Presentato oggi in conferenza stampa il decimo Osservatorio della Cgil su Economia e Lavoro (OEL) in provincia di Modena relativamente all’anno 2016, realizzato dall’istituto di ricerca Ires Emilia-Romagna.  L’Osservatorio è un originale strumento statistico e di analisi socio-economica che offre una lettura integrata delle principali fonti statistiche e banche dati disponibili relativamente all’anno 2016 (banche dati sindacali e di Istat, Banca d’Italia, Ministero del Lavoro, Inps, Inail, Provincia di Modena, Camera di Commercio Modena e Unioncamere regionale, Regione Emilia-Romagna, Eber, Movimprese, ecc…).

La Cgil lo utilizza come strumento di lettura e interpretazione dei fenomeni economico-sociali della nostra provincia: andamento dei settori produttivi, condizione e qualità del mercato del lavoro, mutamenti demografici, sostenibilità rispetto ai servizi e alla qualità del vivere.

L’OEL ci presenta delle tendenze congiunturali positive per il settore manifatturiero, ma l’economia del territorio mostra risultati complessivi e strutturali che mantengono ancora elementi di incertezza sulla ripresa economica.
Ad esempio, il settore ceramico che ha mostrato nel 2016 i segnali di crescita più consistenti potrebbe essere rallentato dalle politiche protezionistiche che gli Stati Uniti stanno annunciando con forza.

Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, che nel 2016, nonostante la leggera ripresa economica, hanno subìto un’impennata, la Cgil è preoccupata sulle prospettive future in quanto la riforma degli ammortizzatori attuata dal Governo riduce la possibilità di utilizzo di tutti gli strumenti, sia conservativi che difensivi – Cigo, Cigs e Deroga – sia nella durata, che nelle causali. Inoltre dal 2017 è stata eliminata anche la mobilità utilizzata in passato per tutelare il reddito dei lavoratori nelle tante crisi aziendali della nostra provincia.

Inoltre, il dato occupazionale che presenta un +20% del lavoro non dipendente e la contrazione di -0,2% del lavoro dipendente, dimostra a nostro avviso che l’incremento occupazionale è legato non al lavoro autonomo, ma all’utilizzo sproporzionato e all’abuso dei voucher nella nostra provincia, creando, di conseguenza, una percezione errata e distorta della realtà occupazionale del nostro territorio, che perde lavoro di qualità per aumentare invece quello fortemente precario.

Ciò conferma la fondatezza della campagna referendaria della Cgil per l’abolizione dei voucher e il bisogno della riconquista di uno Statuto dei Lavoratori per restituire diritti e dignità al lavoro. Per questo la Cgil rimane impegnata a sostegno della legge di iniziativa popolare sulla Carta dei Diritti, sulla quale ha raccolto l’anno scorso 3 milioni di firme e che è già stata incardinata alla Camera.

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L’economia in movimento

I risultati ottenuti nel 2015 hanno restituito un quadro incerto dell’economia modenese per via di una ridotta disponibilità all’investimento da parte del settore privato, condizionato dalla debolezza del mercato interno e dalla difficoltà a stabilizzare la presenza sui mercati internazionali.

Il mercato del lavoro è stato sollecitato dagli strumenti di flessibilità introdotti a livello nazionale e ha risposto con un uso spasmodico di tutte le flessibilità possibili. Particolarmente accentuato è stato l’uso dei voucher, al di sopra della media regionale, e oltre anche i limiti accettabili di utilizzo nei settori industriali.

Le attese per il 2016 erano di maggiore consolidamento occupazionale e di ripresa delle strategie di rafforzamento strutturale dell’economia del territorio, anche grazie al fatto che le politiche per l’innovazione e una maggiore tranquillità sotto il profilo della domanda dovrebbero garantire condizioni di maggiore certezza e favorire le politiche di accumulazione.

Il decimo rapporto dell’Osservatorio dell’Economia e del Lavoro della provincia di Modena cerca specificamente di verificare se tali attese hanno trovato conferma oppure sono andate deluse.

