducano in azioni concrete a tutela del nostro territorio, perché purtroppo anche qui dobbiamo fare i conti con un consumo sconvolgente di suolo”.

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