Per costruire un impero ci vogliono strade su cui spostare uomini, eserciti, merci; per governarlo bisogna attrezzarle con stazioni di sosta dove ufficiali, dignitari, portatori di ordini e dispacci possano riposare, rifocillarsi, accudire gli animali da trasporto, riparare i veicoli danneggiati e ripartire con la massima rapidità.

Lo sapevano bene i Romani che punteggiarono la fitta rete stradale con un cospicuo numero di mansiones o mutationes, aree di sosta a servizi differenziati –una sorta di moderni autogrill- ben note ai viaggiatori grazie a una serie di strumenti paragonabili alle odierne carte Michelin.

Una di queste mansiones è stata recentemente trovata alla periferia occidentale di Castelfranco Emilia –la romana Forum Gallorum-, una struttura rimasta attiva per circa sei secoli, dalla realizzazione della via Aemilia, su cui si affaccia, alla caduta dell’Impero Romano, alla fine del V secolo.

Ad essa è dedicata la mostra curata da Sara Campagnari, Francesca Foroni e Diana Neri  “Una sosta lungo la via Emilia, tra selve e paludi. La mansio di Forum Gallorum a Castelfranco Emilia” che prenderà il via al Museo Civico Archeologico “A. C. Simonini” il 13 aprile 2019.

L’esposizione offre l’occasione non solo per presentare una scoperta eccezionale per le diverse fasi strutturali e i tanti reperti di grande valore storico rinvenuti ma anche per aprire una finestra sul mondo delle strutture a servizio della viabilità di epoca romana, per molti  versi ancora poco studiato.

La mansio rinvenuta a Castelfranco Emilia è un caso da manuale: stazione di sosta affacciata su una strada consolare, ubicata a poca distanza ma comunque fuori dal centro abitato di Forum Gallorum (posizione tipica delle stazioni di sosta relative allavehiculatio, il servizio di trasporto statale), non troppo lontana dal fiume Panaro. Un edificio complesso formato da più corpi di fabbrica con diverse destinazioni d’uso, costruito attorno a un grande cortile scoperto su cui si affacciavano i diversi ambienti, le stalle, i depositi, i locali di servizio, le camere spesso dotate di focolari autonomi e un’area di cucina comune.

Gli archeologi hanno ricostruito l’intera sequenza insediativa di questa mansio usata ininterrottamente dall’inizio del II sec.a.C. al V sec.d.C, che mostra una significativa ristrutturazione in età augustea –in concomitanza con la riorganizzazione del cursus publicus operata da Ottaviano Augusto- e che raggiunge la massima estensione (mq 1076,70) nella seconda metà del I sec. d.C. con l’aggiunta di un cortile e un nuovo corpo di fabbrica.

Gli scavi ci dicono che l’edificio veniva rifatto in media ogni cento anni senza però mutare la configurazione degli ambienti, segno evidente che la mansio era perfettamente adeguata alle esigenze che avevano portato alla sua costruzione.

Quello che invece cambiava sempre era la configurazione e posizione delle infrastrutture poste tra l’edificio e la via Emilia, canali e condotte necessarie al drenaggio della carreggiata che vengono continuamente spostate, allargate e strutturate.

Oltre a mappe e installazioni multimediali, la mostra espone 163 reperti che danno conto di come, a dispetto della apparente semplicità delle strutture rinvenute, il tenore di vita degli abitanti della mansio e degli ospiti temporanei fosse di tutto rispetto: suppellettile da mensa di elevata qualità, vasellame in vetro e un raro esemplare coppa in ceramica invetriata. Ulteriore elemento a conferma di un luogo di sosta bene inserito nel vivace contesto commerciale è il cospicuo quantitativo di anfore presenti nell’edificio, così come nel territorio di Forum Gallorum, sin dalle prime fasi repubblicane.

La presenza di una mansio a Forum Gallorum è confermata dalla Tabula Peutingeriana che, con l’Anonimo Ravennate, costituisce la principale testimonianza dell’esistenza del vicus, posto in un importante snodo itinerario e che permane anche in epoca medievale.

Le fonti letterarie ci forniscono un ulteriore indizio a favore dell’esistenza di una struttura ricettiva già bene organizzata nel I sec. a.C. Nel passo di Appiano sulla battaglia di Forum Gallorum si narra che Antonio, dopo avere combattuto contro il console Irzio, si fosse ritirato vicino al campo di battaglia “senza alcun trinceramento”. Vista la natura impervia dei luoghi e il momento del conflitto (la primavera del 43 a.C.) non è possibile che Antonio abbia trovato una sistemazione per la notte in un edificio già qualificato da tempo come stazione di sosta ben strutturata e in posizione funzionale a una rapida mobilità?

E non potrebbe derivare dalla vittoria del giovane Ottaviano su Antonio la denominazione di Victoriolae con cui sembra registrata sull’Itinerarium Burdigalense?

Con la fine dell’Impero Romano il complesso cade in disuso e diventa oggetto di uno smantellamento sistematico. Qualcosa però rinasce in un momento imprecisato del tardo Medioevo quando il sito è nuovamente occupato in maniera stabile da un edificio di dimensioni più ridotte: la sua struttura farebbe pensare a una funzione di accoglienza, confrontabile con il non lontano ospitale di San Bartolomeo a Spilamberto, fondato entro il 1162 e legato all’Abbazia di Nonantola. Perché allora non pensare che possa avere ereditato la funzionalità romana per portarla fino alle soglie dell’età moderna, assolvendo la propria vocazione all’ospitalità non per ragioni politiche ma di fede?

Il catalogo scientifico “Una sosta lungo la via Emilia, tra selve e paludi. La mansio di Forum Gallorum a Castelfranco Emilia” a cura di Sara Campagnari, Francesca Foroni e Diana Neri contiene la pubblicazione integrale dello scavo e del materiale rinvenuto. E’ il volume 12 della DEA, Documenti ed Evidenze di Archeologia, collana della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara

La mostra è promossa da Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara e dal Comune di Castelfranco Emilia in collaborazione con Università degli Studi di Bologna, Università di Modena e Reggio Emilia, IBC Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna e Associazione culturale museale Forum Gallorum.

Altre info su http://www.archeobologna.beniculturali.it/mostre/castelfranco_mostra_2019.htm