 

Stasi demografica

Il territorio provinciale ha stabilizzato la propria popolazione fra il 2014 e l’inizio del 2016 sui 702.481 abitanti, un livello inferiore a quello precedente al 2012. Nelle aree colpite dal sisma, il distretto di Mirandola continua a perdere residenti, mentre in quello di Carpi l’andamento demografico è stabile. Lo stesso succede in pressoché tutti gli altri distretti con l’esclusione del Frignano, dove continua l’emorragia demografica, e Castelfranco, dove aumenta costantemente la popolazione.

I tassi di crescita sono comunque molto bassi e ancora non paragonabili a quelli vicini all’1% degli anni compresi fra il 2008 e il 2011. Sono in particolare i residenti di origine straniera che hanno mostrato la maggiore volatilità nella stabilizzazione della residenza e che nel corso degli ultimi due anni hanno evidenziato una riduzione della propria presenza. Fra il 2012 e il 2014 si è evidenziata una dinamica cedente della presenza di stranieri di oltre 3.400 unità, e anche nel 2016 il dato mostra una contrazione di 1.050 unità.

I dati demografici mostrano una forte contrazione delle presenze di persone delle comunità più numerose delle aree africane (Africa settentrionale, -4,1% Africa occidentale -3,4%) e dell’America Latina (-1,2%), a vantaggio della crescita delle comunità asiatiche (sia cinesi, sia indo-pachistane) e delle persone dell’Unione Europea (Polonia e Romania in particolare, +2,6%) a scapito delle persone provenienti da altri paesi europei (Ucraina, Federazione Russa e Albania -1,4%).

In sostanza rimane fondamentale l’immigrazione di persone per finalità di lavoro, mentre si mantiene in linea con la dinamica della popolazione autoctona la formazione locale di persone di origine straniera.

Nel complesso si produce un invecchiamento della popolazione e un incremento dei livelli di dipendenza strutturale, che generano sempre maggiori esigenze di servizi sociali a sostegno della popolazione residente.

Il secondo aspetto rilevante di questa dinamica è l’invecchiamento costante del mercato del lavoro locale. Nonostante sia inferiore alla media regionale, il trend di invecchiamento dei lavoratori è particolarmente accentuato tanto che anche nel 2015 le classi di età comprese fra i 20 e i 35 anni hanno subito un decremento medio del 4%, andando ad intensificare un fenomeno che dal 2001 ha visto ridursi i lavoratori giovani presenti sul mercato del lavoro locale di circa il 27%.

 

Produttività, investimenti e prospettive di mercato: la ricerca dell’equilibrio virtuoso

Nonostante nel 2016 si riaffaccino andamenti positivi di fatturato industriale, l’andamento del settore commerciale e della produzione edilizia evidenziano che le nubi che sovrastano l’economia del territorio modenese non sono ancora sparite.

Le imprese manifatturiere della provincia di Modena hanno chiuso l’anno 2016 con una produzione in crescita.

Il bilancio complessivo dell’anno 2016 mostra un incremento produttivo medio del +2,6%, il più alto degli ultimi cinque anni. Anche il fatturato è cresciuto, ad un ritmo del +3% in media d’anno. Si tratta comunque di un quadro differenziato, dove il settore ceramico e l’agroalimentare sono andati meglio rispetto al meccanico e al settore moda.

Per quanto riguarda il settore delle costruzioni gli andamenti complessivi del 2016 si sono attestati su valori negativi sia per quel che riguarda il fatturato, sia per quel che riguarda la produzione complessiva del settore. Va sottolineato che queste performance, seppur più deboli rispetto al 2015, lasciano pensare che il settore abbia iniziato una cauta riscossa.

