Da sempre Paolo Rumiz scrive e racconta di viaggi, tesse storie di cammini. Alcuni anni fa la sua strada incrocia quella di Igor Coretti-Kuret, direttore di un’orchestra unica, straordinaria: l’Esyo, l’European Spirit Youth of Orchestra, composta da ragazzi dai tredici ai vent’anni che cambiano ogni anno e poi proseguono il loro percorso professionale; arrivano da tutta Europa, e in particolare dalla Polonia, dalla Bosnia, dall’Ucraina. Agli 82 elementi che formano l’Esyo Rumiz ha voluto aggiungere la sua voce, affiancarla con le sue storie per il progetto “Tamburi di Pace 2.1”, concerto che lo scorso anno ha attraversato tutta l’Italia.

Rumiz, giornalista per “la Repubblica” e “Il Piccolo” di Trieste, presenta domenica 4 febbraio alle 17.30 al BPER Forum Monzani il suo nuovo libro “La Regina del Silenzio” (ed. La Nave di Teseo): per questo evento ha voluto con sè il maestro Igor Coretti-Kuret, il pianista serbo Marko Bodanovic e la giovane violinista Aleksandra Latinovic, di soli 16 anni, che eseguiranno alcuni brani live citati nel romanzo. Lo scopo è quello di regalare al pubblico una serata sulla forza dell’arte e del coraggio, sull’importanza di credere nel proprio talento, contro ogni forma di violenza.

Il libro – suddiviso in 20 capitoli, tutti accompagnati da un consiglio musicale da Wagner a Beethoven, da Stravinskij a Grieg – è dedicato all’amico musicista triestino Alfredo Lacosegliaz, scomparso un anno fa, l’artista che anticipò l’interesse per la musica balcanica e le contaminazioni con i suoni che venivano dall’Oriente: su di lui e il suo codino grigio è modellato uno dei protagonisti della storia, il bardo Tahir, discendente di un popolo guerriero che canta la nostalgia e con la sua tambùriza seduce uomini e animali. Il malvagio re Urdal scende da Nord, invade col suo esercito la pianura dei Burjaki e proibisce loro ogni forma di musica. Con tre mostri – Antrax, Uter e Saraton – terrorizza la popolazione. Eco, il mago dai lunghi capelli bianchi che suscita i suoni della terra, viene fatto prigioniero e nella terra dei Burjaki cala il silenzio assoluto. Mila, la figlia del valoroso cavaliere Vadim, ha il dono innato della musica e cresce ascoltando la melodia della natura. Con il suono della sua voce sfida il divieto di Urdal e decide di cercare il bardo la Tahir, l’uomo che le ha insegnato il canto, per guidare insieme la battaglia più importante, nel nome della musica e della libertà.

 

Aleksandra Latinovic, 16 anni, primo violino dell’orchestra ESYO, nata in un paesino serbo sconosciuto, fino a cinque anni quasi non parla. Poi, un giorno, vede il fratello suonare quello che diverrà il suo strumento, balbetta “voglio imparare anch’io”, e si rivela bravissima. Scoperta, nel 2016, dal maestro Igor Coretti Kuret, in occasione delle audizioni, che ogni anno si svolgono nei vari paesi d’Europa. Alle selezioni, svolte a Belgrado, suona “Nigun” da “Baal SHem” di Ernest Bloch e “Caprice basque” di Pablo de Sarasate, due pezzi di bravura, senza il minimo narcisismo, con una semplicità che strega gli ascoltatori. Trasfonde sulle corde del violino ciò che fino ad allora non ha espresso con le corde vocali. Parla attraverso di esso. Si trasferisce a Belgrado, dalla nonna, per seguire i corsi al conservatorio che potrebbe finire quest’anno, per iscriversi all’accademia di musica “Hans Eisler” di Berlino, se si troveranno i mezzi per sostenere lo studio all’estero. Il Maestro Kuret, ci crede e si sta impegnado a sensibilzzare ed a convicnere i possibili sostenitori, ad aiutare questo meraviglioso talento musicale, a diventare quello che le è stato predestinato. Aleksandra Latinovic, quando suona, parla con il suo violino e il mondo si ferma ad ascoltarla e quasi cessa di esistere.

Paolo Rumiz, giornalista e scrittore italiano, inviato speciale del “Piccolo” di Trieste, quindi editorialista di “La Repubblica”, ha seguito gli eventi politici che a partire dagli anni Ottanta hanno prodotto profonde trasformazioni nell’area balcanica, pubblicando a seguito di questa esperienza il reportage Maschere per un massacro (1996), e successivamente ha documentato gli eventi bellici verificatisi in Afghanistan dal 2001. Appassionato viaggiatore di viaggi lenti e consapevoli, effettuati a piedi o con mezzi di fortuna, indagatore delle terre di confine e dei luoghi dimenticati, ha percorso itinerari sconosciuti al turismo di massa, soprattutto nell’Est europeo, nel profondo Nordest italiano, lungo il fiume Po. Di questo girovagare animato da ideali minimi e chiari, e degli incontri che ne sono derivati con un mondo di personaggi autentici e di territori strani e meravigliosi, ha dato conto con uno stile asciutto e fotografico, che non si compiace mai di sé stesso ma tende a restituire con immediatezza e semplicità il vissuto, in numerosi libri, tra cui occorre citare almeno: Danubio. Storie di una nuova Europa (1990); La leggenda dei monti naviganti (2007); Tre uomini in bicicletta (con F. Altan, 2008); L’Italia in seconda classe (2009); Trans Europa Express (2012); Morimondo (2013); Come cavalli che dormono in piedi (2014); entrambi nel 2015, La cotogna di Istanbul. Ballata per tre uomini e una donna (da leggere soltanto ad alta voce) e Il Ciclope; Appia (2016); La regina del silenzio (2017).