ipaUn principe illuminato, un architetto visionario e un prezioso modello ligneo andato perduto. Una triplice relazione che fa della Carpi artistica, a inizio del Cinquecento, luogo di importanti e pionieristiche elaborazioni teorico-formali. Un territorio che diventa sintesi costruttiva a metà strada tra i più innovativi motivi architettonici padani e quelli provenienti dai cantieri vaticani. Una centralità sorprendente dovuta al passaggio di un artista fondamentale per il Rinascimento maturo, ovvero il toscano Baldassarre Peruzzi, giunto a Carpi per elaborare un’architettura talvolta talmente eterodossa da essere considerata “sconveniente” e “sconcia”.
Questi scenari affronta la mostra Costruire il tempio, allestita presso i Musei di Palazzo dei Pio a Carpi e aperta al pubblico dal 19 settembre al 6 di gennaio 2016.
Curata da Andrea Giordano, Manuela Rossi ed Elena Svalduz – in collaborazione con l’Università degli studi di Padova (Dipartimento dei Beni Culturali e Dipartimento di Ingegneria civile, edile e ambientale) – la mostra attraversa soprattutto le complesse vicende costruttive della Collegiata di Carpi, poi divenuta Cattedrale. E lo fa nell’anno in cui la comunità carpigiana ne festeggia i 500 anni dalla fondazione, voluta da Alberto III Pio.
Nel 1515 venne gettata la prima pietra per quella chiesa principale che il signore di Carpi avrebbe voluto come fondale di una grande piazza, ulteriore manifestazione del suo potere. Educato alla teoria aristotelica della magnificenza, che trovava nell’eleganza e nella potenza architettonica una delle sue massime espressioni, Alberto affidò a Baldassarre Peruzzi la progettazione dell’edificio sacro. Suggestionato dalle vertiginose ed inquiete opere romane dell’architetto e pittore senese, le cui soluzioni prospettico-formali avrebbero segnato uno dei punti più alti dell’arte tardo rinascimentale, il principe lo incaricò di progettare la futura Cattedrale, dedicata alla Madonna Assunta.
Nella primavera del 1515 è documentato l’invio a Carpi di un sontuoso modello ligneo per la nuova Collegiata, realizzato da Peruzzi per i capomastri emiliani. La permanenza in città del manufatto è testimoniata fino al 1642 circa, dopodiché scompaiono le sue tracce. Le cronache e le stampe dell’epoca ne parlano come di un oggetto di straordinaria bellezza, capace di attrarre numerosi viaggiatori.
Il cantiere del duomo si arresta nel 1525, con cupola e transetto già impostati. Riprenderà un secolo dopo, nel 1606, allontanandosi però sempre più dall’illustre modello. Nel 1893 sarà corretta e resa più ortodossa l’eccentrica soluzione del Peruzzi data al pilastro reggi cupola che si sviluppava in alto secondo una doppia curvatura. Questa soluzione, seppur abbandonata, assumeva un ruolo centrale nel curriculum peruzziano, inserendo di diritto l’artista senese nel dibattito post bramantesco sulla struttura a cupola dal San Pietro in poi. Inoltre, ciò permette di collocare l’originario duomo carpigiano in una posizione pionieristica nell’ambito delle ricerche sugli organismi a cupola. Carpi diventa allora per Peruzzi un luogo ideale di formazione e progettazione di opere (Pieve della Sagra, Chiesa S. Nicolò, Portico del grano) che rivelano un’indagine creativa spesso talmente sperimentale per i suoi contemporanei da essere al limite dell’accettabilità.

La mostra Costruire il tempio segna una tappa importante nell’incontro tra opera d’arte e linguaggio digitale. Un incontro che in alcune circostanze risulta indispensabile, se non cruciale, per il recupero visivo di progetti e costruzioni deperite o andate perdute. È il caso del modello architettonico di Baldassarre Peruzzi pensato per il Duomo di Carpi. Elaborato soltanto come manufatto ligneo, tra l’altro andato perduto a metà del Seicento, il progetto peruzziano oggi trova nuovamente forma attraverso l’utilizzo del 3D.
Accanto ai modelli lignei cinquecenteschi, presenti alla mostra in tutta la loro maestosa pesantezza centenaria, sarà possibile visualizzare quello del Peruzzi recuperato attraverso una collaborazione stretta tra storici dell’architettura e ingegneri dell’Università degli studi di Padova coordinati dal professore Andrea Giordano. «La nostra collaborazione con i Musei di Palazzo dei Pio nasce già nel 2012 – spiega il professore Giordano – in occasione di una mostra sulla piazza di Carpi. Grazie ai contenuti documentari filtrati ed elaborati dagli storici dell’architettura è stato possibile ricostruire il modello del Peruzzi in 3D fruibile attraverso realtà aumentata, cioè tablet o iPad». Dunque un incontro inedito e suggestivo tra opera d’arte e fruitore. Quest’ultimo, grazie alla presenza di iPad messi a disposizione dal museo, potrà analizzare in tutte le sue parti e prospettive il progetto peruzziano, orientando a proprio piacimento il dispositivo multi-touch messo a disposizione.
L’intero team è composto da esperti di rilievo, modellazione e rappresentazione dell’architettura – Andrea Giordano, Cosimo Monteleone, Isabella Friso, Federico Panarotto, Paolo Borin, Emanuela Faresin e Maria Rosaria Cundari – e dal gruppo di storici dell’architettura – Elena Svalduz, Gianmario Guidarelli- e di restauro – Damiana Paternò, Università Iuav di Venezia.