Sono 41 i soci fondatori che hanno “battezzato” venerdì 11 ottobre il progetto della Mela Rosa Romana con la presentazione dell’associazione che si è tenuta a Vergato. I soci, che si sono dotati anche di un logo raffigurante appunto la mela rosa romana dell’Appennino bolognese, sono ristoratori, commercianti, agricoltori, docenti, appassionati di ambiente e storia dell’Appennino, accomunati da un intento: promuovere questo frutto antico e con esso i territori che lo ospitano. Presidente è stato nominato Dario Mingarelli, mentre Cesare Colzi farà da segretario e Antonio Contini Carboni da tesoriere. Tutti hanno voluto ricordare l’impegno dello scomparso Pietro Vicinelli, precursore delle iniziative per rilanciare la mela dell’Appennino.

Da tempo l’Università di Bologna, per merito soprattutto del professor Silviero Sansavini, sta evidenziando con studi e ricerche le straordinarie proprietà di questo frutto tipico della collina e della montagna bolognese, coltivato da secoli (il nome è legato al fatto che era noto già agli antichi romani). Grazie ai polifenoli contenuti, questa mela ha proprietà antiossidanti, antinfiammatorie, neuroprotettive. Oltre a essere croccante e succosa, tanto da prestarsi bene a essere spremuta o cotta per produrre dolci e marmellate, la mela rosa romana ha poi una straordinaria capacità di preservarsi: può resistere infatti oltre 6 mesi fuori dal frigo rimanendo perfettamente commestibile e gustosa. A tal proposito domenica 20 ottobre alle 15 l’associazione ha organizzato la “disfida delle mele”: 10 diverse proprietà di mele saranno stivate e conservate in una cantina, un ambiente naturale di conservazione. A primavera saranno riaperte per verificarne lo stato, e tra i promotori c’è l’assoluta certezza che la mela rosa romana vincerà il confronto.

Ne è convinto uno dei sostenitori della mela rosa romana, il commerciante e agricoltore Antonio Contini Carboni, che sottolinea come da frutto a rischio di estinzione la mela rosa romana stia vivendo un momento di forte rilancio, che l’associazione si prefigge di sostenere: «In tre anni ho contribuito a piantare oltre 4300 piante in giro per l’Appennino. Si parla tanto di risparmio energetico, la mela rosa romana si conserva per mesi fuori dal frigo, per non parlare della bontà del succo. L’anno scorso ho venduto 1400 succhi di mela da 3 litri, segno che il mercato c’è, bisogna valorizzarlo. D’altronde le nostre mamme dicevano, per riprenderci quando ci comportavamo male: accidenti a chi ti ha dato la mela cotta, come per biasimarsi di aver cresciuto in salute dei figli così poco riconoscenti».

Il progetto vuole non esclude poi di estendersi alla valorizzazione di grani antichi, castagne e altri prodotti agricoli dell’Appennino, senza trascurare l’aspetto turistico. Gli alberi di mela rosa romana sono infatti spesso antichi e bellissimi: Contini racconta come, spostandosi in Appennino per lavoro, si sia reso conto che la presenza di un albero era quasi sempre indice di ricchezza: vicino alle ville più belle c’era sempre un albero di queste mele.

Dopo aver promosso la mela anche durante l’ultima edizione della fiera “Sana” a Bologna i promotori terranno un convegno sabato 19 ottobre alle 17 a Castel di Casio. Il titolo è “”La mela rosa romana e il tartufo nella nuova economia di montagna” sarà moderato dallo storico Renzo Zagnoni e parteciperanno Marco Degli Esposti, direttore generale dell’Università di Bologna, il professore emerito Silviero Sansavini, il presidente del GAL Tiberio Rabboni, l’allevatore Mario Bondioli, l’ingegner Marco Moraro dell’Unione Micologica Romana e per l’Associazione Mela Rosa Romana Antonio Contini Carboni.