Apprendiamo da notizie di stampa dell’accordo tra Confindustria Emilia e alcune scuole della nostra regione, tra le quali l’IIS “Corni” di Modena volto a favorire l’ingresso in azienda di studenti del 4° e 5° con un percorso misto di formazione a scuola e di formazione lavorativa presso aziende del territorio con un contratto di apprendistato.
Lo strumento è utile: permette agli studenti di conoscere la realtà aziendale e poter raggiungere l’obiettivo del diploma anche attraverso una parte di attività  lavorativa svolta in azienda. Si tratta di un modello che richiama il sistema duale praticato all’estero, in particolare in Germania, e utilizzato anche in altre realtà dell’Emilia Romagna.

Tuttavia, a differenza di quanto accade altrove, questo accordo ha dei fortissimi limiti rispetto ai contenuti e rispetto al metodo.
Leggiamo infatti che per il periodo di formazione trascorso in azienda, gli studenti riceveranno una “retribuzione” pari al 10% di quella dovuta con un contratto di apprendistato.
Il contratto di apprendistato prevede una retribuzione mensile che mediamente oscilla tra gli 800 e i 1000 euro, ne deriva che gli studenti coinvolti si troveranno a percepire tra gli 80 e i 100 euro al mese (circa 50 centesimi all’ora): non ci sembra che si tratti di retribuzione, quanto più che altro di una mancia. E anche piuttosto misera.
Il risultato non cambia neppure in seguito all’eventuale proroga per le ulteriori settimane (almeno cinque) di attività lavorativa con una retribuzione (compresa tra il 65 e il 70% di quella di riferimento spettante per il livello di inquadramento) di gran lunga inferiore a quella che spetta ad un apprendista.

Questo conferma le critiche della Flc e della Cgil ad un impianto normativo (Jobs Act e Buona Scuola) che consideriamo profondamente sbagliato e che evidentemente produce modelli distorti di inserimento nel mondo del lavoro.

Spiace anche dover rilevare come questi accordi siano basati su un modello che pare abbia un’impostazione fortissimamente aziendalista.
Non può essere l’azienda che si sostituisce alla scuola nel ruolo, fondamentale, di formare il cittadino prima ancora che il lavoratore. L’azienda può e deve dare una formazione di tipo pratico e operativo. Ma lì deve terminare il suo ruolo.
Inoltre, quando si entra in fabbrica o in un qualsiasi altro luogo di lavoro, ci si entra da cittadini, con un sistema complesso e articolato di regole, di diritti e di tutele, di rappresentanza democratica: riteniamo che anche questo sia un elemento importante e fondamentale sul quale vada fatta la necessaria formazione e su cui possono e devono avere sicuramente un ruolo le Organizzazioni Sindacali che, altrove, sono state parte integrante di accordi di questo tipo.
A Modena invece si è scelto di fare senza. E i risultati ci sembrano decisamente carenti.

Per questi motivi riteniamo che, se da un lato questo strumento possa avere una indubbia utilità, i contenuti e il metodo utilizzati lo impoveriscono e lo depotenziano, anche a causa del mancato coinvolgimento delle organizzazioni sindacali che avrebbero contribuito a riequilibrare gli effetti di uno strumento che si basa su una concezione del rapporto scuola-lavoro per noi sbagliato.
Con queste modalità di fatto le aziende coinvolte avranno l’opportunità di portarsi in casa ragazzi giovani, con una buona formazione, ma di fatto senza pagarli e senza dire loro nulla rispetto al sistema delle regole democratiche di funzionamento di un’azienda, di diritti e di tutele.
La scuola, dal canto suo impoverita da una serie di tagli che hanno fortissimamente ridotto la parte laboratoriale e quindi con strutture vecchie e obsolete, arranca e deve farsi di fatto sostituire dall’impresa.
In questo modo però qualcuno ci guadagna e ne trae profitto, anche solo in prospettiva.
Qualcun altro, il lavoratore/studente, invece fa un salto indietro nel tempo e da apprendista rischia di ritrovarsi semplice garzone di bottega.

(Daniele Dieci Cgil Modena – Claudio Riso Flc Cgil Modena)