L’Italia è tra i paesi europei a maggiore prevalenza da HCV, malattia che oggi è possibile ben trattare con farmaci ben tollerati e sempre più efficaci. “Nella sola regione Emilia-Romagna sono stati effettuati oltre 14mila trattamenti – afferma la Professoressa Gabriella Verucchi. – I primi erano rivolti a pazienti con malattia avanzata, ma dal maggio 2017 è stato possibile intervenire su tutti i pazienti, indipendentemente dal grado di fibrosi. Nell’anno 2019, dati aggiornati ad agosto, in Emilia Romagna sono stati effettuati oltre 2400 terapie e ben 471 presso l’azienda ospedaliera universitaria S. Orsola di Bologna”.

IL “PROBLEMA SOMMERSO” – Il problema attuale in Italia è rappresentato dal cosiddetto “sommerso”. Nell’ambito di questa ricerca, particolare rilievo riveste il trattamento delle cosiddette popolazioni speciali, che rappresentano il target più difficile da raggiungere e per essere individuato occorre una stretta collaborazione tra le strutture territoriali, i Servizi per le Dipendenza (SerD), le carceri, i MMG e i centri prescrittori.

Stando alla relazione al Parlamento del 2018, i SerD nel 2017 hanno avuto in carico 129.945 assistiti (si stima che i consumatori non in carico siano il doppio); solo 23.437 (18.8%) sono stati testati per HCV di cui 9313 (39.7%) soggetti sono risultati positivi

“Nella nostra regione – aggiunge la Professoressa Verucchi – il 70% è stato testato e ben il 43.6% è risultato positivo. In particolare, nella città di Bologna, nel 2017, il 72% è stato testato almeno una volta e quasi il 47% è risultato positivo”.

QUATTRO APPUNTAMENTI PER FARE IL PUNTO A LIVELLO NAZIONALE – Si conclude oggi a Torino il progetto “HCV: Be Fast, Be Different”, promosso da Abbvie, all’Hotel DoubleTree by Hilton Turin. L’iniziativa segue i meeting tenutisi in precedenza in primavera a Matera e Roma e in settembre a Milano. Quattro iniziative di alto valore scientifico rivolte agli specialisti infettivologi, epatologi e internisti, per coordinare l’attività e individuare i pazienti che non sanno o non si sono ancora sottoposti alla terapia gratuita per eliminare il virus HCV, una terapia della durata di poche settimane, per bocca, non tossica senza effetti collaterali per eliminare definitivamente la minaccia del virus dell’Epatite C e tornare a vivere liberi dall’incubo di possibili complicanze.

I DATI NAZIONALI – Sono 193.815, secondo gli ultimi dati dell’AIFA – Agenzia Italiana del Farmaco, (aggiornati al 7 ottobre), i trattamenti finora avviati, solo pazienti eleggibili, con almeno una scheda di Dispensazione farmaco. Numeri importanti, ma non ancora sufficienti: risultano infatti ancora da trattare, tra quelli con virus conclamato, fra 60mila e i 120mila pazienti stimati. Si stima, inoltre, che siano ancora oltre 200mila le persone stimate con virus ignare della propria condizione.

“Potremmo essere arrivati a metà del lavoro – spiega Alessia Ciancio, Gastroenterologo Professore Associato Università di Torino e Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza – ma si stima ci siano almeno altri 200mila infetti ignari della propria condizione. Tra questi, però, ci potrebbero essere anche persone che sono risultate positive agli anticorpi, quindi già guarite o trattate. Inoltre, probabilmente, a questi pazienti vanno aggiunti quelli che non presentano fattori di rischio o per cui l’HCV non è mai stata diagnosticata. I principali indagati restano i cosiddetti pazienti “difficili” le cosiddette Key population : si tratta di soggetti tossicodipendenti, o detenuti, o che si sono sottoposti in passato a procedure particolari. Il vero problema è la popolazione generale”.

“Il personale scientifico è pronto – conclude la Prof.ssa Ciancio, coordinatrice del format proposto per gli specialisti – ma mancano le istituzioni, sia a livello regionale che nazionale. Ciò che i medici possono fare purtroppo è soltanto una microeradicazione, perché possono intervenire e inserirsi soltanto in ambienti che ben conoscono. Ma per un programma di eradicazione nazionale occorre il supporto istituzionale, regolamentativo ed economico, per poter eseguire uno screening su tutta la popolazione generale. L’esperienza fatta in altri Paesi, infatti, confermerebbe che questa, e solo questa, è la via giusta per la tanto attesa eliminazione”.