L’ufficio Salute e sicurezza sul lavoro della Cgil di Modena richiama l’attenzione su un fenomeno spesso sottovalutato che è quello del licenziamento illegittimo per superamento del periodo massimo di assenza dal lavoro per malattia (cosiddetto comporto), quando tale malattia, in tutto o in parte, sia riconducibile ad un lavoro nocivo e quindi al mancato rispetto da parte del datore di lavoro delle norme di salute e sicurezza (D.lgs. 81/08).

Infatti – spiega il sindacato con una nota – quasi tutti i contratti di lavoro prevedono che sia conservato il posto di lavoro in caso di assenza per malattia, ma non per un tempo indefinito, bensì per un periodo determinato superato il quale, è possibile per il datore di lavoro procedere al licenziamento.

Normalmente i contratti di lavoro, prevedono l’assenza per malattia per un periodo indicativo di circa un anno, fruibile anche in periodi frazionati, negli ultimi 3 anni di lavoro. Superato questo periodo (comporto), il datore di lavoro è legittimato a licenziare il lavoratore.

In casi di grave malattia, il lavoratore potrà comunque beneficiare, se ne sussistono i presupposti amministrativi e sanitari, di forme di sostegno e di welfare, quali l’assegno d’invalidità Inps o nei casi più gravi il pensionamento anticipato per inabilità.

Quindi se per malattie gravi e prolungate legate, ad esempio, ad incidenti stradali, malattie croniche metaboliche, ecc… il licenziamento è purtroppo legittimo, la stessa cosa non si può dire se la malattia prolungata, e quindi il superamento del periodo di conservazione del posto di lavoro, è imputabile al lavoro svolto.
Ad esempio, se un lavoratore è stato licenziato per essersi assentato a lungo a causa di lombalgie ricorrenti e successivi interventi di ernia discale, nonché recidive della stessa, occorre valutare se questa ernia sia legata al tipo di lavoro svolto e alla nocività dell’ambiente di lavoro.

Bisogna pertanto valutare se la pavimentazione su cui circolava il carrello elevatore utilizzato in azienda era priva di buche, avvallamenti o protuberanze, perché in tal caso gli scuotimenti subiti dalla colonna vertebrale, sarebbero la vera causa della patologia e il datore di lavoro sarebbe responsabile della mancata messa a norma della pavimentazione.

In tal caso, il licenziamento per prolungata malattia è impugnabile in quanto illegittimo. Diversi sono stati in tal senso i pronunciamenti della Corte di Cassazione, sin dal lontano 2004 con la sentenza capo-fila n.7730/20004. Sarebbe infatti assurdo che il lavoratore colpito da patologia causata dal mancato rispetto delle norme sulla sicurezza sul lavoro, oltre ad essersi ammalato, subisse anche il licenziamento per essersi assentato troppo a lungo.

La Cgil invita quindi tutti i lavoratori che stiano per superare il periodo di comporto a rivolgersi ai propri uffici per avere adeguata tutela. Le tutele possibili sono di tre tipi.
Insieme al funzionario sindacale e al dipartimento Salute e Sicurezza della Cgil viene fatta una valutazione dell’eventuale violazione delle norme da parte del datore di lavoro. Se tale violazione si è tradotta in un danno alla salute e in una conseguente lunga astensione dal lavoro,  il licenziamento è illegittimo e quindi impugnabile.

In seconda istanza, il patronato Inca Cgil procederà ad effettuare una valutazione sanitaria e previdenziale delle possibili richieste di invalidità, compresa la denuncia di malattia professionale all’Inail per ottenere l’indennizzo per il danno alla salute patito (danno biologico). In caso di riconoscimento da parte dell’Inail della domanda di malattia professionale, i giorni di malattia si trasformerebbero automaticamente in giorni di infortunio/malattia professionale, e quindi decadrebbe anche il presupposto del licenziamento, che diventa nullo.

In ultima istanza, la pratica sarà presa in carico anche dall’ufficio Risarcimento Danni della Cgil per ottenere direttamente dal datore di lavoro il risarcimento per i danni alla salute non compresi nell’indennizzo già liquidato dall’Inail, ovvero: danni fisici, danno estetico, danno morale, ossia tutte quelle forme di danno che limitano la personalità dell’individuo (e che non sono strettamente riconducibili alla capacità di produrre reddito), oltre alle spese sostenute in seguito alla patologia denunciata. Inoltre – conclude la nota della Cgil – l’ufficio Risarcimento Danni fornisce, se necessaria, assistenza legale al lavoratore.