Dopo il grande successo dello scorso anno e che ha visto oltre 1.300 visitatori approfittare dell’apertura straordinaria di Palazzo Brusati Bonasi, per condividere questo piccolo gioiello storico e architettonico situato proprio nel cuore di Carpi, la Fondazione CR Carpi ne replica l’apertura il primo weekend di ottobre, e vi aggiunge la possibilità di visitare la Chiesa Santa Maria delle Grazie, detta San Rocco (auditorium), per far conoscere la singolare storia anche di questo anomalo tempio.

Entrambi gli edifici, di proprietà della Fondazione, non sono solitamente accessibili al pubblico o meta di visite guidate, perché sede di uffici (Palazzo Brusati Bonasi) o aperti solo in occasione di eventi (San Rocco). Sabato 5 e domenica 6 ottobre, sarà invece possibile addentrarsi in entrambi per due intere giornate, dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.00, con visite guidate, il tutto gratuitamente.

Si potrà cioè vagare sia tra la storia del palazzo dalle tante “origini” che in quella della chiesa che ha visto per ben tre volte la posa della sua prima pietra. Due percorsi condurranno i visitatori attraverso il passato stratificato di luoghi i cui segreti verranno svelati anche attraverso aneddoti. Al termine della visita presso Palazzo Brusati Bonasi che, rispetto alla scorsa edizione, espone nuovi cimeli, foto d’epoca e antichi documenti, sarà inoltre possibile scegliere un libro in omaggio della collana editoriale della Fondazione tra i titoli a disposizione.

“Con l’iniziativa Invito a Palazzo 2019 vogliamo rendere accessibile la conoscenza di due luoghi nel cuore del centro storico, dei quali non ci s’immagina la ricchezza di storia e di bellezza custodite – sottolinea il presidente della Fondazione CR Carpi, Corrado Faglioni. Apriamo le porte dei nostri edifici così come abbiamo aperto e intensificato il rapporto di ascolto e di scambio con territorio. Oltre alla doppia apertura con visite conoscitive sulla storia dei due edifici, a Pazzo Brusati Bonasi rispetto allo scorso anno, sono in mostra anche vari cimeli, fotografie e ricordi emersi dall’archivio storico della ex cassa – continua il presidente Faglioni. E poiché le cose positive vanno replicate, anche per questa edizione ci avvarremo di guide speciali, protagonisti d’eccezione saranno ancora una volta i preparati studenti dell’istituto Meucci a indirizzo turistico, apprezzatissimi lo scorso anno, i quali sulla base degli studi condotti dal professore Alfonso Garuti, riveleranno a tutti i visitatori le tante curiosità di questi due luoghi”.

Il primo, in via Duomo 1, dimora signorile di nobili e potenti casati tra la fine del ‘400 e la fine del’800, banca durante i primi anni del ‘900, ha alloggiato la Casa del Fascio locale tra gli anni ‘30 e ’40 e l’Esattoria comunale nel dopoguerra, finché un attento restauro, che lo ha riportato alla sua dimensione interna ottocentesca nella parte Bonasi e dei primi del novecento nella parte Brusati, lo ha consegnato a sede della Fondazione CR Carpi. Di stampo rinascimentale, alla disomogeneità delle facciate esterne, contrappone l’uniformità delle sale interne del piano nobile, caratterizzate da volte settecentesche adornate da bassorilievi e affreschi risalenti al maturo ecclettismo ottocentesco, oltre a un suggestivo e maestoso affresco liberty nella volta del salone centrale, eseguito durante i primi del ‘900.

E il secondo, invia San Rocco 1, tempio di stampo cinquecentesco caratterizzato da un’assai travagliata origine, formalizzata già da Alberto III Pio signore di Carpi, nel lontano 1495, si presenta oggi nella sua veste settecentesca. A una facciata rimasta grezza per ricevere decorazioni mai realizzate contrappone un interno ricco di stucchi e ornamenti d’impianto scenografico, teatrale, architettonico e naturalistico, di abilità e fantasia inusuali con bizzarria di scorci e finte incorniciature. La stessa zona presbiteriale echeggia una quinta teatrale dalla quale s’impone la monumentale ancona in legno dorato del 1646 che in origine accoglieva la tela del San Rocco in carcere assistito dall’angelo di Guido Reni venduta nel 1751 a Francesco III d’Este per la Galleria ducale dov’è tutt’ora conservata.