I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Bologna, al termine di un’attività finalizzata al contrasto del sommerso di lavoro, hanno contestato a una società per azioni con sede in Imola, esercente l’attività di fabbricazione di imballaggi in legno, l’evasione di circa 2.000.000 di euro di IVA. Le attività di controllo, più in dettaglio, sono state avviate a seguito di un’analisi del tessuto economico della provincia da cui è emersa la tendenza di molte imprese, operanti soprattutto nei settori produttivi cosiddetti “labour intensive”, ad “esternalizzare” intere fasi del ciclo produttivo affidandosi a soggetti terzi, attraverso la sottoscrizione di contratti di prestazione di servizio.

L’attenzione delle fiamme gialle, in particolare, si è concentrata sulla società imolese in quanto presentava delle anomalie connesse al possibile ricorso all’appalto non genuino. Gli accertamenti svolti dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria confermavano i sospetti iniziali dal momento che si appurava come l’azienda in questione avesse stipulato, tra il 2014 ed il 2018, con tre società della provincia di Caserta dei contratti di appalto relativi all’esecuzione di prestazioni di servizi ma che in realtà celavano dei casi di somministrazione illecita di manodopera.

In sostanza, grazie tale stratagemma, la SPA aveva integrato il personale interno, dimostratosi insufficiente per lo svolgimento delle proprie attività d’impresa, con altro personale posto formalmente alle dipendenze di società terze che, non essendo autorizzate all’esercizio della somministrazione di forza lavoro, hanno messo a disposizione la manodopera necessaria attraverso la stipula di contratti di appalto non genuini. Molteplici sono stati gli elementi probatori raccolti in tale senso, dal momento che le aziende appaltatrici non risultavano disporre dei mezzi e delle strutture necessarie per l’adempimento dell’obbligazione mentre la direzione del personale restava di fatto in capo alla società bolognese, che ne gestiva l’organizzazione quotidiana del lavoro. Ciò ha determinato degli indebiti vantaggi economici per il soggetto felsineo, che oltre a non farsi carico degli oneri contributi dei lavoratori (circa 60 unità per ciascun anno d’imposta), ha potuto beneficiare irregolarmente della detrazione dell’IVA, pari a circa due milioni di euro, derivante dalle fatture emesse dalle società casertane in forza dei contratti di appalto e della deduzione ai fini dell’IRAP dei costi sostenuti, cosa che, nel caso in cui fosse stato stipulato un regolare contratto di somministrazione, non sarebbe stata possibile.