Se consideriamo i consumi reali (cioè riferiti alla parte edibile dell’animale) e non quelli apparenti è un etto circa, la carne che i modenesi mettono nel piatto ogni giorno, a pranzo o a cena. Nessun consumo eccessivo e nessun stile di vita insalubre dunque, in un territorio in cui il consumo medesimo è parte di tradizione e cultura. Contrariamente a quanto, ogni tanto affiora, con denunce, appelli, o allarmi di salute a rischio. È quanto emerge dall’indagine condotta da FIESA-Confesercenti Modena e Assomacellerie, tra una cinquantina di macellerie associate, rispetto alle vendite settimanale e alle tipologie acquistate dai consumatori.

I consumi di carne nel mondo e in Italia. Quello della carne è un consumo ovviamente differenziato per specie. Il consumo di carne bovina ad esempio (fonte FAOSTAT, 2016). è stato sostanzialmente stabile negli ultimi 20 anni, mentre nello stesso arco temporale, sono pressoché raddoppiati i consumi di carne avicola. Per quanto riguarda la distribuzione per paese, emergono sostanziali differenze. Il consumo apparente più elevato tra i vari continenti è quello che si registra nei Paesi del Nord America. I Paesi asiatici invece, risultano quelli con valore più basso, anche se in crescita netta a partire dalla fine degli anni ’80. Le regioni europee si collocano sotto il Nord America. Per quanto riguarda l’Italia, uno studio condotto da DOXA rispetto alle evoluzioni in ambito alimentare, ha messo in luce un consumo inferiore alla media mondiale di proteine di origine animale, e quindi anche di carne. Quando si parla di consumi è utile però, fare una distinzione tra quelli reali e quelli apparenti. Questo perché il consumo reale è pari al 55% di quello apparente, facendo quest’ultimo riferimento solo alla parte edibile dell’animale. Quello apparente, invece, considera il peso dell’intera carcassa, quindi è improprio utilizzare questo come parametro di riferimento quando si parla di consumo di carne. Gli ultimi dati FAO per l’Italia, infatti, stimano un valore di consumo reale è pari a circa 96 grammi. Se poi si entra nel dettaglio dei differenti consumi, ad esempio quello bovino, nel 2015 è stato stimato tra i 10 e gli 11 kg pro capite annuali, lontano dal valore apparente su cui si sono sviluppati tutti i ragionamenti di eccesso di consumi, che è pari a 19,2 kg (CENSIS, 2016).

Vendite e consumi su Modena e territorio. È la carne bovina la tipologia principale ad essere scelta dai modenesi al momento di fare acquisti. Seguita dalle carni bianche, pollame in genere di tutti i tipi e quindi quella suina. Chiaramente si parla di fresco. Se guardiamo agli acquisti in percentuale il 47% del venduto sono tagli di carne bovina, non solo pregiata (fiorentina o filetto per intenderci), seguita da quella avicola, in crescita (28%, si va dai petti, alle cosce, fino ai polli interi). Chiude il suino (25% circa) tra braciole, salsicce e anche salumi. A livello provinciale siamo intorno ad un dato medio di vendita pari a 929 kg a settimana.

Carne e salute. Si tratta dunque di consumi nel complesso esigui, e la domanda a questo punto, potrebbe essere “perché così poco?” Stando al parere dei macellai modenesi monitorati, alcune cause potrebbero essere ricondotte a scelte di tipo sensoriali e/o nutrizionali, altre proprio relative del prodotto carne e legate a ragioni quindi di carattere ambientale, salutistico, etico, o religioso. Focalizzandoci sulle prime due, spesso si è sentito parlare del legame tra carni rosse e tumori, e tra carne e insostenibilità ambientale. Va detto che la relazione tra patologie e consumi moderati non è attualmente dimostrabile. L’aspetto ambientale (tema recente che viene affrontato quando si parla di carne e salumi) risulta controverso. Se si considerano infatti le ridotte porzioni settimanali consigliate dai nutrizionisti, si vede come gli impatti ambientali di carne e salumi non siano poi così alti. Quindi secondo i macellai interrogati da Assomacellerie FIESA-Confesercenti, i presunti problemi legati alla salute o legati all’ambiente, non vengono comunicati ai consumatori nella giusta maniera creando allarmismi e inducendo di fatto una riduzione dei consumi di questi prodotti. Mentre va sottolineato, invece, che la carne è ricca di proteine ad alto valore biologico, sali minerali e vitamine. Inoltre, il ferro della carne rossa è più facilmente assimilabile rispetto alle forme presenti nei vegetali. Non a caso la Dieta Mediterranea, inserisce nella parte superiore della piramide carne e salumi. E autorevoli centri di ricerca raccomandano il consumo di carne non in quantità eccessive.

“Quanto continua ripetersi in modo costante tra rischi per la salute o altro alla luce di queste percentuali di consumo, rappresenta solo un esempio lampante di come un’errata comunicazione abbia convinto i consumatori che la carne in generale e in particolare quella rossa possa rappresentare un pericolo per la salute e per l’ambiente. Di fronte ad una situazione di questo genere, occorre precisare che le problematiche sono differenti e interessano due diversi ambiti: esiste un problema comunicativo che diffonde nella popolazione falsi miti e inutili allarmismi con importanti ripercussioni su alcuni settori, e un problema di individui non abbastanza informati e consapevoli e, quindi, non in grado di discernere le informazioni che gli vengono veicolate. In questo contesto strumenti come etichettatura e tracciabilità, soprattutto quella volontaria, possono avere un ruolo centrale. Principalmente riducono il livello di false informazioni sul mercato e allo stesso tempo aumentando il livello di conoscenza del consumatore possono aiutarlo a fare scelte più informate e consapevoli. Infine, un livello di informazione adeguato nella popolazione può essere di aiuto nella comprensione delle notizie e nella verifica della loro veridicità”, conclude Assomacellerie FIESA Modena.