Il settore che ha mostrato le performance congiunturali più incerte è il settore del commercio al dettaglio, dove l’andamento congiunturale delle vendite ha evidenziato una timida ripresa ad inizio anno per poi ridiscendere a livelli negativi nella parte centrale e nell’ultimo trimestre dell’anno. Complessivamente, a fine 2016 il settore è tornato sui livelli mediocri del 2013 e del 2014. Ciò significa che il mercato interno continua a mostrare segni di debolezza e che la crescita della domanda interna è ancora troppo lenta e fragile.

La produttività dei fattori si conferma bassa in diversi settori dell’economia.

Nel corso degli anni fra il 2004 e il 2016 la produttività è diminuita dello 0,2%, contro un incremento del 2,5% registrato in regione. Le performance peggiori sotto questo profilo riguardano agricoltura e costruzioni.

L’aver coltivato una specializzazione industriale ha portato alla crescita della produttività nel settore manifatturiero, al di sopra di quello regionale, tuttavia è dal 2012 che il tasso di crescita della produttività dell’economia modenese è molto inferiore a quello medio dell’intera regione.

I dati relativi alla capacità di accumulazione testimoniano una ripresa degli investimenti nelle imprese della regione nel 2016: in provincia di Modena nell’industria ben il 65% delle imprese ha investito nel 2016, nell’artigianato tale valore scende al 48% e ancora più basso nel commercio al dettaglio (44%). E’ il settore manifatturiero quello a cui l’economia provinciale si affida per il proprio rilancio economico e occupazionale.

La dinamica degli investimenti risente delle condizioni di cautela che le imprese accordano alla ripresa dei mercati. La domanda interna non è ancora solida e i mercati internazionali sono meno dinamici di quanto ci si potesse attendere.

Gli effetti dell’andamento della produttività e degli investimenti agiscono nel lungo periodo sulla competitività sui mercati internazionali.

Come già il 2015 anche il 2016 si conferma un anno in crescita per le esportazioni modenesi. La variazione media annua (+2,2%) con un aumento di 262 milioni di euro porta l’export del 2016 a superare per la prima volta i 12 miliardi di euro, con un incremento del 10,5% rispetto ai valori del 2008.

Per quanto riguarda i settori merceologici, sono il settore ceramico, che conferma il trend del 2015 (+7,9%), e l’agroalimentare (+3,6%) a sostenere l’export territoriale. Si registra invece una battuta d’arresto per il biomedicale (-4,4%) e le macchine e apparecchi meccanici (- 1,7%). Nel complesso i risultati meno lusinghieri sono proprio quelli dei settori di maggiore impatto e specializzazione del territorio, secondo una linea di tendenza già evidenziata negli anni passati.

 

Occupazione e flessibilità: nuove strade per un vecchio dilemma

Nonostante la ripresa degli investimenti e le performance congiunturali positive per il settore manifatturiero, l’economia del territorio mostra risultati complessivi e strutturali che non permettono di trarre conclusioni definitivamente positive sulla ripresa economica.

Gli occupati complessivi sono in forte crescita (+4,4%) nel 2016 rispetto al 2015, per effetto di dinamiche generali che hanno investito un po’ tutti i settori, con la drammatica eccezione delle costruzioni (-15%), sia sotto il profilo settoriale, sia sotto il profilo dell’inquadramento professionale.

Dal punto di vista settoriale ad incrementi significativi di agricoltura (+11%), e commercio (14%), si affiancano il settore manifatturiero (+1,3%) e il settore dei servizi (+6%).

Dal punto di vista dell’inquadramento professionale invece è da rilevare che la crescita dell’occupazione si caratterizza per una consistente crescita degli occupati con rapporto di lavoro non dipendente (+20,0%) e di una contrazione (-0,2%) dei lavoratori dipendenti. Questo fenomeno è in controtendenza rispetto alla performance regionale, dove i lavoratori dipendenti aumentano del 1,9%, mentre i lavoratori non dipendenti aumentano del 4,6%. Nel 2016 gli occupati dipendenti sono ridotti ulteriormente a 233.760 unità, mentre i non dipendenti sono balzati a 81.299.

