serena-carraEsistono, negli organismi viventi, delle proteine dette “da shock termico” o “da stress”, capaci di rallentare il decorso di alcune malattie. La loro azione si esprime a seguito di fenomeni di stress che ne fanno aumentare i livelli e l’azione. Ad approfondire l’efficacia di queste proteine, è lo studio condotto da una giovane ricercatrice rientrata in Italia perché vincitrice del Programma Giovani Ricercatori Rita Levi Montalcini. Si tratta della prof.ssa Serena Carra del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia che studia l’importanza di questi complessi proteici e le loro possibili implicazioni in malattie neurodegenerative e neuromuscolari.

 

La ricerca, avviata dalla docente di Unimore nel 2005 in Canada, si focalizza sulle proteine sHSP dette da “shock termico”. Queste proteine sono espresse non solo nei mammiferi e nell’uomo, ma anche in batteri, lieviti ed organismi vegetali, quali riso e piante, dove svolgono importanti funzioni per difendersi da siccità, aumenti nella concentrazione salina, variazioni di pH, attacchi da parte di agenti patogeni. Nell’uomo la loro funzione serve per proteggere da stress similari quali febbre, infezioni virali, agenti esterni di vario tipo e contro l’aggregazione proteica, che ha un ruolo spesso negativo, in patologie quali la cataratta ed alcune malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica). Le proteine da “shock termico” servono per mantenere l’omeostasi proteica in condizioni fisiologiche, proteggere contro lo stress proteotossico in patologie neurodegenerative e la loro modulazione può avere risvolti terapeutici importanti per l’uomo e ricadute importanti per le coltivazioni.

“Gli studi portati avanti da alcuni colleghi internazionali dimostrano che, aumentando i livelli di espressione delle proteine da “shock termico”, si hanno effetti positivi su patologie cardiovascolari, neuropatie motorie, cataratta congenita, malattie neurodegenerative e su alcuni tipi di tumore – spiega la prof.ssa Serena Carra di Unimore.  Per quel che riguarda l’impiego concreto dei risultati della ricerca, gli ambiti di applicazione sono svariati. Abbiamo riscontrato che le proteine da shock termico aumentano la resistenza allo stress causato, ad esempio, da infezioni o temperature elevate, nelle coltivazioni di riso e grano. Dare impulso a questo settore scientifico può evitare l’utilizzo di pesticidi e contribuire a risolvere il problema della carenza di cibo in varie zone del Pianeta”.

La domanda che sorge spontanea è, naturalmente, quali siano le ricadute che questo avanzamento scientifico potrà avere sull’uomo?

“La sua più immediata applicazione riguarda la cura della cataratta, perché l’efficacia delle proteine da stress è già stata provata a livello sperimentale sui topi – puntualizza la prof.ssa Carra di Unimore – ed abbiamo attirato l’interesse di case farmaceutiche disposte a sviluppare queste proteine. Il nostro obiettivo – conclude la prof.ssa Serena Carra di Unimore – è di confermare su modelli animali complessi i risultati ottenuti finora relativamente alle patologie neurogenerative come la SLA. Le proteine da shock termico riducono gli aggregati di proteine tossiche che portano alla disfunzione dei neuroni e migliorano la vitalità neuronale. I test sono stati effettuati, per ora, solo sui moscerini, ma ci impegneremo a individuare  potenziali approcci utilizzabili in futuro per rallentare la progressione della malattia in modelli animali piu’ complessi, quali il topo ed infine nell’uomo”.

La prof.ssa Serena Carra ha organizzato il suo primo convegno internazionale in Italia dedicato alle proteine da “shock termico”, con il patrocinio dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia e finanziato dalla Cell Stress Society International (CSSI). All’appuntamento si sono riuniti i principali esperti mondiali nel settore delle sHSP al fine di promuovere scambi culturali e collaborazioni scientifiche internazionali che porteranno all’identificazione di metodi ed approcci volti a potenziare le proprietà benefiche di queste proteine dalle scienze agroalimentari a quelle biomediche.

Serena Carra

La prof.ssa Serena Carra, nata a Carpi nel 1973,  si è laureata in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche nel 1998 presso l’Università degli Studi di Modena, riportando il massimo dei voti e la lode ed ha conseguito il Dottorato di Ricerca Internazionale in Neurobiologia presso l’Università di Catania. Dal 2004 al 2007 ha intrapreso un post-dottorato di ricerca in biologia molecolare al Centre de Recherche en cancérologie de l’Hôtel Dieu de Québec, Canada. Dal 2007 al 2009, si è trasferita al Univeristy Medical Center Groningen, nei Paesi Bassi. In questo periodo, la candidata è risultata vincitrice del premio per giovani ricercatori finanziato dalla National Ataxia Fondation americana e del prestigioso Marie Curie International reintegration Grant (FP7). In giugno 2009 è stata promossa a ricercatore e docente universitario in Biologia Molecolare presso la facoltà di Medicina al Univeristy Medical Center Groningen. Nel 2011 è risultata vincitrice del Programma Giovani Ricercatori “Rita Levi Montalcini” in seguito al quale ha stipulato un contratto di ricercatore e successivamente, nel 2015, di Professore Associato in Biologia Molecolare con l’Università di Modena e Reggio Emilia. A Modena prosegue le sue ricerche sullo studio del coinvolgimento delle sHSP in Sclerosi Laterale Amiotrofica e malattie neuromuscolari. La prof.ssa Serena Carra ha all’attivo 39 pubblicazioni a stampa su riviste impattate e di prestigio scientifico internazionale, collaborazioni nazionali ed internazionali. È revisore di articoli per riviste scientifiche internazionali fra cui Nature Communications, Cell Death and Disease, Cell Stress and Chaperones, Neuropathology and Applied Neurobiology e molte altre. È inoltre revisore di progetti di ricerca per diverse istituzioni, fra cui Ataxia UK e the Portuguese Foundation for Science and Technology. La Dott.ssa Carra ha ottenuto finanziamenti dalla Fondazione olandese Prinses Beatrix, dalla comunità europea, dal MIUR, dalla Fondazione Telethon, dalla Fondazione AriSLA, dalla Association française contre les myopathies, dal Ministero della Sanità, dal  Joint Programme – Neurodegenerative Disease Research e dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.