7-Luglio-2016-ReRiportare al centro il principio di uguaglianza, proprio di una vera democrazia; contrastare le derive autoritarie e populiste che sempre più incrinano le relazioni sociali; mantenere vivo il ricordo del passato per costruire un futuro più solido.  Sono questi i temi principali dell’intervento del sindaco Luca Vecchi, durante la commemorazione dei Martiri del 7 Luglio 1960, svoltasi questa sera nel 56° anniversario del loro sacrificio.

“Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri e Afro Tondelli: cinque nomi che sono scritti nella storia di Reggio Emilia e che ad ogni 7 luglio, da 56 anni a questa parte, sentiamo il bisogno di ricordare. La loro memoria – ha detto il sindaco – non può essere limitato ad un evento privato, familiare, doloroso: i fatti del 7 luglio 1960 hanno innanzitutto una grande rilevanza locale, nazionale e storica, perché rappresentano ancora oggi un crocevia della storia e della cultura democratica del nostro Paese e delle nostre istituzioni.
Oggi più che mai è attuale non soltanto ricordare quel che accadde in quel tragico giorno, ma chiedersi quale sia l’eredità e il lascito del sacrificio di quei cinque ragazzi. Il 7 luglio consegna ancora una volta al nostro Paese e all’Europa intera uno spunto di riflessione sul rapporto tra democrazia e deriva autoritaria. Un messaggio tutt’altro che anacronistico. Dietro la manifestazione di quel luglio 1976 non possiamo non vedere la voglia spontanea, disinteressata, non violenta, di quei giovani di dare un loro contributo a partire dalle proprie idee e dalla dignità delle persone, la voglia di spingere avanti i confini della democrazia e il pieno riconoscimento dei diritti. Se la qualità della vita nei cinquant’anni anni successivi è riuscita a fare passi avanti è anche perché siamo passati da quei tragici eventi, pagando purtroppo anche un prezzo di sangue.
Oggi, nel 2016, la contemporaneità ci consegna un panorama preoccupante, in cui l’Europa è in difficoltà, al Brennero si evoca la ricostruzione dei muri, e l’Unione costruita a Ventotene rischia di schiantarsi sulla spiaggia di una piccola isola dell’Egeo. Mai avremmo pensato di assistere all’emergere di nuove derive nazionaliste, populiste e autoritarie, capaci a distanza di tanti anni dalla Liberazione, dalla Resistenza e dalla nascita di costituzioni democratiche, di rimettere in discussione i principi fondamentali della convivenza delle nostre comunità.
La riflessione da fare oggi è che la democrazia non basta a sé stessa, ma ha bisogno di essere costruita ogni giorno, di non perdere di vista i principi fondamentali che sono alla base del suo futuro. Primo tra tutti quel principio di uguaglianza, rimosso per troppo tempo quasi fosse un orpello inutile della cultura democratica. Tutto questo mentre la disuguaglianza cresceva, l’ascensore sociale si fermava e le opportunità per chi non era nato nelle giuste condizioni andavano riducendosi. Ma una cultura democratica non può non farsi carico di quel principio di uguaglianza: e proprio questa è la grande lezione che le vicende del 7 luglio riconsegnano anche ai giorni nostri.

Voglio poi fare una riflessione – ha proseguito il sindaco Vecchi – sul senso che le istituzioni hanno in questo giorno di ricordo. Le istituzioni costituiscono l’architrave fondamentale intorno al quale garantire quelle regole e principi di pace e convivenza civile fondamentali all’interno di una società democratica. Le nostre istituzioni hanno saputo fare grandi passi avanti nella misura in cui sono riuscite a farsi carico delle ragioni dei più deboli laddove, in ogni parte d’Italia e del mondo, hanno saputo accompagnare ogni giorno il senso profondo del loro essere con la capacità di fare sentire tutti parte di qualcosa, tenendo insieme autorevolezza e umiltà, riuscendo a essere un esempio per l’intera comunità. La nostra cultura democratica ha bisogno di fermarsi a riflettere, di non dare per scontato che tutto venga da solo, di guardare in faccia la propria storia, che nella nostra città trova nel 7 Luglio le ragioni per andare avanti.
Viviamo un tempo in cui la convivenza civile è talvolta più complicata che in passato, in cui l’imbarbarimento delle relazioni sociali, frutto anche di una profonda crisi economica e sociale, rischia di dare un ulteriore contributo all’instabilità delle istituzioni democratiche. Alcuni giorni fa ho creduto giusto portare una testimonianza di vicinanza e solidarietà agli operai di una piccola fabbrica della città, dove diverse persone rischiano di perdere il loro lavoro perché la proprietà, lontana centinaia di chilometri da Reggio Emilia, ha deciso di delocalizzare. Lì ho trovato quella cordialità e cortesia proprie della cultura del lavoro operaio, di cui talvolta non si parla abbastanza ma che ritengo abbia portato un contributo importante alla costruzione delle democrazia del paese. Quella cordialità e quella cortesia spengono l’odio e portano con sé la capacità di migliorare le relazioni civili di una comunità.

Questa città – ha concluso il sindaco – ha saputo costruire il proprio futuro senza perdere di vista le vicende significative del proprio passato, e quei cinque ragazzi del 7 luglio, in cui lo Stato ha sparato a sé stesso, si inseriscono in un percorso che dall’Antifascismo, dalla Resistenza e dalla lotta di Liberazione, arriva alla nostra Costituzione e ai grandi movimenti democratici successivi, che oggi ci hanno portato fin qui. La consapevolezza di quella storia deve essere il tratto distintivo dell’identità collettiva di una comunità, nella convinzione ferma che per andare avanti non possiamo perdere il filo di quella storia”.

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7-Luglio-2016-Re-2 “Attualizzare il messaggio dei Martiri del 7 luglio e il tema dei corsi e dei ricorsi storici, di cui apprendiamo spesso solo i corsi senza trarre l’insegnamento che si dovrebbe dalla storia che abbiamo vissuto, perché il tema delle libertà è purtroppo ancora da consolidare in tanti angoli del mondo”. E’ uno dei passaggi del discorso del presidente della Provincia di Reggio Emilia, Giammaria Manghi, questa sera in occasione delle celebrazioni dei fatti del 7 luglio 1960. “La libertà di espressione, di opinione, di democrazia – ha proseguito Manghi – Dacca recentemente e prima ancora Istanbul, Bruxelles e Parigi: c’è ancora chi perde la vita in modo immotivato perché si trova in un luogo di aggregazione, a trascorrere il suo tempo libero, oppure perché in viaggio per motivi di lavoro o familiari”. C’è, dunque, un “intimo collegamento a 56 anni dal 7 luglio rispetto al tema delle libertà, allora la libertà di esprimere legittimamente la propria opinione, perché oggi purtroppo c’è ancora chi muore per il suo credo religioso, per come si veste o perché ha espresso una parola che ha infastidito qualcuno, come è capitato recentemente a 9 italiani”. Allora “il sacrificio di Lauro, Ovidio, Emilio, Marino e Afro deve guidarci tuttora nella consapevolezza che ci hanno passato un testimone che dobbiamo tenere ben saldo in un mondo che, drammaticamente,  non ha ancora la maturità  per raccogliere quella eredità”, ha concluso il presidente Manghi ribadendo la “necessità del nostro impegno ad essere oggi qui, anche come istituzioni, per ricordare che quel 7 luglio è ascritto pienamente nella storia antropologica di noi reggiani e di noi italiani”.