A differenza di quanto accaduto nel 2015 la crescita degli occupati nel 2016 ha beneficiato anche la componente femminile della forza lavoro (cresciuta di oltre 7.000 unità), mentre quella maschile è aumentata di quasi 6.000 unità.

L’andamento della disoccupazione è stata di nuovo in forte contrazione nel 2016 rispetto al 2015 (in valore assoluto si tratta di circa 1.900 disoccupati in meno) e in questo caso la dinamica è andata a tutto vantaggio della componente maschile (quasi 2.000 disoccupati in meno contro circa 100 disoccupati in più di sesso femminile). Il tasso di disoccupazione territoriale si attesta al 6,6%.

I tassi di occupazione in crescita riguardano praticamente tutte le classi di età attive nel mercato del lavoro, ma con particolare enfasi per le classi dai 18 ai 34 anni per le quali si registra una crescita calcolabile attorno al 7%.

Naturalmente questo effetto sull’offerta di lavoro ha caratteristiche legate alla partecipazione al mercato del lavoro, e Modena evidenzia un tasso di attività complessivo (73,8%) superiore alla media regionale (73,6%), mostrando così un forte recupero rispetto agli ultimi tre anni.

Le migliori performance sul piano occupazionale non trovano riscontro nelle dinamiche del ricorso agli ammortizzatori sociali.

Il trend del ricorso alla cassa integrazione ha subito un’impennata a fine 2016, su un livello che si colloca attorno ai 13,3 milioni di ore complessive (9,2 milioni di ore di straordinaria, 3 milioni di ordinaria e 1 milione di cassa in deroga), che sono il 33% in più del 2015 e si collocano su livelli comparabili a quelli del 2014. In linea generale sono circa 13.000 i lavoratori equivalenti interessati da cassa integrazione, a testimonianza della persistenza delle incertezze strutturali e anche congiunturali che colpiscono le imprese e i lavoratori.

Il mercato del lavoro, pur con i significativi e per certi versi straordinari risultati emersi nel 2016, rimane comunque ancora esposto ad una alta volatilità sia per effetto delle difficoltà ancora consistenti che stanno affrontando le piccole e piccolissime imprese, spesso escluse dai circuiti del mercato globale, sia per la persistente debolezza del mercato interno e le incertezze dei mercati internazionali che colpiscono alcuni dei settori forti dell’economia provinciale.

I timori, a suo tempo espressi dalle parti sociali, di un effetto negativo di rimbalzo nel momento in cui fossero venuti meno gli incentivi hanno trovato parziale conferma nel ritorno al consolidato modello di avviamento al lavoro sperimentato dal territorio, in cui la modalità più frequentata dai datori di lavoro per l’avviamento di nuovi rapporti di lavoro rimane il contratto a tempo determinato che da solo esaurisce oltre il 52% delle forme contrattuali rilevate nel 2016. Il dato positivo è che negli avviamenti del 2016 è aumentato il peso degli assunti delle classi di età più giovani, i quali rispetto al 2015 sono passati dal 12% al 15% del totale in media.

Si tratta di un passo verso quel rinnovamento del capitale umano territoriale che serve all’innovazione e che aveva caratterizzato il passato glorioso dell’economia modenese.

Sempre in tema di forme di contratto di lavoro flessibile a Modena sono stati venduti nel 2016 oltre 2.900.000 voucher (erano 1,7 milioni nel 2015). Per ogni occupato in provincia di Modena sono distribuiti 9,13 voucher, contro un uso pari a 7,68 voucher per occupato in regione: una diffusione del 19% superiore rispetto al territorio regionale.

In regione i voucher trovano particolare diffusione nelle aree economiche più segnate da turismo e stagionalità, mentre fra le economie a maggiore vocazione produttiva quella di Modena spicca per frequenza e diffusione di questo strumento: una ragione in più per rivedere le caratteristiche e le modalità di utilizzo di uno strumento di grande successo, ma molto controverso.