Delle 5.200 domande di reddito di cittadinanza fatte sinora dai cittadini modenesi, una gran parte (oltre 3.600) è passata dai Centri di assistenza fiscale.
Quasi 1.100 domande sono state trattate dagli uffici di Modena e provincia del Caf della Cgil, pari circa a 1/3 delle domande presentate tramite i Caf.

Nonostante le condizioni di incertezza legate alla tardiva firma della convenzione con l’Inps, il Caf Cgil sta gestendo le richieste delle persone che si rivolgono ai propri uffici sia per le pratiche Isee (documento indispensabile per la domanda) che per le domande stesse.

“Da un primo esame delle domande – spiega una nota di Cgil e del Caf Cgil Modena – il profilo dei richiedenti è rappresentato per la maggior parte da persone ultra 50enni espulsi dal mercato del lavoro, il cui profilo assomiglia molto a quello degli esodati.

Si tratta spesso di persone con gravi difficoltà psico-fisiche e/o con profili professionali molto fragili e quindi difficilmente collocabili sul mercato del lavoro.
Per questo motivo si rafforza la valutazione della Cgil sul reddito di cittadinanza come strumento principalmente di sostegno alla povertà e alla fragilità sociale, e non di inserimento attivo al lavoro. Proprio per questo avrebbe dovuto essere gestito in modo più proficuo attraverso la rete degli assistenti sociali sul territorio come accadeva per il Rei (reddito di inclusione).
Una volta accettata la domanda del reddito di cittadinanza, per queste persone si dovrebbe aprire il percorso, non dell’avvio al lavoro, ma del patto per l’inclusione che prevede un pacchetto fino a 16 ore alla settimana di prestazione volontaria presso le amministrazioni pubbliche per progetti utili alla collettività. Percorsi che però le amministrazioni pubbliche non sono in grado di organizzare almeno per tutto il 2019 per carenza di personale che possa sovrintendere a questi percorsi.

I numeri sulle domande del reddito di cittadinanza ci dicono che anche in una provincia ricca come quella di Modena il contrasto alla povertà è un problema rilevante (siamo la seconda provincia per domande dopo Bologna), frutto di una crisi economica che ha portato a molte espulsioni dal mercato del lavoro e di una di modifica della legislazione che ha impoverito gli ammortizzatori sociali, lasciando sole le persone.
La lotta alla povertà è sicuramente una priorità, ma lo strumento messo in atto rischia di non centrare i bisogni di queste persone, non riuscendo a fare una proposta lavorativa coerente con i loro profili che necessiterebbero di maggior sostegno sociale e di percorsi mirati per l’inserimento lavorativo”, conclude Cgil Modena.